Il sanvitese don Pinto, nuovo Segretario Commissione Dottrina della Fede

Il 15 gennaio 2025 la Conferenza Episcopale Pugliese ha nominato Don Sebastiano Pinto, originario di San Vito dei Normanni, Segretario della Commissione Regionale per la Dottrina della Fede, l’annuncio e la catechesi.
La commissione ha il compito di coordinare la pastorale delle 19 diocesi pugliesi, con particolare attenzione alla catechesi e all’annuncio.
Di questo nuovo incarico e di tanto altro ci ha parlato Don Sebastiano.
Come è nato l’amore per lo studio approfondito della Sacra Scrittura?
“Il mio amore per la Sacra Scrittura nasce con la mia vocazione.
Tanti anni fa, quando ero un adolescente in parrocchia, la Scrittura è stata
luce per la mia vita, conforto nelle sofferenze e mi ha permesso di avere grandi aperture del cuore e della mente. Ho coltivato poi questa passione in seminario. Durante il periodo dello studio teologico, l’Arcivescovo Todisco mi chiese di poter continuare a studiare la Sacra Scrittura al Pontificio Istituto Biblico per la specializzazione, per rendere poi un servizio come docente e come esperto. Accettando, mi sono messo in gioco e, ringraziando il Signore, è andato tutto bene”.
Quale “taglio” vuol dare alla Commissione in questo tempo così critico riguardo la trasmissione della fede attraverso la catechesi?
“La commissione per la catechesi ha il compito di coordinare il magistero dei Vescovi delle 19 diocesi di Puglia e gli uffici catechistici attraverso una rete di relazioni.
Io ero già all’interno della commissione come referente regionale per la Sacra Scrittura e cioè per l’apostolato biblico ed ora si unisce anche la direzione della commissione. Continuerò, quindi, a rinsaldare i legami della Commissione con i 19 direttori ed anche con gli altri membri che ne fanno parte e che collaborano in qualità di esperti o di referenti regionali per la disabilità”.
Quali sono secondo lei le carenze nei metodi e nei contenuti della catechesi in Italia e come si potrebbe colmarle?
“Facendo attenzione alla catechesi come capacità di vivere una esperienza e di far vivere un’esperienza.
Mi spiego. Il catechista è colui che vive in primo luogo un’esperienza ecclesiale nel coinvolgimento nella vita comunitaria.
Il primo compito del catechista consiste nel coinvolgere normalmente coloro che gli sono affidati e per la stragrande maggioranza sono quelli dell’iniziazione cristiana, ma non solo. I catechisti sono gli accompagnatori delle coppie, gli animatori dei giovani, coloro che offrono servizio per la disabilità.
Lo scopo del catechista è coinvolgere in un’esperienza viva di Cristo risorto.
Possono poi variare le metodologie, i contenuti, i tempi, le modalità, perché ogni gruppo o realtà necessita di un discernimento per poter proporzionare l’annuncio.
Qui si apre la grande questione del linguaggio: deve essere il linguaggio dell’annuncio e non quello stereotipato, antico, che non tocca la vita delle persone, l’ “ecclesiastichese” per intenderci. Deve essere il linguaggio della VITA. Bisogna quindi partire da questa, farla incontrare tramite la Parola di Dio a coloro che sono destinati e coinvolti nella catechesi, perché è la Parola che le dà senso e ci permette di ritornare ad essa rinnovati”.
Nei suoi scritti parla molto spesso di umiltà. Come si può rimanere umili in un mondo, anche quello della chiesa, in cui si vuol emergere anche a costo di umiliare e isolare l’altro?
“Nei miei scritti parlo spesso di umiltà poiché se perdiamo l’umiltà, perdiamo il senso del servizio.
Quando ci viene chiesto di offrire qualsiasi forma di collaborazione, non si deve accettare per ornamento della propria persona, ma per un servizio da rendere a coloro a cui siamo inviati.
Se si perde questo orizzonte di senso, si vanifica tutto.
Per me l’umiltà è una questione di vita o di morte.
Nel momento in cui ci si monta la testa o si perde l’orizzonte di riferimento, è l’inizio della fine”.
Il nuovo incarico è giunto a Don Sebastiano dopo quattro mesi dalla nomina a parroco della Parrocchia di San Giorgio Martire che si trova nella periferia di Locorotondo ed è una realtà viva ed operosa.
Alcuni, erroneamente, hanno pensato ad un confinamento quando in realtà, come dice lo stesso Don Sebastiano, è stato un premio. La sua posizione geografica fa apprezzare la bellezza del nostro territorio e porta con sé un valore aggiunto essendo terra di confine, definita dallo stesso “una sorta di chiesa della soglia in grado di favorire una teologia della soglia.” Qui si vive uno di scambio quasi naturale di tradizioni e culture diverse.
Questa definizione di chiesa colpisce per l’analogia con il concetto di chiesa in uscita di Papa Francesco, una Chiesa che vuole essere aperta, estroversa e missionaria.
Chiediamo a Don Sebastiano se, alla luce di questa definizione, si può parlare, nello stato attuale, di una sorta di catechesi della soglia che favorisca le varie tipologie di pastorale, di metodi, di approccio alla fede.
“Catechesi della soglia”, significa intercettare tutte quelle occasioni di annuncio e di incontro con la Parola di Dio. Questa catechesi costruisce ponti e non crea steccati, non si preoccupa di giudicare o di incasellare le situazioni morali, non ha l’ansia di fare proseliti e non si pone come indottrinamento, ma spinge i catechisti ad essere innanzitutto testimoni della loro fede, così da favorire un incontro autentico con coloro che attendono l’annuncio della vita nuova in Cristo”.
Auguriamo a Don Sebastiano un cammino sereno e fruttuoso in questo importante servizio alla nostra Chiesa Pugliese, ringraziandolo per questa intervista, essa stessa “catechesi” che offre spunti per una seria riflessione personale e comunitaria.
Lucia Semeraro