Contrabbandiere ucciso per strada, nessun risarcimento per la famiglia

Non ci sarà alcun risarcimento per la moglie e i figli di Marcello Molfetta, il contrabbandiere brindisino ucciso dalla polizia 26 anni fa nei pressi del ponte ferroviario: il giudice civile Rossana Giannaccari, della prima sezione del Tribunale di Lecce ha respinto le richieste della famiglia dopo che le accuse di omicidio colposo, nei confronti degli agenti che fecero fuoco, erano cadute in prescrizione.
I poliziotti avevano dichiarato di non aver avuto altra scelta se non di sparare quando Molfetta, invece di fermarsi all’alt, aveva inserito la retromarcia, forzando un posto di blocco ed estraendo dal finestrino una pistola.
La vicenda, sempre coperta da un velo di mistero, avvenne il 4 maggio 1989, in piena guerra tra contrabbandieri sempre più determinati e forze dell’ordine che non esitavano a utilizzare le armi: fu uno dei periodi più sanguinosi della storia brindisina nel Dopoguerra.
A un posto di blocco due agenti di polizia intimarono l’alt ai conducenti di una Alfasud e di una Fiat Ritmo. Anziché fermarsi, il primo accelerò e riuscì a fuggire rischiando di travolgere la Fiat Punto sulla quale si trovavano i poliziotti. Molfetta invece, che si trovava alla guida della Ritmo, si fermò a poche decine di metri e secondo il racconto dei poliziotti estrasse una pistola dal finestrino e la puntò contro di loro, lasciandola poi cadere sull’asfalto prima di inserire la retromarcia. A quel punto uno degli agenti fece fuoco con la pistola d’ordinanza per due volte contro le ruote anteriori dell’auto del fuggitivo. Ma una pallottola – così spiegarono le perizie balistiche dell’epoca – rimbalzò sull’asfalto, infranse il parabrezza e si conficcò nella testa di Marcello Molfetta, uccidendolo all’istante.