Fibromialgia: ambulatorio Asl dedicato alla patologia reumatica attivato in via Dalmazia

di Marina Poci per il7 Magazine

“Un’iniziativa in incubazione da parecchio tempo”: così il medico brindisino Paolo Di Giuseppe, direttore della Unità Operativa Semplice Dipartimentale di Reumatologia presso l’ospedale Antonio Perrino di Brindisi, definisce l’istituzione, in seno all’unità ma con sede in via Dalmazia e visite due volte al mese, dell’ambulatorio dedicato alla fibromialgia, malattia reumatica particolarmente insidiosa e invalidante che colpisce, secondo le ultime stime, sino a tre persone ogni cento.
“Come reparto, questa patologia ci impegna da molto tempo su un numero di pazienti sempre maggiore, per questo abbiamo ritenuto indispensabile creare uno spazio ad essa dedicato, cosa che ci consentirà, spero al più presto, di dare avvio ad una fase di ricerca, realizzabile soltanto in presenza di grandi numeri. Avere uno spazio apposito significa sottoporre alla nostra attenzione molti pazienti e, di conseguenza, diventare più preparati nel curarli, perché la loro concentrazione affinerà la nostra esperienza. Mi piace segnalare l’importante contributo della mia collega, dottoressa Norma Carrozzo, particolarmente impegnata ad indagare gli aspetti genetici e i risvolti nutrizionali della fibromialgia: sembra, infatti, che alcune intolleranze alimentari correlino in maniera evidente con il manifestarsi della malattia e che la riduzione di alcune sostanze, glutine e lattosio su tutte, comporti l’alleviarsi dei sintomi. Mi lasci precisare, però, che occorre la diagnosi di intolleranza effettuata con indagini mediche approfondite, lasciando da parte le indagini “fai da te”, che sono sovente delle ciarlatanerie”, spiega Di Giuseppe.

Come si manifesta la malattia?
“Il sintomo principale della fibromialgia è il dolore cronico persistente da più di tre mesi e resistente agli antidolororifici, che colpisce i distretti muscolari, più che quelli articolari. In genere si tratta di dolore non accompagnato da segni locali di infiammazione, come gonfiore o rossore. Insieme al dolore compaiono altri sintomi, aspecifici, che il paziente stenta a collegare alla malattia. I più frequenti sono i disturbi del sonno, anche non legati alla presenza di dolore notturno, come difficoltà di addormentamento e risvegli notturni o mattutini precoci. A questi si aggiungono alterazione della soglia del dolore, che tende ad abbassarsi in modo anomalo, cefalea, disturbi della sensibilità (ad esempio formicolii), disturbi della minzione (cioè un bisogno frequente di urinare non sostenuto da un’infezione urinaria che lo giustifichi)”.

È possibile una diagnosi di fibromialgia in presenza dei sintomi da lei appena elencati, senza che vi sia dolore cronico?
“No, il dolore cronico, con le caratteristiche che ho descritto, è il sintomo principale. Poi, oltre a quelli citati prima, ve ne sono altri: numerosi sono i pazienti che soffrono di disturbi intestinali (crampi addominali e irregolarità dell’alvo), secchezza di occhi e bocca, disturbi della sfera sessuale (che spesso i pazienti fanno fatica a rivelare al medico, pensando di tenerli confinati al talamo)”.

O magari immaginano che siano di pertinenza di altri specialisti.
“Assolutamente possibile. Molti dei nostri pazienti, infatti, arrivano in reparto dopo lunghissime peregrinazioni e, giustamente, pretendono un tempo di ascolto lunghissimo, perché hanno tanto da raccontare, sia in termini di accertamenti diagnostici svolti che in termini di personale esperienza del dolore. Questo è il motivo per cui abbiamo deciso di destinare ai primi accessi un tempo non inferiore ai quaranta minuti”.

Questo significa che tutti i pazienti affetti da fibromialgia attualmente in carico all’unità di Reumatologia saranno automaticamente trasferiti al nuovo ambulatorio e visitati da lei e dalla dottoressa Carrozzo?
“Certo, gradualmente avverrà questo passaggio. Il paziente fibromialgico che ha avuto accesso allo specialista attraverso spazi ambulatoriali diversi verrà “deviato”, per la visita di controllo che noi già fissiamo, al nuovo spazio dedicato”.

Cosa possiamo dire rispetto a età di insorgenza e appartenenza di genere?
“Purtroppo i sintomi di esordio possono essere anche infantili e adolescenziali. La fibromialgia colpisce prevalentemente persone giovani, nove su dieci delle quali sono donne. Si calcola che un quarto, o anche più, delle donne in età fertile che accedono ad un ambulatorio di reumatologia lo faccia perché affetta da fibromialgia. Se ci pensiamo, è una percentuale altissima che merita di essere attenzionata nella maniera migliore possibile, così che il medico che se ne occupa non venga sommerso da tutte le altre patologie reumatologiche”.

