
Di Marina Poci per il numero 402 de Il7 Magazine
La sua fiducia nella giustizia italiana, espressa a margine dell’udienza in cui fu discussa l’opposizione alla richiesta di archiviazione formulata nell’interesse della donna che lo aveva accusato di violenza sessuale aggravata e lesioni, è stata ripagata: la Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Brindisi Vilma Gilli, dopo ben sette mesi da quel giorno, ha archiviato il fascicolo aperto nei confronti del regista canadese 72enne Paul Haggis a seguito della denuncia di una 31enne inglese (aveva 28 anni all’epoca dei fatti) che lamentò di essere stata costretta dall’uomo a rapporti sessuali non consensuali nei tre giorni (dal 12 al 15 giugno 2022) in cui fu sua ospite in un b&b di Ostuni, città in cui il regista si trovava per partecipare all’Allor Fest. Una versione che la Giudice Gilli, che prima emise una ordinanza di custodia cautelare a carico di Haggis e poi, dopo appena due settimane (dopo l’incidente probatorio che aveva cristallizzato le dichiarazioni della giovane) la revocò, non ha – definitivamente – ritenuto credibile all’esito di una camera di consiglio la cui riserva è stata sciolta nel pomeriggio del 6 maggio con un proscioglimento.
Notizia a cui il regista, in Italia da ormai tre anni, ha reagito parlando, in conferenza stampa, di periodo “difficilissimo”, perché “le false accuse sono durissime da digerire” e ha precisato di aver goduto del supporto, oltre che dei legali scelti per la difesa, anche della famiglia e di alcuni colleghi, confidando di aver deciso di rimanere in Italia in questi anni per recuperare la dignità di uomo e di professionista. “L’Italia è il Paese migliore del mondo e spero di poterci restare per sempre”, ha dichiarato Haggis, che nel corso del procedimento penale a suo carico ha scritto due sceneggiature, una delle quali ambientata nel Belpaese durante il fascismo.
Dunque è stata accolta la richiesta di archiviazione dell’attuale Procuratore di Brindisi facente funzioni Antonio Negro (al momento della denuncia in forza all’ufficio in qualità di Aggiunto) e della sostituta Livia Orlando, e rigettata l’opposizione depositata dall’avvocata Ilaria Boiano, legale di Differenza Donna (associazione nata a Roma nel 1989 con l’obiettivo di far emergere, conoscere, combattere, prevenire e superare la violenza di genere), a cui la denunciante si era rivolta per la tutela dei propri diritti.
Nessun commento alla decisione da parte di Boiano, che al momento della discussione dell’opposizione aveva affermato che, a suo avviso, le argomentazioni giuridiche e fattuali alla base della richiesta di archiviazione non fossero coerenti con la più recente giurisprudenza di legittimità in materia di violenza sessuale e consenso della vittima e, ancora, che l’indagine fu interamente dedicata ad approfondire la personalità e le scelte della donna, mentre era la condotta dell’indagato che doveva essere approfondita.
Comprensibile e aperta soddisfazione è invece stata espressa dal regista stesso e dai suoi difensori, gli avvocati Michele Laforgia e Daniele Romeo, dello Studio Legale Polis, che hanno parlato di “fine di un incubo che ha ingiustamente spezzato la carriera di un genio del cinema, premio Oscar nel 2006, regista e sceneggiatore apprezzato in tutto il mondo”. Facendo un chiaro riferimento al movimento femminista “Me too” (nato per denunciare molestie e violenze nel mondo del cinema e dello spettacolo in generale), i legali hanno puntualizzato in maniera inequivoca che Haggis “è stato prosciolto da ogni accusa” e che “non furono mai consumati rapporti sessuali senza consenso nel B&B di Ostuni dove soggiornò a giugno di tre anni fa con una donna inglese di 28 anni, alla vigilia dell’Allora Fest”, aggiungendo che “l’arresto di Haggis suscitò grande scalpore non soltanto in Italia, ma anche all’estero e in particolare negli Stati Uniti, in quello stesso periodo scossi dagli episodi che erano stati denunciati nel mondo del cinema d’oltreoceano”.
Il regista canadese e la giovane che poi lo denunciò si erano conosciuti alcuni mesi prima del giugno 2022 a Montecarlo, durante una rassegna cinematografica: qualche tempo dopo lei lo raggiunse a Ostuni, soggiornando dal 12 al 15 giugno in una struttura nella quale condivisero la stessa stanza ed ebbero rapporti sessuali. Consenzienti, secondo Haggis, che ha sempre sostenuto di non avere abusato della donna. Frutto di violenza, secondo quanto asserito dalla giovane donna, che, dopo i presunti abusi, fu condotta dal regista all’aeroporto Papola Casale di Brindisi e lasciata lì all’alba, in uno stato di forte prostrazione e in condizioni fisiche tanto precarie da richiedere il ricovero presso l’ospedale Perrino. Nel nosocomio fu attivato il Protocollo Rosa (il percorso dedicato alle vittime di violenza sessuale, che prevede, oltre al supporto sanitario, anche quello psicologico, e l’immediato coinvolgimento delle forze dell’ordine). Haggis fu arrestato e posto ai domiciliari dal 19 giugno al 4 luglio 2022, quando, all’esito dell’incidente probatorio nel quale la presunta vittima confermò le accuse, alla Giudice Gilli sorsero dubbi sulla attendibilità della donna.
