Di Marina Poci per Il7 Magazine
Esistono due mastodontici buchi neri di inefficienza e inerzia nell’ospedale Perrino di Brindisi, due nodi irrisolti che da anni angosciano pazienti e personale medico, due temi di scabrosa attualità rispetto ai quali, ogni volta che una soluzione sembra avvicinarsi, inesorabilmente si torna al punto di partenza: si chiamano Day Hospital Onco-ematologico e Radiologia Interventistica e, al momento, rappresentano le più macroscopiche criticità di un’azienda sanitaria che, se da un lato inaspettatamente si distingue per servizi all’avanguardia, dall’altro troppo spesso risulta deficitaria nell’erogazione dei servizi essenziali.
Da anni ci sono circa centotrenta persone al giorno, affette da patologie oncologiche e ematologiche, che vengono curate in spazi del tutto inadeguati: i direttori delle due unità operative complesse coinvolte, il dottor Saverio Cinieri, oncologo, e il dottor Domenico Pastore, ematologo, continuano a segnalare le precarie condizioni strutturali dei loro reparti, nei quali, banalmente, mancano gli spazi fisici per erogare i servizi in un modo che sia considerato accettabile in un DEA di secondo livello, quale il Perrino è.
I fondi per la realizzazione del DH di Onco-Ematologia del Perrino sono stati reperiti più di tre anni fa, nel gennaio del 2021: si tratta di una dotazione finanziaria di otto milioni di euro rinvenuti attingendo al programma pluriennale di interventi in materia di ristrutturazione edilizia e di ammodernamento tecnologico del patrimonio sanitario pubblico (il riferimento normativo è nell’articolo 20 della legge n. 67 del 1988).
A fronte di tanto, e di un’autorizzazione regionale ottenuta in tempi brevi, si attende ancora l’approvazione del progetto esecutivo, dopo una richiesta di revisione, per bandire la gara lavori. Ad aggiornare periodicamente sullo stato dell’arte della realizzazione è il presidente della Commissione Regionale Bilancio e Programmazione Fabiano Amati, consigliere regionale di Azione, da sempre molto attento alle questioni sanitarie, che in una dichiarazione del 16 marzo scorso ha reso noto che “Tra 45 giorni sarà pubblicata la gara per la realizzazione del DH di Oncoematologia del Perrino di Brindisi. È questo l’impegno assunto dalla ASL di Brindisi e speriamo che non vi siano ritardi o nuove lungaggini. Dopo il rilascio del parere favorevole condizionato dei Vigili del fuoco, si attendono ora i seguenti adempimenti: la delibera del Consiglio comunale per il permesso di costruire convenzionato; le integrazioni progettuali richieste dalla società di verifica e il provvedimento di verifica, da emanare entro i prossimi 30 giorni. A quel punto, nulla potrà essere d’ostacolo per bandire la gara”.
Intorno a fine aprile, dunque, la procedura dovrebbe essere sulla dirittura d’arrivo, per completarsi in tempi ragionevolmente brevi.
Più complicata appare la situazione dell’unità operativa di Radiologia Interventistica, la cui assenza è drammaticamente (ri)emersa circa tre mesi fa, in occasione del ricovero dello sfortunato steward e padre di famiglia brindisino Antonio Picciolo, giunto al Pronto Soccorso dell’ospedale Perrino con un’emorragia cerebrale in atto e costretto, dalla mancanza del medico adatto, ad essere trasportato d’urgenza presso l’ospedale Santissima Annunziata di Taranto. Dove, purtroppo, è morto tre giorni dopo, tanto le sue condizioni, nell’attesa, si erano aggravate.
La carenza dello specialista che, chissà, forse avrebbe potuto salvargli la vita, era stata denunciata in più di un’occasione. Il primo a parlarne, nel gennaio di sette anni fa, fu il segretario generale della CGIL Brindisi, Antonio Macchia, che lanciò l’allarme sul fatto che all’ospedale Perrino il servizio era stato ridotto a sole dodici ore, dalle 8 alle 20, per carenza di medici, e che nelle ore non coperte i pazienti venivano trasferiti negli ospedali di Lecce e di Taranto. Non solo il suo appello non venne raccolto ma nel corso degli anni anche quella copertura di dodici ore è venuta meno. Più recente è stata la denuncia del presidente dell’Ordine dei Medici della provincia di Brindisi, Arturo Oliva, che nell’agosto 2022 si era spinto addirittura a depositare un esposto in Procura per segnalare la totale inadeguatezza della Asl brindisina rispetto al trattamento delle patologie cosiddette “tempo dipendenti”, specialmente quelle di natura neurologia e traumatica). Ma in questi anni niente è cambiato: al Pronto Soccorso del Perrino sono continuamente arrivati pazienti che necessitavano delle cure del radiologo interventista, pazienti che sistematicamente sono stati “dirottati” negli ospedali di Taranto o Lecce, a seconda della disponibilità. I più fortunati sono arrivati in tempo, molti altri… no. Ora, a distanza di quasi tre mesi dalla morte di Picciolo, le immediate assicurazioni di una apertura prossima della Radiologia Interventistica (addirittura entro due giorni!) e dell’avvio delle procedure di reclutamento dei professionisti non hanno sortito alcun effetto.
