di Giancarlo Sacrestano
La nota di questa settimana è una vera avventura culturale e lega, indissolubilmente Brindisi al mare e alla sua notevole cultura. Sebbene il titolo corrobori una forte iniziazione culturale, tratta volutamente dal titolo del progetto del Monumento, realizzato con bando pubblico dall’Architetto Luigi Brunati e lo scultore Arrigo Bartoli, vale la pena sottolineare che il titolo dato dai progettisti era “STA COME TORRE” rilevato direttamente dalla Divina commedia: (Dante – Purgatorio Canto V – dialogo con Virgilio). Di cui il Monumento è allegoria.
È questo l’atto principale ed ineludibile che trasforma l’enorme struttura in un vero colosso della cultura italiana che si inginocchia dinanzi agli “immortali”, i circa 40.000 caduti in mare, durante le guerre o in pace.
Dice il motto: “non esiste vento favorevole per il marinaio che non sa dove andare” (Seneca). Chi naviga nei pressi di Brindisi, l’alto TIMONE diventa faro, punto di riferimento e di stima per ogni navigante.
Il Monumento Nazionale al Marinaio d’Italia e la bella e suggestiva cripta sottostante, che custodisce la memoria dei tanti, troppi caduti in mare – circa 40.000 – per causa di guerre e in pace.
Un buon viaggio per comprendere il profondo significato del Monumento e la sua Cripta, parte proprio dalla stupenda sala liturgica, posta al pianoterreno con accesso dal lato a mare del grande monumento.
Al termine degli incontri in Cripta, guidati da Assoarma, il suono del silenzio ad onore e Lode dei circa 40.000 caduti nelle guerre e in pace, rappresenta il momento alto dell’ascolto del Sacro Silenzio. Qui non nascondo che chi scrive è il narratore e rievocatore storico che aiuta ogni celebrazione ed ogni incontro.
Nell’ala laterale destra si trova la targa che ricorda il Marò Filippo Montesi morto appena 22enne, nel marzo del 1983 a Roma dopo essere stato gravemente ferito a Beirut.
Il rintocco della campana di bordo della Corazzata “Benedetto Brin” è consentita durante la elevazione dell’Altissimo Sacramento, nel corso della Santa Messa ed alla Preghiera del Marinaio, che accomuna gli intervenuti con i 40.000 che all’ingresso della Sacra Cripta su un pavimento di granito nero sono definiti “EXALTAVIT ILLOS”, i nostri “immortali” i cui nomi e dati essenziali, sono stampati nel vasto ed austero granito nero, che circonda la Sacra Cripta.
Al fine della sua notevole forza evocativa, alcuni riferimenti che narrano i fatti antecedenti e quelli che caratterizzarono la costruzione del notevole Monumento a cui manca la piena consapevolezza di troppi brindisini, che com’è prassi, tardano a comprendere a beneficiare delle grandi lezioni della storia, che non è commedia ma racconto spietato del tempo e delle anime.
Il 2 maggio del 1914, con nota del giorno successivo, la neutralità italiana fu presa nel Consiglio dei ministri e diramata il 3 mattina. In essa si leggeva: “Trovandosi alcune potenze d’Europa in istato di guerra ed essendo l’Italia in istato di pace con tutte le parti belligeranti, il governo del Re, i cittadini e le autorità del Regno hanno l’obbligo di osservare i doveri della neutralità secondo le leggi vigenti e secondo i princìpi del diritto internazionale”.
La prima guerra mondiale scoppiava il successivo 28 luglio 1914 con la dichiarazione di guerra dell’Impero austro-ungarico al Regno di Serbia, in seguito all’assassinio dell’arciduca ed erede al trono Francesco Ferdinando, avvenuto il 28 giugno 1914 a Sarajevo.
in quei mesi fu la politica italiana a farla da padrone, chiamando in causa il popolo e la nazione nel richiamo al patriottismo e forzando o surrogando le istituzioni.
Seppur maggiori in termini numerici agli interventisti, i neutralisti non avevano dalla loro parte gli organi di stampa e le istituzioni politiche che potevano smuovere le masse.
L’urgenza politica fece dei giornali un’arma per indirizzare le masse: la rivista di carattere interventista “LACERBA” divenne del tutto “politica”, la GAZZETTA DEL POPOLO di forte impronta unitaria si schierò nettamente a favore dell’intervento, il CORRIERE DELLA SERA si schierò via via con i neutralisti, nel corso dei dodici mesi successivi, quindi, cambiarono posizione e portarono all’entrata in guerra, divenendo più numerosi degli interventisti.
