Mezzo secolo fa il Battaglione San Marco sbarcò a Brindisi

Una storia avvincente e gloriosa quella della nostra Brigata San Marco, le cui origini risalgono a più di trecento anni fa: a quando nel 1713 Vittorio Amedeo II di Savoia – appena assurto al titolo regale come re di Sicilia – istituì il “Reggimento Marina” a salvaguardia delle coste siciliane infestate dai pirati barbareschi, nonché del collegamento navale tra la capitale Palermo e la sabauda Nizza. Nel 1815, con la restaurazione postnapoleonica, il reggimento divenne “Brigata Marina” del ristabilito regno di Sardegna, partecipando nel 1848 alla prima guerra di indipendenza e poi, il 20 luglio 1866, con le forze armate già appartenenti al giovane regno d’Italia, alla sfortunata battaglia di Lissa nella terza guerra d’indipendenza.
Tremila uomini imbarcati ad Ancona, agli ordini dell’ammiraglio Carlo Persano, tentarono lo sbarco a Lissa. Un’azione sfortunata, ma il coraggio dei fucilieri impressionò il nemico come ben testimoniato dalle parole dell’ammiraglio austriaco Wilhem Togetthoff: “Non è possibile non riconoscere negli italiani un coraggio straordinario, che giungeva fino al suicidio. Allorquando la ‘Re d’Italia’ affondava, i suoi Fanti di Marina si arrampicavano sulle alberature e con le carabine contro l’ammiraglia austriaca ferirono ed uccisero 80 marinai. Quelli che militavano sotto la bandiera dell’ammiraglio Persano erano certo animati dal più vivo amor di Patria”.
In realtà, quando il 21 marzo 1861 – all’indomani della creazione del regno d’Italia con l’incorporazione del regno di Napoli al regno di Sardegna – Cavour stabilì la creazione della “Fanteria Reale Marina”, volle far tesoro della notevole esperienza che in tal campo aveva maturato la marina napoletana incorporandone tutto quanto poté alla nuova unità. Esperienza quella, che si era consolidata durante un lungo percorso iniziato nel 1734 con la fondazione stessa dell’autonomo regno di Napoli del re Carlo III di Borbone. Il 10 dicembre 1735 era stato creato da quel re il “Battaglione di Marina delle Galere” che poi, nel 1785, con il re Ferdinando I di Borbone era divenuto il “Real Corpo della Fanteria di Marina”, che rimase attivo fino alla fine del regno.
Quando nel marzo 1878 il parlamento approvò la legge Benedetto Brin – l’ammiraglio e più volte ministro della Marina tra il 1876 e il 1896 – per il riordinamento del personale della marina militare, che stabiliva le norme di reclutamento dei vari corpi unificando nell’accademia navale di Livorno le due scuole di Genova e di Napoli, della sciolta Brigata Marina rimasero solo i “Fucilieri di Marina”: marinai d’élite, particolarmente abili col moschetto, che a bordo delle navi da guerra su cui erano in servizio si addestravano allo sbarco armato.
Senza appartenere ad un corpo organico specifico, quei Fucilieri di Marina furono impiegati nella crisi greco-turca di Creta nel 1889 e poco dopo in Cina, nel corso della rivolta dei Boxer: una pagina di storia anche italiana, poco conosciuta però intimamente legata alla tradizione della San Marco, tant’è che la stessa caserma brindisina Ermanno Carlotto, costruita a fine anni ’80 a Brancasi – così come quella costruita nel 1926 a Tientsin – porta il nome del sottotenente di vascello Ermanno Carlotto, medaglia d’oro al valor militare alla memoria, che il 19 giugno 1900 venne mortalmente ferito a Tientsin durante un cruento assalto di Boxer, mentre era impegnato a difendere una scuola nel quartiere internazionale con i suoi venti fucilieri appena sbarcati dalla nave Elba.