La soluzione del consigliere Amati (cioè la formazione immediata di un’équipe provvisoria, destinando al Perrino i radiologi interventisti in servizio negli ospedali di I livello e perciò non rientranti nella rete dei centri di trauma) non sembra essere stata minimamente presa in considerazione dalla burocrazia regionale: dovrebbe trattarsi di un provvedimento a valore interaziendale, con pagamento di speciali indennità, adottato al duplice fine di riattivare provvisoriamente il servizio e formare il personale destinato a gestirlo nell’ordinario, ma – a quanto pare – non viene ritenuto idoneo a risolvere la situazione nell’immediatezza. Ci si augura che il rifiuto di procedere secondo le indicazioni di Amati, condivise anche da una parte dei medici, coincida con l’adozione di una soluzione che presenta caratteri di stabilità, ma lo scetticismo rispetto q a questa ipotesi, considerati i ritardi sino ad ora accumulati, è d’obbligo. Nel frattempo, è di poche settimane fa la notizia di un caso analogo a quello di Picciolo, fortunatamente con un epilogo diverso: un paziente, salvato e stabilizzato grazie all’eccellente competenza di neurochirurghi e rianimatori, è stato comunque costretto ad un trasferimento, a Bari in questa occasione, a causa dell’impossibilità di effettuare studi angiografici di dettaglio, nonostante al Perrino ci sia l’angiografo più moderno della Puglia, dotato di tecnologia biplanare e con scarsissima emissione di radiazioni.
Straordinarie capacità professionali che non vengono messe in discussione nemmeno per i medici in forza nei due reparti di Oncologia ed Ematologia ai quali – malgrado le gravi carenze strutturali – vengono unanimemente riconosciute qualità eccezionali. Da anni, infatti, l’oncologia brindisina vive un momento d’oro, culminato con l’elezione a presidente dell’Associazione Italiana di Oncologia Medica (AIOM) per il biennio 2021-2023 del primario Cinieri, attualmente divenuto presidente della Fondazione AIOM. Così come da anni gli specialisti della Breast Unit del Perrino (l’unità che si occupa, in un’ottica interdisciplinare, del cancro al seno) sono tra i protagonisti del premio Laudato Medico, ispirato all’approccio terapeutico del compianto professore ed ex ministro dell’allora Sanità Umberto Veronesi e assegnato dall’associazione Europa Donna Italia sulla base dei voti espressi dalle pazienti, alle quattro categorie di medici che trattano il tumore della mammella, dalla diagnosi alle terapie (radiologi, chirurghi, oncologi, radioterapisti): dopo Francesco Tramacere, radioterapista, nel 2028; Palma Fedele, oncologa, nel 2019; Mariangela Capodieci, radiologa, nel 2021; Laura Orlando, anch’ella oncologa, nel 2022, quest’anno a ricevere l’ambito riconoscimento è stato il chirurgo Stefano Burlizzi.
Altrettanto soddisfacenti sono i risultati del reparto ematologico diretto dal dottor Pastore: dallo scorso novembre, infatti, il Perrino è il secondo centro regionale (dopo l’ospedale Moscati di Taranto), e il settimo in tutto il Sud Italia, a poter contare, per la cura dei tumori del sangue, sulla terapia cellulare immunitaria con CAR-T (Chimeric antigen receptor T-cell therapies), l’ultima frontiera della tecnica medica in campo ematologico, ciò che viene definito come farmaco “vivente”, ovvero massima espressione di medicina personalizzata, perché può essere utilizzata solo in quel paziente, e di medicina di precisione, perché colpisce solo le cellule tumorali. Si tratta di un processo terapeutico molto complesso, che necessita di un team multidisciplinare con ematologi, trasfusionisti, farmacisti, neurologi, cardiologi e intensivisti e che offre una possibilità di cura a pazienti con alcuni tipi di linfoma non Hodgkin o di leucemia acuta linfoblastica B che non rispondono alle terapie convenzionali. È di poche settimane fa, infine, l’inaugurazione nel reparto di Ematologia del Centro Studi Clinici, realizzato grazie ad alcune donazioni individuali, in cui si farà attività di ricerca clinica, ossia gestione dei farmaci sperimentali al fine di offrire al paziente la possibilità di accedere a terapie innovative che possano dare nuove speranze di cura e miglioramento della qualità della vita.
Professionalità altamente qualificate mortificate in spazi angusti, unità operative mancanti che costringono pazienti in fin di vita a urgenti viaggi della speranza tra un ospedale e l’altro: è quanto accade in un presidio ospedaliero che raccoglie un bacino di utenza di più di 400mila cittadini, in un territorio nel quale l’ospedale più vicino con le stesse caratteristiche è a cinquanta chilometri.
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