di Alessandro Caiulo per il7 Magazine
è sempre una buona opportunità, da non lasciarsi sfuggire, approfittare dei rari casi in cui il Consorzio ASI (acronimo di Area di Sviluppo Industriale) di Brindisi, ente proprietario dei terreni, apre al pubblico la altrimenti invalicabile cancellata dell’invaso del Cillarese, lasciando che gruppi organizzati possano godere della bellezza di questo vero e proprio paradiso in terra che è diventata questa oasi di protezione naturalistica.
Se poi ciò avviene alla presenza di esperti che, ognuno per quanto di sua competenza, illustra le peculiarità della zona, oltre che bella e coinvolgente, la passeggiata si rivela anche istruttiva.
L’occasione è data dall’evento di chiusura del programma brindisino del “Festival dell’Appia Antica 2022” che, in ragione della grande affluenza di partecipanti, è stato diviso in due appuntamenti, il secondo dei quali ha avuto luogo domenica 23 ottobre e, come al precedente, ha comportato la visita al Cillarese che è stato proposto da alcune associazioni come Parco Terminale della Via Appia.
Prima di proseguire nel racconto – anche per evitare che il buon Appius Claudius Caecus, il patrizio colto ed illuminato, valente letterato ed oratore col pallino della filosofia, vissuto a cavallo fra il IV ed il III secolo a.C., si ridesti dal sonno eterno e con un nodoso randello cominci a colpire …alla cieca, menando botte da orbi a destra e manca, urlando a squarciagola che non ha impiegato migliaia di schiavi, soldati ed operai per costruire la Regina Viarum, la prima e più importante via consolare dell’antichità, per far si che i romani venissero a fare la gita fuori porta sulle sponde dell’invaso del Cillarese ed all’ombra dei suoi eucalipti invece che in riva al Tevere – è opportuno chiarire qualche aspetto non proprio marginale.
Ovviamente terminale della via Appia Antica, non poteva essere altro che la città ed il porto di Brindisi, snodo imprescindibile dal punto di vista militare, commerciale e anche culturale (tutti i giovin rampolli della Roma bene andavano a studiare in Grecia e tutto il mondo letterario romano pendeva dalle labbra di filosofi, precettori e pensatori greci), per cui preferisco pensare al Cillarese come luogo di ideale incontro tra l’Appia e la Traiana prima di giungere a quella che da secoli, come disse Orazio, allorchè la percorse in compagnia di Virgilio e Mecenate, “della lunga via Brindisi è il fine” (inteso sia come meta che come scopo).
L’ingegnere Pietro Palma, per anni ingegnere dell’ASI, ora in pensione, ha raccontato la storia dell’invaso – il quale è artificiale per ciò che concerne lo sbarramento costruito a fondovalle, ma che ha sfruttato un avvallamento naturale già esistente, scavato nel corso dei millenni dalla stessa acqua sorgiva che, scorrendo attraverso il terreno e diversi canali da zone anche lontane, sfocia nel Seno di Ponente – fin dalla sua realizzazione nel 1980 e la sua messa in funzione venti anni dopo, ed è stato proprio lui uno dei principali fautori della rinaturalizzazione dell’area che non è solo un bacino artificiale asservito agli usi industriali dell’acqua ma, grazie alla sua sensibilità con cui è riuscito a contagiare i vertici del consorzio, ha consentito che la natura si riappropriasse dei propri spazi e l’area dell’invaso divenisse l’oasi faunistica che tutti possiamo ammirare.
L’importanza e la funzione che il Cillarese ha assunto negli ultimi decenni dal punto di vista naturalistico le ha ben illustrate, con la passione e la competenza che la contraddistinguono, la biologa del Centro Fauna Selvatica della Provincia di Brindisi, Paola Pino d’Astore, la quale si è soffermata sulla presenza di pesci, anfibi, insetti e piante in un habitat talmente idoneo per la vita animale, pur incuneato in ambiente urbano, ma lontano da grossi elementi di disturbo, che ha attratto, per queste caratteristiche, una gran quantità e varietà di uccelli acquatici, molti dei quali di interesse comunitario ed anche mammiferi.