Negli scontri con gli insorti a Tientsin, caddero anche altri sei marinai italiani, ed in altre località cinesi ne caddero anche altri undici degli ottanta che – con un contingente internazionale di marinai russi, inglesi, francesi, statunitensi, tedeschi, giapponesi, austriaci – erano sbarcati in Cina per proteggere le rispettive delegazioni, subito dopo le prime violenze scoppiate a Pechino contro gli occidentali e i cinesi convertiti al cristianesimo. In seguito a tali avvenimenti, d’accordo con le altre potenze occidentali, il successivo 5 luglio il Parlamento italiano decise un intervento militare con l’invio di un corpo di spedizione di 2000 uomini che al comandato del colonnello Vincenzo Garioni si andarono a sommare ai Fucilieri di Marina già presenti in Cina. Salparono da Napoli il 19 luglio a bordo dei piroscafi Minghetti, Giava e Singapore, appoggiati dagli incrociatori Ettore Fieramosca e Vettor Pisani e le regie navi Vesuvio e Stromboli, al comando dell’ammiraglio Camillo Candiani che andarono a sommarsi alle regie navi Elba e Calabria, già presenti nel porto di Schangai.
La coalizione internazionale sommò un totale di circa settantamila uomini, che a più riprese sbarcarono in Cina per via via raggiungere i vari nuclei occidentali e le varie missioni cristiane sotto assedio e che in molti luoghi erano ormai allo stremo sotto i costanti attacchi dei Boxer e delle truppe regolari imperiali cinesi. A metà agosto, fuggita da Pechino la corte imperiale, disintegrato il governo, dissolte le armate cinesi, spariti i boxers, le truppe alleate eliminarono ogni sacca armata e liberarono tutti gli occidentali e i cristiani cinesi della capitale cinese. Molte erano state le vittime di quei due mesi di terrore e molte furono le vittime della conseguente rappresaglia.
I combattimenti proseguirono per ancora vari mesi sul resto del territorio cinese e il 21 gennaio 1901 le truppe italiane parteciparono all’occupazione di Tientsin. I negoziati di pace durarono a lungo e le trattative concluse nel settembre del 1901 imposero alla Cina una serie di pesanti condizioni, tra cui il diritto per le potenze occidentali di conservare ed eventualmente ampliare le preesistenti concessioni, nonché di mantenere guarnigioni permanenti armate a difesa delle rispettive legazioni e comunità.
In base a tali clausole, l’Italia mantenne in concessione a Tientsin la fascia territoriale di mezzo chilometro quadrato che aveva occupato alla fine del gennaio 1901 sulla sinistra del fiume Pei-Ho, chiaramente delimitata da una lunga banchina eretta per circa 900 metri. Il governo di Roma quindi, ritirò la maggior parte dei militari mantenendo in Cina un corpo di occupazione costituito da 619 bersaglieri a Pechino e da 400 Fucilieri di Marina a Tientsin. Successivamente, nel 1902, il contingente fu ridotto a 440 uomini e 32 ufficiali. Nei primi mesi del 1905 infine, anche quell’ultimo contingente d’occupazione, agli ordini del suo comandante colonnello Giovanni Ameglio, partì verso l’Italia a bordo del piroscafo Perseo scortato dall’incrociatore Puglia. A sostituirli in via permanente, provvide un distaccamento di 250 Fucilieri di Marina appoggiati da una unità di carabinieri.
Dalla Cina, i Fucilieri di Marina passarono ad azionare in Libia per lo scoppio del conflitto italo-turco del 1911 e le loro unità con la loro bandiera di guerra furono decorate di Medaglia d’Oro per le meritorie azioni effettuate. Con un corpo di 1605 uomini al comando del Capitano di Vascello Umberto Cagni, infatti, furono proprio i marò a conquistare i porti di Tripoli, Bengasi, Derna e Homs.
Le stesse unità dei Fucilieri di Marina, nuovamente inquadrate nel 1915 nella “Brigata Marina” del regno d’Italia, si distinsero in più occasioni nel corso della Prima Guerra Mondiale, specialmente quando le loro capacità anfibie tornano vantaggiose nell’offensiva del Piave del 1918 e, soprattutto, per l’eroica difesa della città di Venezia, tanto che i veneziani manifestarono voler onorare il valore di quei fanti di marina, nientemeno che con l’attribuzione del nome e dello stemma – il leone alato dorato – del loro santo patrono: San Marco. Finita la guerra, il 17 marzo 1919 con decreto N.444 del re Vittorio Emanuele III, venne solennemente costituito in Venezia il “Reggimento Marina San Marco” su quattro battaglioni: Bafile, Grado, Caorle e Golametto.
