Infiltrazioni mafiose nei Comuni: il caso Ostuni dimostra che la legge va cambiata

Di Marina Poci per Il7 Magazine
È probabilmente l’articolo di legge più citato negli ultimi giorni: da quando il ministro dell’Interno Piantedosi ha preso la decisione di nominare e inviare a Bari la commissione d’accesso per valutare l’ipotesi dello scioglimento del consiglio comunale a seguito dell’inchiesta della DDA che avrebbe portato alla luce legami tra criminalità organizzata, politica e apparato burocratico, l’articolo 143 del Testo Unico degli Enti Locali è divenuto il protagonista assoluto del dibattito pubblico. Guglielmo Cavallo, ex sindaco di Ostuni, attualmente consigliere comunale di minoranza nell’amministrazione Pomes, quell’articolo, che definisce “applicato da qualche anno a questa parte in modo anomalo”, lo conosce bene: ne è stato una “vittima”, quando nel dicembre del 2021 il Consiglio dei Ministri, allora presieduto da Mario Draghi, ha disposto lo scioglimento, per “accertata infiltrazione della criminalità organizzata”, dell’amministrazione comunale di centro-destra da lui guidata nella Città Bianca dal giugno del 2019.
È stata un’interdittiva antimafia emessa contro la società che gestiva i parcheggi su area pubblica in località Santa Lucia (il cui rappresentante legale era un soggetto più volte destinatario di ordinanze di custodia cautelare e di condanna in primo grado per gravi reati anche di natura associativa e con collegamenti con la locale criminalità organizzata), a dare avvio alla procedura, con l’insediamento della commissione di accesso: successivamente, secondo quanto rilevato dalla commissione prefettizia, sono emerse “anomalie” negli affidamenti diretti del servizio di assistenza e salvataggio bagnanti sui tratti di spiaggia libera fra il 2019 e il 2020, nelle pratiche di Scia (Segnalazione Certificata di Inizio Attività), nella gestione del patrimonio immobiliare comunale e nel recupero di somme di denaro in esecuzione di una sentenza di condanna a favore del Comune.
Tutte criticità ampiamente superate in relazione alla posizione dell’ex sindaco Cavallo e dei due ex consiglieri comunali Giuseppe Corona e Francesco Beato, con lui coinvolti nella vicenda, nei confronti dei quali non sono mai state provate le presunte pressioni subite da soggetti vicini alla criminalità organizzata (stante l’assenza di procedimenti penali o avvisi di garanzia nei loro confronti): in un primo momento ritenuti incandidabili dal Tribunale di Brindisi, a ottobre dello scorso anno si sono visti restituire l’agibilità politica dalla Corte d’Appello di Lecce. La decisione dei giudici leccesi, in completa riforma di quanto deciso dal Tribunale, ha infatti escluso la circostanza che Corona e Beato abbiano messo in atto comportamenti tesi a favorire associazioni di tipo mafioso. Inoltre, secondo la Corte, non sono mai esistiti profili di illegittimità nell’operato dell’amministrazione Cavallo, né riguardo all’appalto di gestione del parcheggio lungo la costa ostunese, né riguardo all’affidamento diretto del servizio di salvataggio bagnanti. Quanto alla questione del parcheggio, era stata contestata l’esiguità della base d’asta per favorire l’aggiudicatario, mentre la Corte ha rilevato che il canone fissato era del tutto sovrapponibile a quello degli anni precedenti. Per ciò che attiene alla questione bagnini, i giudici di secondo grado hanno giustificato le ragioni di urgenza che hanno portato all’affidamento diretto, non riscontrando alcuna irregolarità rispetto alla gara posta in essere l’anno successivo.
Duramente provato dagli aspetti umani delle vicende di scioglimento, che ritiene “devastanti e presi in considerazione da pochi”, Cavallo, insieme ad altri 180 ex sindaci italiani (nessuno dei quali colpito da condanne penali), porta avanti una battaglia avviata per iniziativa dell’ex sindaco di Manfredonia Angelo Riccardi: la costruzione della rete “Giù le mani dai Sindaci”, fondata nella sede nazionale dell’ANCI il 28 novembre 2023 con l’intento di “promuovere la modifica della norma sullo scioglimento delle amministrazioni locali per presunte infiltrazioni mafiose, interpretata e applicata negli ultimi anni in modo abnorme”.
Quali sono le criticità della legge, su quali aspetti occorrerebbe intervenire e in che maniera è possibile farlo?
“L’art. 143 del Testo Unico sugli Enti Locali lascia ampia discrezionalità alle Prefetture nel valutare le situazioni. Nei fatti, l’interpretazione della giurisprudenza amministrativa (T.A.R. Lazio e Consiglio di Stato) ha riconosciuto alle Prefetture il potere di avviare e concludere con lo scioglimento il procedimento amministrativo dell’art. 143 TUEL sulla base di sospetti e in assenza di reati o di responsabilità dei vertici politici. Così come è applicata, la norma non assicura che chi ha sbagliato paghi davvero. Troppo spesso abbiamo dovuto leggere di scioglimenti nei quali si evidenziavano possibili collusioni della parte burocratica con il mondo della criminalità ma le conseguenze sono ricadute solo sulla parte politica, senza che ai veri responsabili fosse chiesto conto. Il procedimento previsto dall’art. 143 TUEL non consente un contraddittorio pieno e la Commissione d’accesso può arbitrariamente decidere quali atti porre a base della relazione e quali, invece, omettere. La conoscenza degli atti della Commissione d’accesso è possibile solo dopo l’eventuale scioglimento e solo nell’ipotesi che si impugni il provvedimento dissolutorio al TAR Lazio. In quel caso, i ricorrenti non possono estrarre copie, ma solo visionare i documenti sotto stretta vigilanza. Quindi manca anche una reale parità processuale tra le parti nei giudizi amministrativi. L’esperienza insegna che i periodi di commissariamento, da diciotto a ventiquattro mesi, non servono a ripristinare la legalità, lì dove è compromessa, e peggiorano la vita delle comunità lì dove le infiltrazioni erano sospettate e, magari, si rivelano immaginate”.
