di GIANMARCO DI NAPOLI
Una notte d’inverno di 44 anni fa, il parroco del Duomo di Brindisi, don Mario Guadalupi, trovò la porta laterale della chiesa forzata. Si precipitò dentro intuendo che qualcosa di grave doveva essere stato commesso e scoprì che qualcuno aveva portato via uno dei pezzi più preziosi custoditi nella chiesa: il paliotto in argento napoletano del Settecento che copriva interamente la parte anteriore dell’altare principale. Era il 1980 e quel furto, che provocò grande dolore nella comunità brindisina, e non solo per il grande valore dell’opera rubata, era stato quasi dimenticato soprattutto perché proprio un anno fa, in questi giorni, il Museo dell’arcidiocesi, allestito nella chiesa di San Paolo, era stato depredato dell’intero tesoro, composto anche da opere in argento napoletano risalenti allo stesso periodo e alcune delle quali realizzate dallo stesso artista che aveva creato il paliotto, Antonio Avitabile.
E invece in questi giorni rimbalza una notizia clamorosa: il paliotto, o almeno buona parte di esso, sarebbe stato recuperato dal Nucleo di Tutela del Patrimonio artistico che probabilmente hanno intercettato un’operazione di compravendita illegale. Il paliotto che adornava l’altare principale del Duomo era suddiviso in tre parti: al centro c’era una classica raffigurazione della Madonna e ai due lati la rappresentazione di quelli che erano un tempo i patroni di Brindisi, prima di San Lorenzo e San Teodoro: San Leucio d’Alessandria e San Pelino, il prelato di origine albanese che fu vescovo a Brindisi nel VII secolo e che oggi è patrono di Sulmona (il suo nome è legato a quello dei confetti più famosi).
I carabinieri avrebbero recuperato, intatte, le parti del paliotto che raffigurano i due santi, mentre quella centrale che raffigurava la Madonna non sarebbe stata ancora rintracciata. Non essendoci una documentazione fotografica adeguata, ma in pratica poco più dell’immagine che pubblichiamo in questa pagina, ma solo un’accurata descrizione, gli 007 delle opere rubate procedono con cautela.
Se confermato, si tratta comunque di un ritrovamento straordinario che premia non solo il lavoro degli investigatori ma anche di chi per anni ha continuato a rinnovare la denuncia di quel furto, per evitare che l’indagine andasse in prescrizione, allegando le poche immagini disponibili.
“Se la notizia dovesse essere confermata sarebbe davvero un momento importante, non solo per la comunità cattolica brindisina, ma per tutta la città”, spiega il professor Giacomo Carito, storico, direttore del Centro Studi per la storia dell’arcidiocesi di Brindisi-Ostuni e Presidente Sezione di Brindisi della Società di Storia Patria per la Puglia. “Per anni non abbiamo perso la speranza, confidando che prima o poi il paliotto d’argento sarebbe tornato nella nostra cattedrale. E questo ci conforta anche sulle possibilità che i meravigliosi pezzi rubati lo scorso anno possano essere recuperati”.
Sono stati tre i furti clamorosi avvenuti negli ultimi cinquant’anni a Brindisi ai danni della Curia e del patrimonio religoso. Il primo, nel 1972, avvenne all’interno del Museo provinciale Ribezzo, quando venne rubata l’intera collezione di monete antiche, gran parte delle quali d’oro, esposte nelle vetrine del museo di piazza Duomo. Molte provenivano proprio dalla collezione ecclesiastica.
Il secondo, dieci anni dopo, nella Cattedrale con il furto del paliotto, il terzo – lo scorso anno – nella chiesa di San Paolo, dove i ladri agirono incredibilmente indisturbati.
Il paliotto fu commissionato nel 1706 all’argentiere napoletano Antonio Avitabile dall’arcivescovo di Brindisi, Fra’ Barnaba De Castro che si era appena insediato. Verso la fine dello stesso secolo gli altari laterali vennero sormontati da quadri che raffiguravano i due santi patroni che erano scolpiti nel bassorilievo d’argento: sull’altare di sinistra la predicazione di San Leucio e su quello di destra il martirio di San Pelino, entrambi realizzati da Oronzo Tiso tra il 1770 e il 1780. Sono tuttora visibili nella cattedrale, sulle navate laterali, sugli altari paralleli a quello principale.
L’unico che dedicò una pubblicazione al prezioso paliotto d’argento, un anno dopo il clamoroso furto, fu lo storico brindisino Rosario Jurlaro le cui foto a corredo di quello studio si sono rivelate preziose per cristallizzare l’opera.
Da quel momento sono passati oltre quarant’anni e quattro arcivescovi (all’epoca la Curia era guidata da Settimio Todisco) prima del ritrovamento.
La notizia non è stata ancora ufficializzata, forse proprio perché si attende la certificazione che le immagini raffiguranti San Pelino e San Leucio siano proprio quelle sottratte nel Duomo di Brindisi.
Se così fosse, è comunque improbabile che il paliotto, proprio perché privo della sua parte centrale, possa tornare davanti all’altare principale della Cattedrale. Potrebbe essere invece inserito nella collezione, ormai ridotta a pochi pezzi, dei reperti religiosi custoditi nel Museo dell’arcidiocesi di San Paolo, dove è custodito, sfuggito al furto, un pezzo di grandissimo valore quale la teca d’argeno intarsiato che custodiva i resti di San Teodoro. Il rientro del paliotto potrebbe dopo oltre quarant’anni potrebbe essere di bon auspicio per il furto più recente del quale, troppo presto, si è smesso di parlare. E sul quale, pare, le indagini non hanno portato a nulla.