di Marina Poci per il7 Magazine
La sua prima vendemmia la ricorda come se fosse ieri: tra le mani sente ancora la consistenza degli acini maturi, in bocca avverte il sapore dell’uva “schietta”, in procinto di prendere la via della cantina, tra le narici l’odore penetrante di quel primo autunno tra le vigne resiste, felicemente indimenticabile, ai sette decenni passati. Angelo Maci aveva dieci anni la prima volta che il nonno materno Ettamiano, classe 1876, propietario di ottanta ettari di terra e titolare di una piccola cantina nata agli inizi degli anni Quaranta, lo portò con sé a vendemmiare. Adesso che sta per compiere ottant’anni (il prossimo 10 novembre), l’affermato cellinese, artefice dell’azienda vitivinicola pluripremiata in Italia e all’estero Cantine Due Palme, a quel nonno che gli fece un po’ da padre ha dedicato un vino prezioso, così come prezioso, perché unico, era quel nome frutto di un equivoco all’Ufficio Anagrafe (“andarono a dichiararlo con l’intenzione di chiamarlo Cosimo e Damiano, ma tra la “e” e il secondo nome qualcosa andò storto, così fu Ettamiano”, sorride Maci).
Per questo importante compleanno a cifra tonda, sono in programma una grande festa e un volume, edito da Loris Coppola, che racconta la sua storia. Tra i messaggi di auguri, arrivati in anticipo proprio per essere pubblicati sul libro, c’è quello di Al Bano Carrisi, coetaneo di Maci e suo compagno di scuola alle elementari e alle medie: “Siamo entrambi del ’43, nati sotto le bombe della seconda guerra mondiale. Al Bano è convinto che tra le bombe piovute a Cellino San Marco ci siamo noi due, che nella vita siamo esplosi in modo deflagrante, anche se diverso, e abbiamo dato lustro al nostro territorio”.
Prima di ogni altra cosa, visto che la vendemmia è terminata da poche settimane, ci dica che annata è stata quella del 2023.
“Posso dire con certezza che, se la domanda me l’avesse posta a fine giugno, avrei detto pessima, perché le piogge di marzo, aprile e maggio avevano determinato malattie terribili (in particolar modo la peronospora), decimando moltissimo prodotto. Poi il bel vento di tramontana, unito ad un agosto e a un settembre senza precipitazioni, ci ha regalato un’annata a cinque stelle”.
Una dichiarazione impegnativa.
“Questi sono i miracoli della natura. O del Padreterno, per chi ci crede”.
Dopo settant’anni di vendemmie, ai miracoli della natura sarà abituato.
“Certo, ne ho visti molti, ma questa è stata un’annata strepitosa, come non ne ricordo. Una vendemmia iniziata con una sanità dell’uva veramente rara e così proseguita: mi creda se le dico che non abbiamo trovato un solo acino marcio”.
Il nonno Ettamiano sarebbe fiero di sentirla parlare in questi termini.
“Sì, sarebbe orgoglioso di tutto quello che abbiamo costruito. Penso che nella sua grande saggezza sia stato una specie di veggente, vedendo in me il talento per i vini e anche un po’ quello per gli affari. Fu lui a spingere i miei genitori a iscrivermi all’istituto agrario. Aveva tre figlie, tra cui mia madre, e un figlio, perduto prematuramente. Sono stato per lui il maschio a cui non ha potuto insegnare tutto quello che sapeva. Mi prendeva per mano e mi portava in giro per le sue vigne, rigorosamente a piedi. Anche se mio padre aveva acquistato un mezzo sul quale spostarsi nella proprietà, lui si rifiutava di usarlo, era un grande camminatore”.
La prima vendemmia da imprenditore, invece?
“Era il 1971, Due Palme non esisteva. Ho iniziato come Vinicola San Marco di Angelo Maci, ditta individuale durata sino al 1989. Sono stati anni bellissimi, ma da un bel po’ di tempo mi balenava in testa l’idea di fondare una società cooperativa. Due Palme è nata un po’ per reazione, in realtà”.
Reazione a cosa?
“Nel 1982 divenni presidente della Cassa Rurale. I soci ultrasessantenni elessero me che non ero ancora trentenne. Negli anni, guardando i loro bilanci, mi resi conto di qualche “titubanza”, chiamiamola così, a livello finanziario ed economico. All’epoca a Cellino San Marco c’erano tre cantine. Così portai tutti i loro consiglieri in giro per l’Italia, ma soprattutto in Trentino, a visitare le aziende che si erano fuse ed erano diventate delle solide realtà imprenditoriali. Tornarono affascinati e motivati alla fusione. Iniziammo le riunioni frenetiche, ma dopo mesi di disaccordi sui ruoli e su svariati altri aspetti della gestione, non se ne fece nulla. Ecco, io reagii alla delusione fondando le Cantine Due Palme. All’inizio eravamo quindici soci, adesso contiamo più di mille affiliati”.
Due Palme perché?
“Perché all’interno di quella cantina che avevo acquistato personalmente, come Angelo Maci, c’erano due palme e due casette in cui in passato viveva una famiglia contadina molto numerosa. Mi sembrò un buon modo di onorare quella tradizione”.