Si tratta di un grande ambiente acquatico, impreziosito da un fitto canneto lungo le rive, una bassa macchia mediterranea lungo i versanti e un boschetto di piante ad alto fusto come il Pino d’Aleppo e l’Eucalipto che lo rendono differente dalle altre zone umide. All’interno di questo habitat, dove l’acqua dell’invaso è profonda anche quindici metri, protetti dalle alte sponde modellate nel secoli dallo stesso scorrere dell’acqua e dalla vegetazione in gran parte spontanea, gli animali selvatici non sono disturbati dalle attività antropiche ed avendo a disposizione risorse alimentari e luoghi adatti per la sosta ed il riposo, frequentano regolarmente l’area. Tra i mammiferi sono da segnalare la Volpe, la Lepre europea che, introdotta a fini venatori, ha finito per sostituire la più piccina Lepre italica, ma è anche presente una simpatica famiglia di quello che è il più grosso mammifero selvatico presente nel brindisino, il Tasso. Per quanto riguarda gli uccelli, le specie frequentanti l’invaso variano molto a seconda delle stagioni: alcuni sono stanziali, altri vi sostano per brevi periodi durante la migrazione primaverile ed autunnale, altri vi trascorrono l’intero periodo invernale, altri ancora vi passano il periodo riproduttivo.
E’ facile osservare – una ventina di anni addietro fu costruito all’uopo anche un capiente capanno in legno che funzionava da punto di osservazione, poi vandalizzato ed andato distrutto a seguito di un incendio – aironi (dal cenerino alla garzetta, dal bianco maggiore al guardabuoi), anatre, cormorani, svassi, rallidi, gabbiani comuni e anche il piccolo e colorato Martin pescatore. Nei mesi autunnali ed invernali la vegetazione ai margini dello specchio acqueo si trasforma in un dormitorio per centinaia di aironi e cormorani che, di giorno, sono in cerca di cibo anche a chilometri di distanza.
Una peculiarità di Brindisi è quella della diversità e ricchezza delle zone umide presenti attorno al tessuto urbano che determina un’interessante connessione ecologica: dal canneto costiero di Giancola, all’invaso del Cillarese e suo tratto terminale, al porto di Brindisi, al vasto canneto e invaso di Fiume Grande, fino alle lagune costiere delle Saline di Punta della Contessa, gli uccelli acquatici trovano ambienti poco distanti e diversificati dove occupano nicchie ecologiche in funzione delle loro esigenze biologiche e, inoltre, ciò attira una moltitudine di rapaci come l’Aquila minore, il Falco pescatore, il Falco pellegrino, lo Sparviere ed il Falco di palude.
Fra i partecipanti anche la dott.ssa Angela Marinazzo, già direttrice del Museo Provinciale, la quale, a margine dell’evento, ha così commentato: “E’ stata una giornata edificante, a conclusione del Festival dell’Appia antica, in terra di Brindisi, nel parco del Cillarese, nella sua parte più recondita, dove c’è un grande lago artificiale circondato dal verde, riconosciuto oasi di protezione. Al di là delle considerazioni storico-archeologiche descritte nell’idea progettuale inviata al MIC, sull’Appia Claudia e l’Appia Traiana, ritengo che, in funzione della candidatura e del programma di valorizzazione della Regina Viarum, sia significativa ed anche suggestiva la proposta di unire concettualmente ed anche praticamente l’origine e la fine della via Appia attraverso la congiunzione fra il Parco archeologico della Appia antica a Roma e il Parco Naturale del Cillarese a Brindisi, dove era ubicato l’antico Ponte Grande, attraverso il quale, presumibilmente, le truppe romane venivano convogliate per l’imbarco nel porto di Brindisi, non a caso riconosciuto dall’UNESCO, quale “testimone e monumento di cultura di pace nel mondo “.
Ha preso la parola anche l’arch. Tonino Bruno il quale, oltre che progettista del Parco Urbano del Cillarese – quello, per intenderci, che si sviluppa a valle della diga, grossomodo dall’altezza della Statale 379 fin quasi allo sbocco a mare del canale – il quale, dopo aver ripercorso le tappe che hanno portato alla realizzazione di questo bellissimo polmone verde divenuto un importante punto di aggregazione per i brindisini, ha anche accennato ai passi che si stanno compiendo per ottenere il riconoscimento del Cillarese come Parco terminale della via Appia.
Al fine di poter apprezzare questa idea, gli abbiamo chiesto di svelarci qualcosa in ordine a questo progetto che coinvolge il parco del Cillarese.
