“Penso che da un momento all’altro salterà fuori qualcuno col cartello ‘Sei su scherzi a parte’. Perché è questo che mi sembra, tutto un scherzo”. Tommaso Vigneri, 53 anni, amministratore unico della ditta “Sved srl” che esegue i lavori di montaggio delle “Tac” negli ospedali per conto della “Toshiba”, stenta a crederci. E’ a Honk Kong, in Cina, per questioni di lavoro. Ed è lì che ha ricevuto ieri una telefonata che mai si sarebbe aspettato.
“Mi ha chiamato un mio collega in lacrime, un mio ingegnere. Mi ha detto che siamo entrambi indagati assieme a tecnici e dirigenti dell’Asl di Brindisi per una faccenda di tangenti. Non volevo crederci. Sono passato da vittima a carnefice”.
A innescare l’inchiesta condotta dal sostituto procuratore della Repubblica di Brindisi Marco D’Agostino è stata proprio una denuncia sporta dalla multinazionale giapponese Toshiba che ha fornito le quattro Tac all’Asl. Un’operazione da milioni di euro dietro la quale vi sarebbe una presunta concussione per un’altrettanto presunta tangente di poco superiore a 30mila che Toshiba avrebbe dovuto sborsare per tenere contenti dirigenti e tecnici dell’Asl.
Ovviamente non una “stecca” consegnata nell’angolo buio di una strada da loschi ceffi con l’impermeabile scuro e l’occhio vigile. Così si faceva un tempo, o magari nei film. Poi è arrivata Tangentopoli e corruttori e prezzolati hanno imparato a premunirsi, affinando le loro strategie. Oggi le tangenti si pagano e si fanno pagare con normalissimi incarichi o consulenze affidati a normalissimi professionisti. Tutto in maniera trasparente, perfino legittima. Se non fosse per il fatto che tali incarichi, quando vi è di mezzo l’intenzione di lucrare, sono inutili e comunque dati ad amici di amici, che poi ricambiano a loro volta la cortesia.
E questo è quanto sarebbe accaduto all’Asl di Brindisi, almeno secondo le accuse. A spiegarlo è lo stesso Vigneri, finito nella rete della magistratura brindisina perché ritenuto complice di questa tangente camuffata: “Funziona così. Quando la Toshiba fornisce il proprio macchinario a un ospedale, dà a noi, alla mia azienda, l’incarico di montarlo, di pavimentare la stanza, creare tutti i collegamenti, e così via. Finiti questi lavori bisogna effettuare il collaudo. Secondo il capitolato d’appalto della Asl il collaudatore dev’essere un tecnico nominato su indicazione della ditta. Il cui compenso viene poi pagato in parte dalla Toshiba che fornisce il macchinario, e in parte dalla mia azienda che esegue i lavori”.
E quindi? “E quindi il problema sta proprio in questo. E forse anche la mia colpa, se così la vogliamo chiamare. Quando è arrivato il momento di indicare il collaudatore, anziché indicarlo io, sono stati i dirigenti della Asl a farmi i nomi. E io ho solo dato il mio ok. La Toshiba si è invece opposta a questa procedura, ritenendo che l’unico collaudatore deve essere il medico radiologo e non il tecnico. Io a quel punto ho detto ai responsabili di Toshiba che non valeva la pena creare problemi e bloccare tutti i contratti per 30mila euro di incarichi”.
Perché proprio 30mila euro? “Perché per ognuna delle 4 Tac serve un collaudatore, che viene pagato circa 7 o 8mila euro. Fatto sta che la Toshiba ritiene evidentemente quegli incarichi illegittimi, appunto una tangente da pagare. E siccome io ho detto che potevano lasciar passare la cosa per poche decine di migliaia di euro, loro hanno creduto che io fossi d’accordo con i tecnici e i dirigenti dell’Asl. E così sono finito in mezzo pure io”.
Ma Vignari, giura, con tutta questa faccenda non ha nulla a che vedere. Anzi: “Più che concussore, se un reato c’è stato, io ne sono vittima assieme alla Toshiba e non il contrario. Io non avevo e non ho alcun interesse a bloccare questi appalti dal momento che ormai la mia ditta sta per fallire. E di certo non per colpa mia, ma delle Asl che non mi pagano e della Toshiba che alla fine mi lascia solo le briciole. Da questa situazione avrei avuto solo da perderci, come in effetti sta accadendo”.
E in effetti Vigneri, già in altre occasioni ha dato prova di essere tutt’altro che colluso con chi vorrebbe lucrare illegittimamente sulla sanità pugliese. Arrivando in passato a denunciare i dirigenti delle Asl baresi che avrebbero preteso mazzette per la fornitura delle Tac. Raccontò tutto al pm Desirée Digeronimo, innescando un’inchiesta che ha portato, a indagini chiuse, a tre rinvii a giudizio. Da allora però Vigneri con la sanità barese ha definitivamente chiuso ogni contatto. Gli è stata sbarrata ogni porta, posto ogni ostacolo, fino a veder crollare il proprio fatturato da 5 milioni di euro annui ad appena 50mila.
Per un certo periodo è riuscito a sopravvivere grazie ai lavori ottenuti presso la Asl di Brindisi, ma alla fine tutto è precipitato anche lì. L’azienda sanitaria gli deve compensi per centinaia di migliaia di euro. Ma di quei soldi non ha mai visto nemmeno un centesimo. E ora, da tutore della giustizia, si è ritrovato perfino nel registro degli indagati.
Vigneri si dice “sbigottito. Mi stanno uccidendo. Fra pochi giorni il tribunale deciderà se la mia azienda dovrà fallire o meno. E ci sono 15 famiglie che rischiano di rimanere senza reddito. Ci mancava solo questa ora. Lunedì sarò di nuovo in Italia. Spero si chiarisca tutto”.
Emilio Mola