Viaggio a Torre Santa Susanna dalle radici messapiche a presidio d’arte

Partendo da Brindisi percorro la statale 7 “Appia” sino a Mesagne, dove le facili indicazioni permettono il disimpegno dal traffico urbano della città allestita a festa in prossimità del Natale. La strada provinciale n. 69, che collega Mesagne a Torre Santa Susanna disegna, tra le vaste piantagioni di ulivi, una stretta linea lenta e pianeggiante. Dopo poco più di 6 chilometri la cittadina offre un segno tangibilmente notevole della sua offerta territoriale: la chiesa di San Pietro di Crepacore, un significativo presidio culturale.
L’austera e possente struttura, ben tenuta e curata dall’amministrazione comunale è vero monumento alla civiltà di un territorio che è limite geografico tra la cultura bizantina e quella longobarda, ma ancor prima tra quella messapica e quella latina. La chiesa che risale al VI-VII secolo, infatti, insiste esattamente sul cosiddetto “limitone dei Greci” confine naturale, rappresentato da un declivio del terreno che degrada dal leggero altopiano mesagnese verso la vasta valle del “Primitivo” di cui Torre S.Susanna rappresenta il vertice nord-orientale.
L’insediamento di San Pietro di Crepacore, forse derivazione di “crepacone” (grande avvallamento) potrebbe riservare la sorpresa di essere stato in precedenza, seguendo le tracce di preesistenti insediamenti, finanche luogo di insediamento dell’esercito di Annibale, qui giunto dopo lo scontro con i Romani di Canne della Battaglia.
Suggestioni a parte, il luogo testimonia di una corposa ed importante presenza civile che da contrada “Galesano” si è spostata nell’attuale posizione dando vita a Torre Santa Susanna, in onore della martire venerata dai miliziani romani.
A poche decine di metri dalla chiesa, che riecheggia per forma e funzione testimonianze di fede proto-cristiana, come la Madonna di Galaso ad Oria, Sal Lorenzo a Mesagne, San Miserino a San Donaci, il declivio della provinciale incrocia il tratto di appia calabra che da Oria giungeva a Valesium. A pochissimi chilometri il rettilineo di asfalto introduce nel centro abitato, che conta poco meno di 10.500 abitanti si divide un territorio di circa 53 chilometri quadrati, che tolti quelli destinati all’edilizia residenziale è destinata alla principale occupazione, la coltivazione della vite e dell’olivo, che occupa oltre i due terzi della superficie coltivata, con una maggiore predominanza di quest’ultimo. Ciò spiega la presenza, di numerosi frantoi e di alcuni stabilimenti vinicoli.
Dinanzi al bello, ristrutturato e tirato a lucido, palazzo storico del municipio, operai si apprestano a posizionare un grande albero di Natale, mentre lenta si muove la gente, tra l’ufficio postale e la vicina piazza con la colonna e la statua della Santa che ha donato il nome alla cittadina.
Seguo per qualche minuto le operazioni di posizionamento dell’albero, come pure il movimento di quanti si attardano dinanzi ai bar a scambiare opinioni. Entro per chiedere informazioni nella sede locale dell’Associazione Combattenti e Reduci, lo faccio ad ogni tappa di questo viaggio di provincia. Anziani, intenti attorno ad un tavolino di plastica, a seguire idee e racconti, mi indicano le cose importanti del paese.
Il mio passo, lento per necessità, mi porta nei luoghi simbolo e se il castello è uno degli edifici più rilevanti dell’architettura civile, la cui costruzione ebbe origine nel secolo XVI per divenire nel secolo successivo di proprietà dei Conti Filo della Torre, particolare rilievo, riveste l’architettura religiosa con due esempi molto significativi, la Chiesa Matrice, dedicata alla Ss Annunziata e titolata a San Nicola ed il Santuario della Madonna di Galaso.
La maestosità della Chiesa matrice è nella compostezza di un prospetto romanico su cui risalta un rosone finemente lavorato. Rilevante è la superbia delle tre navate. Risalente al principio del 1300, a quando, cioè, la popolazione cominciò ad insediarsi nel nuovo agglomerato urbano , la chiesa matrice conserva diverse tele, tra le quali degna di nota è quella relativa a San Carlo Borromeo, dipinta dallo squisito tratto del pittore mesagnese Gian Pietro Zullo. Di scuola veneta è la tela, anch’essa di grande formato, dei santi Medici.