In seguito ai gravi disordini verificatisi in Cina nel 1924 nel contesto della lunga guerra civile, il distaccamento italiano con sede a Tientsin fu rafforzato con l’invio di altri 300 Fucilieri di Marina che giunsero al porto di Shangai con la regia nave Libia, e il 5 marzo 1925 ci fu la cerimonia ufficiale d’insediamento del così costituito “Battaglione Italiano Regia Marina in Cina”. Dopo un anno, ad aprile del 1926, fu inaugurata la nuova caserma intitolata a Ermanno Carlotto, una grande solida e funzionale struttura tuttora attiva come sede di uffici pubblici. Per il Natale di Roma, il 21 aprile 1932, Edda Ciano visitò il battaglione dei fucilieri San Marco e il 13 aprile 1928 il battaglione ricevette la visita del giovane ex-imperatore della Cina Pu-Yi – il famoso ultimo imperatore – che allora viveva a Tientsin e per l’occasione tutti i Fucilieri di Marina sfilarono in magnifica parata.
Al momento dell’entrata dell’Italia nella seconda guerra mondiale, il 10 giugno 1940, la concessione italiana di Tientsin era presidiata da 300 marinai del San Marco e dopo Pearl Harbour, quando i giapponesi completarono l’occupazione della Cina disarmando e prendendo in consegna tutti i presidi stranieri, l’unica eccezione fu la concessione italiana di Tientsin. Dopo l’8 settembre però, la maggior parte dei marò italiani furono fatti prigionieri dai giapponese e furono internati in Manciuria per poi, alla fine della guerra, essere trasferiti in Giappone e mantenuti prigionieri dagli americani fino al 1947.
Quell’epopea della seconda guerra mondiale vide i Fucilieri del San Marco operare principalmente nell’Egeo e soprattutto in Nord Africa. La bandiera del Reggimento San Marco fu l’ultima bandiera militare dell’Asse ad abbassarsi in Africa, a Biserta il 9 maggio 1943. Il generale tedesco Hans-Jürgen Armin, successore di Rommel a capo dell’Afrika korp, affermò che il San Marco aveva i migliori soldati che avesse mai comandato. Dopo l’8 settembre alcuni reparti andarono a combattere per la RSI mentre il reggimento con molti dei suoi battaglioni si unì alle forze Alleate, e nel 1945 furono ancora i marò a liberare Venezia sbarcando per primi in laguna.
Il 1º gennaio 1965 la Marina Militare ricostituì il San Marco come battaglione, inquadrandolo nella 3ª divisione navale la cui base venne stabilita a Taranto, presso i Baraccamenti Cugini. E la bandiera di combattimento fu solennemente riconsegnata al battaglione il 10 giugno 1965 a Napoli, a bordo della nave Garibaldi, alla presenza del capo del governo Aldo Moro e del ministro della difesa Giulio Andreotti.
Nel giugno del 1971 – cinquanta anni fa – il “Battaglione San Marco” si trasferì da Taranto a Brindisi presso lo storico castello Svevo, dove risiede formalmente tutt’oggi, anche se dalla fine degli anni ’80 è accasermato nella nuova sede Ermanno Carlotto appositamente costruita nella vicina contrada Brancasi. Nel 1992 il Battaglione San Marco divenne Raggruppamento Anfibio San Marco e nel 1999 prese la denominazione di Forza da Sbarco della Marina Militare. Il 1º marzo 2013 infine, riacquisì la sua storica denominazione di “Brigata Marina San Marco” conservando il suo motto originale “per mare, per terram”.
E dal 2008, proprio all’interno del castello Svevo di Brindisi trova degna e consona ospitalità la suggestiva “sala storica” del San Marco, in un grande fabbricato prospicente alla piazza d’armi che negli anni ’70 e ’80 era adibito a dormitorio dei marò del battaglione. La sala offre un emotivo percorso tra foto, illustrazioni, video, armi, mezzi, uniformi, bandiere, medaglie, trofei, cimeli, documenti, fatti e personaggi che nei secoli hanno plasmato la storia della venturosa vita dei fucilieri di marina italiani.