Quelle due palme ci sono ancora, a ricordarle quello che ha costruito negli anni?
“Purtroppo no. Quella proprietà oggi si trova nella parte centrale dell’azienda, quindi, a malincuore, abbiamo dovuto abbatterle. Però ne abbiamo piantate altre: tutti gli ingressi delle Cantine hanno due palme, una da un lato e una dall’altro”.
Tutti gli ingressi sono presidiati dalle palme.
“Il senso è quello: rappresentano il mio legame con il passato e danno il benvenuto a chi arriva”.
Dal nonno Ettamiano che si spostava a piedi, a sua figlia Melissa, attuale presidente di Cantine Due Palme: ne è passato di vino sotto i ponti.
“Un’azienda, per crescere, ha bisogno di un valido ricambio generazionale, altrimenti si limita a sopravvivere. Allora qualche anno fa ho detto al mio consiglio che era tempo di pensare a qualcuno che mi sostituisse. I consiglieri, all’unanimità, fecero il nome di Melissa, che lavora con noi da quando aveva diciotto anni. Dopo un periodo di affiancamento con me, abbiamo pensato che fosse pronta e da quel momento mi sono fatto da parte”.
Mi sta dicendo che adesso è diventato un tranquillo pensionato che non si alza più all’alba per raggiungere il posto di lavoro?
“Non voglio raccontarle bugie, le abitudini da contadino sono dure a morire…”.
Almeno ha conservato la carica di presidente onorario, come tutti i grandi imprenditori che si ritirano?
“Ancora meglio: sono presidente esimio. Noi abbiamo attribuito la carica di onorario a Paolo De Castro, nostro socio storico, ottimo ministro dell’Agricoltura, grande eurodeputato e persona stupenda. Certamente non potevamo scippargli la carica per darla a me”.
In questo momento, chi della sua famiglia lavora con lei?
“Oltre a mia figlia Melissa, la presidente, ci sono mia figlia Antonella, che si occupa degli eventi e delle offerte turistiche (al momento sta lavorando anche a Villa Neviera, dove sorgeranno una piscina, venticinque suite e una piccola cantina per l’invecchiamento del vino prodotto in quella zona), mio nipote Francesco Fortunato Maci (figlio di Antonella, enologo e agronomo ) e Angelo Maci jr (il figlio del mio primogenito Marco, che cura la comunicazione e il marketing dell’azienda)”.
Da imprenditore agricolo del Sud, cosa si aspetta dal PNRR?
“Ho poco tempo per seguire le vicissitudini e le polemiche che riguardano il PNRR, che comunque non mi appassionano particolarmente. Sicuramente mi auguro che arrivino le risorse per finanziare le innovazioni nel nostro settore e che i fondi siano destinati alle grandi imprese come Due Palme, così come ai piccoli coltivatori. E, soprattutto, mi aspetto più attenzione all’ambiente e alla natura: è dimostrato che il carbone fa male, occorre decarbonizzare e lasciare spazio alle energie alternative. Questo è il mio augurio. Anzi, è la mia preghiera”.
Soprattutto nelle regioni meridionali, negli ultimi tempi sembra esserci un ritorno alla terra, anche tra i giovani laureati: come valuta questa controtendenza rispetto agli anni passati? Può essere un volano di sviluppo?
“È ancora presto per tirare le somme, ma ne sono fermamente convinto. Il mio augurio è che questa tendenza si affermi. Ho vissuto i tempi in cui i vigneti si aravano con i cavalli e i muli (i buoi erano animali preziosi, appartenevano soprattutto alle aziende del Nord). Adesso sto vivendo i tempi dei trattori con l’aria condizionata. L’agricoltura migliorerà ancora e sarà grazie ai giovani che investiranno le loro energie e le loro idee per garantire l’evoluzione che sino a dieci anni fa poteva sembrare impensabile”.
Dopo tutti questi anni, si sente più contadino o più imprenditore?
“Sono contadino, enologo e imprenditore. Per fare bene l’imprenditore agricolo bisogna provenire dalla terra. Se non avessi avuto quelle basi, se non avessi compreso i bisogni di chi lavora i campi, raccoglie l’uva e la trasporta in cantina, non avrei potuto realizzare questa bellissima realtà che è Due Palme”.
Qual è la cosa che, di questi ottant’anni, la rende più orgoglioso come uomo e come imprenditore?
“Le due cose coincidono: la realizzazione di questa società cooperativa, che è per me la quinta figlia, mi rende fiero come uomo e come imprenditore. Sarei potuto rimanere nel mio piccolo contesto e godere dei frutti del mio lavoro esclusivamente con la mia famiglia, ma il mio desiderio, da figlio e nipote di contadini, è sempre stato quello di creare benessere a vantaggio di tutta la nostra comunità. Il “grazie, presidente” con cui soci e operai mi salutano è il più grande orgoglio della mia vita”.
A ottant’anni, c’è ancora un sogno che non ha realizzato?
“Ho avuto molto dalla vita, forse non dovrei chiedere di più… ma questo progetto che riguarda Villa Neviera è un sogno stupendo, che spero ancora di vedere realizzato”.