I disegni di Fosca: un modo rivoluzionario di divulgare l’etologia

di Alessandro Caiulo per il7 Magazine

Sono di una giovane studiosa brindisina, che fa parte del team di etologi messo su dalla professoressa Elisabetta Palagi del Dipartimento di Biologia dell’Università di Pisa per studiare il comportamento degli animali, i disegni che, illustrando le smorfie delle scimmie e i segnali di gioco dei cani, sono stati pubblicati anche su riviste divulgative di grande tiratura come Focus e su pubblicazioni scientifiche inglesi.
Si tratta di illustrazioni che colpiscono subito per chiarezza e precisione e che rendono comprensibile a tutti ciò che viene trattato più approfonditamente dal punto di vista scientifico ed il fatto che questa tecnica innovativa al tempo stesso didattica e divulgativa, sia opera di una brindisina non può che farci piacere.
L’artefice di questi disegni, belli a vedersi, estremamente accurati e scientificamente precisi è Fosca Mastrandrea che fa parte di quel nutrito drappello di giovani brindisini che per esigenze di studio e, poi, di lavoro e di carriera, ha lasciato la città natale, continuando, però, a darle lustro a distanza. Quando si sente parlare di eccellenze brindisine, non posso non pensare a quanti, come Fosca, con la testa sulle spalle, la schiena dritta, un mare di impegno e tanta voglia di far bene ed emergere, riescono nella vita.
Grazie anche ad un carisma tutto suo – come è quello dello spirito artistico unito alla fantasia e alla capacità di osservazione – Fosca sta riuscendo a farsi strada oltre che nello studio anche nei suoi primi passi di vita professionale: fortunata lei, ma fortunati anche quanti si sono trovati a lavorare al suo fianco.
Per poterla intervistare, pur essendo un vecchio amico di famiglia, ho dovuto superare non poche resistenze derivanti essenzialmente dalla sua riservatezza ed una certa umiltà, virtù sempre più rare non solo fra i giovani.

Fosca, sei venuta alla ribalta, anche sulla stampa nazionale, in quanto fai parte dell’Unità di Etologia del Dipartimento di Biologia dell’Università di Pisa, in particolare dello staff della prof.ssa Elisabetta Palagi e vi siete occupati, per dirla in breve, delle smorfie e delle espressioni degli animali, il tutto ben illustrato grazie ai tuoi disegni e qualcuno si è chiesto che ramo della scienza è che si occupa di ciò. Vuoi spiegarci, innanzi tutto cosa è l’etologia e come mai l’hai scelta dapprima come indirizzo di studio e, ora, anche come materia di ulteriore approfondimento e sviluppo in chiave professionale?
“L’etologia è una disciplina scientifica che studia il comportamento degli animali, uomo compreso, che sfrutta gli strumenti e i modi tipici della ricerca in campo biologico. Nel mio percorso di studi, ho incontrato tante materie davvero interessanti ma questa è quella che mi ha colpito più di tutti. Ho sempre avuto un debole per gli animali: mi piaceva starci vicino, giocarci e, ovviamente, osservarli (il che, ho scoperto poi, è essenziale per poter diventare etologi). Censivo e classificavo tutte le specie che trovavo in giardino, tormentando qualche povero vermetto o lucertola. Ed è proprio continuando ad osservare gli animali con un occhio sempre più tecnico che mi sono resa conto dell’importanza di questa disciplina, essenziale anche in termini di conservazione. Solo conoscendo le abitudini comportamentali degli animali, infatti, si può cercare di garantirne la sopravvivenza”.
Il tuo modo di disegnare, di una chiarezza e profondità sconvolgente, che dà l’impressione di trovarsi dinanzi ad animali in carne ed ossa, non lo insegnano certamente a scuola; vuoi raccontarci come hai cominciato e quando, in Università, vi siete resi conto della grande potenzialità comunicativa di queste illustrazioni?
Sono autodidatta. Quando ero piccola, mia madre Fiorella mi ha insegnato a disegnare con qualche esercizietto, ma per il resto ho imparato da sola. Fino all’università, l’arte e il disegno sono sempre stati solo una passione e mai avrei creduto (e sperato) di poterla unire al lavoro. Questo finché non ho incontrato la professoressa Elisabetta Palagi, la quale mi ha permesso di sfruttare questa abilità coinvolgendomi come illustratrice in molti progetti.