Dopo aver espresso la soddisfazione per aver contribuito alla trasformazione di un’area fortemente degradata che divideva in due la città, caratterizzata da capannoni industriali abbandonati e baracche realizzate con materiali di risulta, in una nuova centralità urbana, è sceso più nei particolari storici: “In essa avveniva l’incontro delle vie Appia e Traiana, due importanti strade consolari romane, e in tale area per sedici secoli vi è stato il punto d’imbarco del vecchio porto del Seno di Ponente. Da qui sono passati imperatori, eserciti, condottieri, letterati, pellegrini, mercanti che si imbarcavano o tornavano dal Medio-Oriente. La Regina Viarum, nel suo lungo percorso da Roma a Brindisi, è stata oggetto in questi ultimi anni di un vasto dibattito inerente la sua valorizzazione e tutela. Tutti i comuni interessati dal tracciato sono di fatto coinvolti in quest’opera di salvaguardia che determinerà tracciati di turismo lento e sostenibile. In tale contesto vanno inquadrate le problematiche inerenti il tratto dell’Appia che è nel territorio di Brindisi.
Per l’Uggeri (“La viabilità preromana della Messapia”), il tracciato dell’Appia, fra Brindisi e Taranto, ricalca, su grandi linee, preesistenze messapiche: “già per l’età messapica noi possiamo postulare quella via istmica, alla base della penisola salentina, che sarà utilizzata più tardi come prolungamento della via Appia da Taranto a Brindisi. Ma questa arteria fu potenziata certamente con la conquista romana, in conseguenza della preferenza accordata a Brindisi che diventava così, favorita dalla vicinanza alla Grecia e dal sicuro porto naturale, la principale testa di ponte per gli interessi romani verso l’oriente”.
Secondo Andrea Della Monaca (“Memoria Historica dell’antichissima e fedelissima città di Brindisi- anno 1564”), al di là delle vecchie Mura, fuori porta Mesagne, si trovava un’area compresa tra il canale Cillarese e la vecchia via Appia, ancora oggi poco conosciuta per il ruolo importante che ha svolto nel passato. Descrivendo questo antico ambito di Brindisi lo storico sostiene che “la più nobil parte della città “era racchiusa, all’incirca, nello spazio compreso tra il Ponte grande , “scalo del Porto minor, e confine della strada Appia” e il torrione di San Giacomo. E continuando afferma che “le ruine, che di sotto terra si cavano, e l’acquedotti di spesa inestimabile, che vi si scoprono, ne fanno ampia fede, il che si conferma con autentiche scritture antiche, che in detto spazio hor vuoto nominano Terme, Piazze e Anfiteatri, dei quali il tempo ha spento ogni memoria”.
A Brindisi la via Appia aveva termine davanti a Porta Mesagne. Da confutare le tesi delle colonne terminali sulla scalinata virgiliana, come termine della Via Appia. Questa è una suggestione letteraria moderna che prese piede solo a partire dal 1500.
L’area attraversata dalla Via Appia Antica e dalla Via Cappuccini era, quindi un importantissimo punto di riferimento della città poiché, trovandosi in posizione pianeggiante e a poche centinaia di metri dall’approdo, offriva facile e comoda permanenza a soldati, mercanti, viaggiatori, poeti e imperatori in attesa dell’imbarco o di ritorno dall’Oriente.
L’antico porto, il più usato e il più movimentato al tempo dei Romani, era appunto l’insenatura del braccio destro del seno di ponente, vicinissimo al canale Cillarese. Lì facevano scalo le numerose navi militari e quelle commerciali (di stazza inferiore al naviglio attuale) perché le acque erano tranquille e non molto profonde; il Della Monaca lo chiama “antico scalo del Porto Brundusino”, e più oltre “scalo del porto minore, e confine della strada Appia”. Il vero terminale della Via Appia, era quindi il Porto Minore nel Seno di Ponente. Il Grande Ponte in pietra, fatto costruire dai Romani, consentiva di attraversare la valle omonima (Valle di Ponte Grande). In questi pressi vi era il terminale d’incontro delle due importanti strade consolari romane: la via Appia e la via Traiana.
“Secondo il principio romano che voleva che le vie consolari avessero il percorso possibilmente quanto più lineare e breve, senza mai attraversare l’abitato, ma fermarsi a breve distanza da esso, costeggiandolo.” Anche a Brindisi – conclude l’architetto Bruno – le due strade consolari si fermavano fuori le mura, davanti a Ponte Grande, il quale è sempre riportato nelle antiche rappresentazioni grafiche.