La medicina attuale conosce le ragioni di questa prevalenza femminile nei pazienti che si ammalano di fibromialgia? Si tratta di una questione ormonale?
“Allo stato, è una domanda della quale la scienza non conosce chiaramente la risposta. Certamente si invoca un rapporto tra gli ormoni sessuali femminili e il sistema immunitario, ma il meccanismo alla base di questo rapporto non è ancora chiarissimo. D’altronde, anche le patologie autoimmuni (quelle nelle quali, banalmente, l’organismo attacca se stesso) sono più frequenti nel sesso femminile. Per la fibromialgia al momento non sono stati accertati segni di autoimmunità ed è per questo che non è ancora stata inserita nei LEA, cioè i livelli essenziali di assistenza, che consentono di assicurare a questi pazienti, tramite Servizio Sanitario Nazionale, le prestazioni necessarie alla cura della patologia”.
La fibromialgia è curabile?
“È curabile, ma non guaribile. È una condizione di dolore cronico che può essere tenuto sotto controllo sicuramente con dei farmaci, ma questi non sono sufficienti. Occorre la collaborazione del paziente, che deve osservare un regime alimentare sano e impegnarsi in un’attività fisica moderata, che non comporti sforzi muscolari importanti (tipo ginnastica dolce, yoga e pilates). Nei casi più severi, noi suggeriamo anche un aiuto psicoterapeutico, che aiuti a sopportare e affrontare l’idea che la condizione di dolore cronico non potrà guarire, ma dovrà essere gestita per tutta la vita”.

Possiamo dire che la gestione della finromialgia sia multidisciplinare?
“Non possiamo, dobbiamo. È una malattia che richiede la collaborazione di molti specialisti. Il bravo reumatologo non si limita ad effettuare la diagnosi, ma indirizza anche verso gli interventi degli altri specialisti, quali il nutrizionista, il fisiatra, lo psicologo e, talvolta, l’urologo e il sessuologo”.

Ha parlato di regime alimentare sano: si tratta di quella che viene comunemente definita dieta antinfiammatoria?
“Sì, ma è bene non affidarsi alle diete antinfiammatorie che si reperiscono facilmente su internet, perché ogni dieta deve essere personalizzata. In genere si tende a far crollare il consumo di glutine e di lattosio, ,a possono esserci anche altri accorgimenti da consigliare, che soltanto un nutrizionista esperto è in grado di valutare. Di concerto con il reumatologo, naturalmente”.

A che punto è la ricerca sulla malattia?
“C’è un filone molto interessante secondo cui responsabile della malattia è la cosiddetta neuroflogosi, cioè uno stato infiammatorio del sistema nervoso centrale che determina questa importante alterazione della soglia del dolore. Si tratta di pazienti che spesso non sono in grado di tollerare nemmeno il pizzicotto o la stretta di mano di un bambino. Ecco, la ricerca sta cercando di capire se questo dipenda dalla neuroflogosi. Altrettanto importante è il filone di diagnostica differenziale: la fibromialgia può essere anche il sintomo di altre patologie, spesso autoimmuni, come la sindrome di Sjögren, o altre connettiviti, o le artriti croniche, che possono esordire con un dolore cronico non articolare. Per cui, soprattutto in fase iniziale, bisogna essere attenti a non confonderla con una vera e propria malattia autoimmune”.

Come effettuare una prenotazione corretta che consenta di accedere direttamente all’ambulatorio dedicato e non ad una generica visita reumatologica?
“Il punto nodale è esattamente questo: il medico di famiglia deve indicare una condizione già diagnosticata di fibromialgia o un sospetto di fibromialgia, perché altrimenti si finisce per affollare l’ambulatorio con pazienti affetti dalle più svariate patologie. Pensi che, non appena abbiamo aperto le agende, abbiamo ricevuto già tre prenotazioni sbagliate”.

Questo responsabilizza molto il medico di medicina generale che dovrebbe avere una funzione di filtro rispetto all’accesso al servizio dedicato.
“Certo: quello che è necessario, per il buon funzionamento dell’ambulatorio, è il rispetto di queste indicazioni. Le abbiamo fornite tanto ai colleghi medici di base, quanto agli operatori del CUP e ai farmacisti. Non bisogna mascherare da fibromialgia altre patologie soltanto per potere anticipare la visita o avere appuntamenti in tempi più brevi, altrimenti facciamo una danno che si ripercuote su tutta lacollettività. Chi effettua la diagnosi, o pone il sospetto diagnostico, di fibromialgia senza che vi sia un fondamento clinico a supporto, si assumerà le sue responsabilità”.