In che modo si dovrebbe modificare l’impianto della legge per evitare che l’eventuale commistione tra apparato burocratico-amministrativo e criminalità organizzata comporti ricadute sulla maggioranza politica espressa dal consiglio comunale?
“Proprio perché è in gioco la democrazia, cioè la volontà popolare che è “sovrana” secondo la Costituzione, non si possono rovesciare le scelte democratiche e sospendere la vita democratica delle comunità sulla base di sospetti, molto spesso infondati, quando non “indotti”. Una volta avviato il procedimento ex art. 143 TUEL, prefetture e sindaci cessano di essere istituzioni che collaborano ed entrano inevitabilmente in conflitto. Proprio in presenza di sospetti di inquinamento della vita amministrativa, invece, un sindaco non andrebbe lasciato solo, ma aiutato e messo nella condizione di dimostrare l’infondatezza del dubbio. Questo auspicato comportamento istituzionale non è previsto dalla norma, che è stata scritta pensando a realtà evidentemente molto compromesse a tutti i livelli, ma oggi viene applicata con le storture che ho detto. Per questo serve introdurre la possibilità di un contraddittorio pieno ed effettivo nella fase del procedimento. L’esito dell’ispezione non deve essere necessariamente lo scioglimento come avviene, invece, in quasi tutti i casi. Una volta riscontrate delle anomalie amministrative non penalmente rilevanti, la Prefettura dovrebbe assegnare un breve termine all’amministrazione per dimostrare che si tratti di disfunzioni degli uffici e non di condizionamenti della criminalità. Allo stesso modo, le Commissioni potrebbero sollecitare modifiche nell’apparato politico e burocratico che rischiano di inficiare il buon governo. All’esito di una verifica così condotta, sarà più chiaro se un’amministrazione è compromessa con associazioni criminali oppure è un’istituzione che vuole rimanere sana. Una volta accertati rilevanti condizionamenti dell’amministrazione “indagata” e intervenuto lo scioglimento, il giudizio amministrativo dovrebbe essere paritario, al contrario di quanto avviene oggi”.
Alcuni commentatori, anche locali, osservando le reazioni dei cittadini nel confronto con la vicenda Decaro, hanno parlato di una sorta di pregiudizio ideologico nei confronti degli amministratori di centro-destra, come se l’immaginario collettivo sia più propenso a ritenerli vicini agli ambienti mafiosi rispetto agli amministratori di centro-sinistra: come valuta questa considerazione? Pensa di essere stato una vittima di questo pregiudizio?
“È l’Italia delle tifoserie che fa scrivere e pensare queste cose. L’art. 143 TUEL ha mietuto vittime di tutte le parti politiche e Antonio Decaro non è ancora una di queste, se non mediaticamente. Occorre equilibrio nei giudizi e nell’azione per continuare a perseguire il bene comune anche in queste situazioni. Non credo di essere stato vittima di un pregiudizio politico, anche se mi hanno stupito alcuni passaggi delle relazioni e dei tanti atti che ho dovuto leggere. In particolare, quando si sono volute attribuire responsabilità alla mia amministrazione anche per situazioni oggettivamente risalenti ad amministrazioni di diverso colore politico e che stavamo affrontando, oppure si sono svolte considerazioni suggestive ma disancorate dalla realtà o, ancora, non hanno trovato spazio nella relazione atti e azioni positive da noi poste in essere mentre altre sono state svilite con considerazioni irragionevoli”.
Quali sono gli obiettivi della rete di ex sindaci i cui consigli comunali sono stati colpiti da provvedimenti di scioglimento?
“Pur nella diversità delle singole situazioni, abbiamo vissuto le stesse esperienze dolorose che condividiamo tra noi e siamo impegnati perché non succeda ad altri di subire ingiustizie come le nostre, a prescindere dal colore politico. Chiediamo la modifica dell’art. 143 TUEL per le ragioni che ho detto prima. Conoscere le nostre storie aiuta a capire meglio la situazione a tutti i livelli: legislatore, partiti, governo, comunità. Sempre che si abbia voglia di capire e migliorare. Devo dire che, benché colpiti ingiustamente in diverse amministrazioni, tutti i partiti sono stati sordi all’idea di modificare la legge. Su questo c’è trasversalità”.
Ha sentito la sua comunità vicina durante le varie fasi della vicenda dello scioglimento?
“In tanti mi conoscevano o mi hanno conosciuto durante il mandato e tanti altri hanno apprezzato la produttività e correttezza dell’azione politica e amministrativa di tutta la maggioranza che mi ha sostenuto. Per queste persone è stato facile capire la situazione e manifestarmi un affetto sincero che è stato vitale in quei faticosi mesi e nel durissimo periodo successivo allo scioglimento. Altri hanno da subito sperato nello scioglimento e hanno gioito per l’esito. Sono quelli che hanno speculato prima, durante e dopo le ultime elezioni amministrative. Tanti di questi si sono improvvisamente scoperti garantisti nella vicenda Decaro. La loro statura politica e umana si misura da sola”.
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