Dubbi tali da indurla a revocare la misura cautelare e che la Gip giustificò scrivendo che “le modalità di incontro tra indagato e persona offesa, la spontanea permanenza della donna presso la residenza dell’indagato anche successivamente agli abusi, i momenti di convivialità tra loro durante le giornate o l’ordinaria messaggistica dei propri impegni/spostamenti, le modalità di commiato adottate dalla persona offesa, sono espressione di una complessità di interazioni tra le parti che, anche laddove meritevole di approfondimento, allo stato affievolisce il giudizio negativo della personalità di Haggis quale soggetto incline a esercitare violenza, fisica o psichica, in danno di terzi”. In quella occasione, la Procura della Repubblica di Brindisi, evidentemente convinta della genuinità della denuncia e della sussistenza delle esigenze cautelari, impugnò la decisione della Gilli sulla scarcerazione, ma il Tribunale del Riesame di Lecce sposò la tesi della magistrata, esprimendo valutazioni piuttosto nette sulla credibilità della ragazza, la cui posizione fu ritenuta non “scevra da intenti speculativi” (“le numerose incongruenze e contraddizioni evidenziate, unitamente alla manifestata non indifferenza alla ricaduta economica della vicenda, non possono che far fortemente dubitare della genuinità del racconto della persona offesa”, scrissero i magistrati del Tribunale comunemente conosciuto “delle Libertà”, considerando “sfumata la portata del compendio indiziario” “notevolmente ridimensionata alla luce delle stesse dichiarazioni della persona offesa, non pacificamente attendibili”.
Nel provvedimento del Riesame furono riportate alcune conversazioni tra la donna e Haggis, che, secondo i Giudici, mostravano chiaramente un “corteggiamento” nei confronti del regista da parte della giovane, che aveva il chiaro l’obiettivo di incontrarlo e passare alcuni giorni in sua compagnia e, sembrerebbe, anche la volontà di instaurare una relazione personale, più che professionale (motivo per quale avrebbe deciso di condividere la stessa camera e lo stesso letto con lui). Il Riesame, smentendo il ritratto della giovane “quale donna debole e soggiogata dalla personalità dell’indagato”, descrisse la personalità dell’allora 28enne come “volitiva e determinata” (riportando stralci di una conversazione con un’amica nelle quali le due parlavano della ricerca di partner economicamente “forti” per garantire un benessere adeguato, che sarebbe stato “ricompensato dalla disponibilità sessuale”).
Una ricostruzione, quella dei magistrati leccesi, che alla fine anche i procuratori brindisini hanno sostenuto, ritenendo che non vi fossero gli estremi per sostenere l’accusa in giudizio e propendendo per chiedere alla Gip l’archiviazione del fascicolo.
Se il Riesame parlò di “intenti speculativi” della donna, che sarebbe stata intenzionata a “far cassa” per ragioni di ambizione personale, vi fu chi insinuò (anche a proposito di un’altra accusa di stupro per la quale Haggis è stato condannato dal Tribunale di New York a risarcire con più di sette milioni di euro una donna) l’ipotesi di una ben congegnata vendetta di Scientology, la setta filosofico-religiosa statunitense che impone agli adepti un codice di comportamento molto rigido, diventata con gli anni un vero e proprio centro di potere economico e politico. Il regista canadese fu un seguace del culto per diversi anni, dopodiché, lo abbandonò denunciandone gli abusi in un documentario che ebbe un discreto successo. In un’intervista concessa a la repubblica pochi giorni dopo la scarcerazione, Haggis dichiarò: “Lentamente sono arrivato a capire che Scientology era, in effetti, profondamente corrotta. Forse avrei dovuto capirlo molto prima, ma di certo non potevo più difenderla né farne parte. Non ho prove, ma da quello che ho imparato da Scientology, so che sono capaci di qualsiasi cosa. Se parli contro di loro, useranno qualsiasi mezzo per distruggere la tua reputazione, la tua carriera e la tua famiglia”.
Che si tratti di una congettura, di una maniera per giustificarsi o di un’ipotesi plausibile, è questione che non riguarda più la magistratura brindisina: per il Tribunale messapico la vicenda si è conclusa con una archiviazione e, a meno di clamorose nuove emergenze investigative, difficilmente si riaprirà.