Tornando al disegno, ancora oggi in zoologia come anche in botanica, le maggiori guide e tavole illustrative sono corredate da disegni e non da fotografie delle specie trattate; a tuo avviso è solo per tradizione o, in effetti, il disegno è più chiaro ed esplicativo, in parole povere, più adatto alla bisogna, rispetto ad una foto digitale?
In effetti l’illustrazione naturalistica ha sempre avuto un ruolo centrale nella biologia e nell’etologia. I grandi del passato hanno sempre sfruttato il disegno per rappresentare con più chiarezza ed immediatezza quelli che sono gli elementi principali del soggetto in questione, che sia piantina o l’espressione facciale di una scimmia. Darwin stesso era solito appuntare e schematizzare nel suo taccuino le sue osservazioni o i suoi pensieri. Ovviamente, dietro ogni illustrazione c’è un lungo studio, poiché solo conoscendo bene l’argomento è possibile rappresentarlo al meglio. Nel mio caso in particolare, occupandomi degli animali, passo molto più tempo a studiare l’anatomia della specie in questione o a progettare il modo migliore per trasmettere una certa informazione che a disegnare davvero.

Vuoi parlarci delle “antroposmorfie”, cioè delle espressioni quasi umane degli scimpanzè che attraverso i tuoi disegni sono state immortale nell’ultimo numero di Focus, la più importante rivista che si occupa di natura, ambiente, tecnologia e cultura che ha dedicato addirittura sei pagine all’argomento?
“L’idea dell’articolo era quella di fare un piccolo viaggio nel mondo delle espressioni facciali di una ‘grande scimmia’ molto vicina a noi dal punto di vista evolutivo: lo scimpanzé. Loro, come noi, comunicano anche attraverso le diverse espressioni facciali. Questo tipo di comunicazione è radicato nella nostra storia evolutiva ed è interessante vedere la somiglianza di molte di queste smorfie con le nostre, al punto che le capiamo pur non appartenendo alla stessa specie. Le varie espressioni facciali sono definite dalla letteratura e descritte attraverso un sistema di codifica della muscolatura (ogni espressione è fatta sempre nello stesso modo, riconosciuto “universalmente”). Basandomi su questo, ho rappresentato diversi volti di scimpanzè, con diverse espressioni, nella speranza che chiunque vi si trovi davanti possa riconoscersi un po’.”

I lavori del team universitario di cui fai parte, sempre arricchiti dai tuoi disegni, sono arrivati addirittura ad essere pubblicati da una rivista scientifica di oltremanica che si è occupata del linguaggio del gioco dei cani; vuoi raccontarci brevemente di cosa si è trattato?
“Il gioco è una sfera comportamentale molto complessa da analizzare. Il nostro team ha studiato in particolare la comunicazione, che è parte integrante e fondamentale nei momenti di svago dei cani. Infatti, durante una sessione di gioco, il rischio di fraintendersi e farsi male è molto alto, proprio come per noi, quando combattiamo per gioco. È necessario comprendersi, dunque, per continuare a divertirsi. Per comprendere come avviene la comunicazione nei cani, abbiamo investigato l’utilizzo e la funzione di due segnali emessi durante il gioco: il ROM (o Relaxed Open Mouth), che corrisponde ad un’apertura rilassata della bocca, e il Play bow, ovvero un inchino per gioco. Entrambi i segnali erano già stati segnalati in letteratura senza però essere mai approfonditi del tutto. Per condurre le nostre analisi abbiamo osservato, in diverse sessioni di gioco, vari cani appartenenti ad un’unica razza: il cane lupo cecoslovacco. Così facendo, siamo state in grado di dimostrare che il ROM è un segnale metacomunicativo. Sebbene possa spaventare, poiché simile ad un morso, questa espressione facciale in realtà è molto diversa e altamente stereotipata. Viene infatti utilizzata per far capire che le proprie intenzioni sono quelle di continuare a giocare e che, anche se seguita da una spinta o da un morso, la natura giocosa persiste. L’inchino per gioco, invece, sembra avere lo scopo di rinnovare la motivazione a giocare nel compagno; infatti, viene emesso a seguito di una breve pausa, un po’ come dire: “dai continuiamo a giocare!”

Per l’ultima domanda andiamo un po’ più sul personale. Prova a descriverti e a raccontarci chi è Fosca Mastrandrea, quali le aspirazioni ed i progetti anche, ma non solo, professionali per il prossimo futuro e che rapporti conservi con Brindisi, la tua città?
Pur vivendo lontana, sento ancora forti le mie radici: Brindisi è il posto dove sono nata e cresciuta, dove ritrovo la mia famiglia e i miei cari. Per tutta la vita ho avuto molte passioni, tutte diverse tra loro e per molto tempo ho vissuto questo come un limite, perché non mi riusciva di concentrarmi verso un unico obbiettivo. Adesso, invece, lo vivo più come un’occasione. Ho accettato questa mia caratteristica e ne vado anche un po’ fiera. Sono contenta di sfruttare la mia ecletticità e creare qualcosa di unico. Se avessi rinunciato per esempio al disegno, ora non starei qui. Per quanto riguarda le mie aspirazioni, negli ultimi tempi ho fatto diverse esperienze nei parchi a contatto diretto con gli animali, dove sono stata più felice che mai. Spero davvero, in futuro, di poter continuare a coniugare ricerca, disegno e lavoro sul campo; per ora, continuo sulla mia strada approfittando di tutte le occasioni che mi si presentano”.