Molto suggestiva ed inattesa per le emozioni che riesce a trasmettere è il Santuario della Madonna di Galaso, ubicata nel centro cittadino. La sua storia nasce con il ritrovamento di un’immagine di una Madonna con Bambino di origine basiliana, affrescata in una grotta. Tale immagine fu strappata dal suo luogo originale e fu posta sull’altare principale, quale pala d’altare. L’operazione avvenne nel secolo XV sulla cripta basiliana che era annessa ad una cisterna degli antichi fortilizi romani, l’acqua della cisterna era ritenuta miracolosa. Oggi il santuario si presenta su due livelli, quello inferiore è il vero e proprio Santuario, mentre quello a piano stradale costituisce lo spazio riservato all’ingresso, da questo piano si scendono ben 13 gradini per arrivare al piano della navata dell’edificio. L’altare maggiore, pregevole esempio d’arte barocca, opera dello scultore di Muro Leccese Carluccio del 1727, custodisce nella nicchia centrale l’originale affresco basiliano.
Nello storico palazzo tirato a lucido, dell’ex municipio, oggi – “Palazzo della Cultura” – ha sede la biblioteca civica titolata a Caterina Formosi, colei che si adoperò per la sua istituzione. Per comprendere di più il portato storico culturale di Torre è importante ricordare che, forse il primo significativo accenno all’esistenza in Torre Santa Susanna, di una raccolta pubblica di libri, anche se privata, è testimoniato dalla delibera di Consiglio comunale n. 97 del 23 dicembre 1897 che respingeva la richiesta di un contributo ad un circolo letterario, riservandosi tuttavia di concederlo a condizione che l’istituenda biblioteca fosse davvero popolare e non riservata solo ad una ristretta classe di persone o ai soci del Circolo.
Nello stesso palazzo trovano sede anche una pinacoteca, l’archivio storico comunale ed il museo della civiltà contadina.
A Torre anche la presenza di un teatro comunale, ex cinema “D’Andria” che ha una capienza massima di 316 posti, ospita interessanti ed importanti rappresentazioni teatrali inseriti nei programmi stagionali del Consorzio Teatro Pubblico Pugliese di Bari a cui il Comune di Torre ha aderito nel 2008. Dal 2010 é divenuto anche sede di una delle dodici Residenze Teatrali pugliesi inserite nell’ambito del progetto triennale “Teatri Abitati” finanziato dalla Regione Puglia e gestito attraverso esperte compagnie teatrali regionali.
La laboriosità culturale e la sua operosità, non sono facili da percepirsi al primo impatto, ma bisogna sostare, camminare lenti tra le stradine e ascoltando il vissuto che qui si è impadronito di diritto, semmai lo abbia lasciato, dello spazio urbano che è punteggiato di iniziative commerciali e di somministrazione.
È tarda mattinata e dalle vie d’ingresso alla cittadina, comincia il rito di rientro dai vasti oliveti dei mezzi e degli operai che stanno provvedendo alla raccolta dell’oro giallo, della nostra terra.
Trattori che portano a traino rimorchi carichi di olive, sono la testimonianza verace di un’economia che nel Salento si misura in tomoli, (unità di misura delle olive) non in quintali. Misura di un’economia che vive e si alimenta di un duro rapporto tra la fatica e la resa in olio di ogni drupa succulenta di oliva.
Non è un caso che tra le istituzioni scolastiche torresi, si annovera anche la sezione staccata dell’Istituto Agrario di Ostuni, qui la terra è cultura, realtà presente e futuro.
Attorno al bivio che si realizza sotto la possente colonna di Santa Susanna, il transito dei veicoli a motore, dei trattori e di altri mezzi di trasposto non mi distolgono, anzi mi invitano a dare un ultimo sguardo al monumento simbolo di Torre Santa Susanna.
Questo monumento fu edificato nel 1837 e segna il punto geografico esatto dove sorgeva l’antica torre angioina costruita nel Medioevo. A causa dei terremoti del 1627 e del 1743, Il manufatto era divenuto pericolante, quindi demolito agli inizi del XIX sec. Il progetto del monumento è opera di tale Sardella da Cursi e come tutte le opere, di quel periodo, è stato realizzato in tufo e lavorato con motivi a rilievo. Il basamento è di forma ottagonale di cinque gradini, su cui si appoggia la base della colonna. Si vuole che l’opera sia nata per ringraziare Santa Susanna, del miracolo che operò in occasione del colera della prima metà dell’ottocento, che causò molti morti nella vicina Erchie, facendo rimanere immune la cittadina di Torre. L’opera, alta 12 metri e la statua che la sovrasta, alta circa due metri, invitano lo sguardo a elevarsi verso il cielo, in uno sforzo che simultaneamente porta in alto anche il pensiero e, come fosse preghiera, per chi crede, come fosse riflessione, per gli altri, verso una considerazione che vuole Torre Santa Susanna, sorta di testimone di un processo storico che lento e costante, sovrappone esperienze, come la pasta di olive tra le fiscole, che sotto la pressione del tempo, come il torchio, rilascia l’olio.
(il prossimo viaggio a Erchie)