La storia moderna del San Marco – che è la storia del San Marco brindisino – dovette registrare la prima vittima militare italiana in una missione di pace all’estero: la missione in Libano partita da Brindisi il 21 agosto del 1982, in cui il fuciliere Filippo Montesi rimase mortamente ferito il 15 marzo 1983. Dopo il Libano, il Medio Oriente e l’Oceano Indiano divennero i nuovi orizzonti dei fucilieri del San Marco brindisino. Nel Golfo Persico a difesa delle navi attaccate dalle incursioni dei barchini dei pasadarn iraniani. In Kurdistan a protezione delle popolazioni curde investite dai gas iracheni. In Somalia per coprire l’evacuazione del personale delle Nazioni Unite. Nuovamente vicino casa, attraverso le acque dell’Adriatico nei tribolati paesi balcanici dilaniati da una prolungata guerra civile. Poi in Iraq e quindi in Afghanistan, sia con attività di addestramento e sorveglianza e sia di combat. Inoltre, sulle navi mercantili a difesa del commercio contro i pirati che infestano il Golfo di Aden e l’Oceano Indiano. Missioni che continuano, nonostante l’amara esperienza che, iniziata il 15 febbraio 2012 sulla petroliera italiana Enrica Lexie al largo delle coste indiane di Kelala, si è appena giuridicamente conclusa.
Adesso, la Brigata San Marco, basata su tre reggimenti, sul gruppo mezzi da sbarco, unitamente al quartier generale e al battaglione scuole Caorle, con un totale di circa 3800 marinai è al comando di un contrammiraglio – dal 20 giugno 2020 il contrammiraglio Luca Anconelli – e conta su tre navi d’assalto anfibio LPD Fincantieri, San Giorgio – San Marco – San Giusto, con supporto aereo degli elicotteri Agusta-Westland e Augusta-Bell. Una Brigata in grado di svolgere sul territorio nazionale e in ambito internazionale azioni che vanno dalla difesa delle installazioni e dei siti sensibili del territorio, al raid anfibio, al concorso in ambito antipirateria fino al supporto combat in qualità di forza speciale, per far fronte in maniera sempre più efficace alle dinamiche esigenze operative delle forze armate italiane, sia in contesti di pace e sia nei malaugurati contesti di guerra.
Ma Brigata vuol dire soprattutto uomini che quotidianamente con serietà e abnegazione si preparano e si addestrano alla prontezza e durezza d’intervento, alla flessibilità e mobilità d’impiego, nonché allo stesso tempo a potenziare e forgiare le proprie qualità tecniche ed umane nella moderna ottica della cooperazione nazionale e multinazionale in campo umanitario. A solo esempio, l’operazione del 2009, quando il San Marco supportò nel giro di poche ore la popolazione civile dell’Aquila e di Amatrice colpite dal devastante sisma o, ancor più recentemente, il supporto del San Marco alla popolazione di Brindisi in emergenza sanitaria per il covid-19.
E con quegli uomini della “Brigata Marina San Marco” tutto ciò avviene, anche a riflettori spenti, costantemente tutti i giorni in terra di Brindisi, da sempre e per sempre terra di mare e terra di marinai. Tutti a Brindisi abbiamo avuto ed abbiamo più di un parente e più di un amico marinaio, quando marinai non lo siamo anche stati in prima persona. Certo, i tempi son cambiati e continueranno a cambiare, i nostri marinai sono ormai tutti professionisti altamente qualificati e dagli orizzonti sicuramente più vasti e più aperti di quelli che scrutarono coloro che li hanno preceduti negli anni e nei secoli indossando quella loro stessa divisa. Però, quel voluminoso bagaglio raccolto di volta in volta negli angoli più disparati del mondo – e dopo secoli di storia portato fino a Brindisi cinquanta anni fa colmo di battaglie sacrifici caduti medaglie eroi e gloria – con tutto il suo prezioso carico sicuramente continua e continuerà allo stesso modo di sempre ad animare sostenere e foggiare i tanti bravi fucilieri del San Marco, orgoglio brindisino.