Il 13 maggio del 1915 si dimetteva Giovanni Giolitti ministro dell’interno e con Salandra presidente del consiglio, si recarono dal re, mentre D’Annunzio e Mussolini su IL POPOLO D’ITALIA e su L’IDEA NAZIONALE elettrizzavano il clima minacciando una guerra civile.
Giolitti arretrò e rinunciò a fare appello alla “sua” piazza, che del resto, taceva, mentre Salandra, associato volente o nolente alla piazza del popolo patriottico, prevalse.
La Camera dei Deputati il 20 maggio, si piegò!
Durante il rientro della crisi di governo del maggio 1915, Salandra, presidente del Consiglio, si presentò alla Camera e fece votare i crediti di guerra.
Era il 20 maggio 1915. L’Italia entrò in guerra il 24 maggio successivo.
Nella flotta della Regia Marina esisteva una rete relativamente efficiente di spie avversarie, che oltre a raccogliere informazioni avrebbe messo anche a segno alcuni colpi eclatanti, come l’affondamento della corazzata “Benedetto Brin” a Brindisi; nonché l’affondamento della “Leonardo da Vinci” a Taranto, ambedue vennero attribuite a sabotatori ma, col tempo, queste ipotesi vennero considerate totalmente inattendibili.
A loro volta i servizi informativi della Marina diretti dal capitano di vascello Marino Laureati misero a segno un colpo in territorio svizzero, riuscendo a penetrare l’ambasciata austroungarica in Svizzera e ottennero una lista di agenti nemici in Italia, in quello che venne denominato il colpo di Zurigo.
Da quella operazione si comprese che le esplosioni delle due corazzate non erano state manovra di sabotatori austro-ungarici, ma drammatici e prevedibili incidenti di bordo.
Tra il 24 maggio ed il 3 novembre 1918, l’intera durata della guerra italiana, furono 6 milioni gli italiani chiamati alla guerra.
9 milioni i morti totali durante la guerra, poco meno di 700 mila furono gli italiani caduti. 450 mila italiani restarono mutilati e l’economia era in ginocchio.
La prima guerra mondiale era costata all’Italia una cifra odierna di circa 150 miliardi di euro, ovvero 150 milioni di euro al giorno!
Nel 1914 la Regia Marina aveva deliberato di realizzare a Brindisi, come a Venezia un idroscalo, ovvero il primo esempio di sviluppo aereo della Marina e fu l’esempio principale del perché proprio nella città del basso adriatico si realizzò una delle sedi più attive della forza di Mare, denominata “SENTINELLA DELL’ADRIATICO” per la sua forte connotazione di base di difesa ed attacco che impediva il transito delle navi austro-ungariche in entrata o uscita dal mare Adriatico. Nessuno lo sapeva ma a Brindisi nasceva la Regia Aeronautica.
Per la precisione dominava, con propri interventi marini ed aerei lo spazio tra Puglia ed Albania. Particolare attenzione allo sbarramento la sosteneva una lunga e sottomarina linea di mine da Otranto verso Corfù che letteralmente sbarrava la navigazione alle navi nemiche.
Il 27 settembre 1915, dopo poco appena 4 mesi di guerra, a Brindisi, esattamente nell’avamporto, esplodeva la corazzata “Benedetto Brin” che per ragioni di guerra era, come la sua consorella, la “Leonardo Da Vinci” a Taranto, sempre in attesa di salpare, pertanto con i motori sempre accesi.
Erano da poco trascorse le 8 del mattino ed una forte deflagrazione la fece esplodere.
Ben 456 uomini di bordo morirono ed altrettanti, pur feriti, si salvarono.
Sei mesi dopo, anche la Corazzata “Leonardo da Vinci” subì la stessa esplosione e nonostante si pensò che si potesse trattare di un medesimo progetto di sabotaggio austro-ungarico, fu stabilito che la triste sorte delle corazzate fosse dipeso da un cattivo posizionamento della Santabarbara rispetto alle Caldaie.
Le immediate azioni di assistenza e di salvataggio portarono tutti sul lungomare brindisino, nei pressi dell’Hotel Internazionale, dove fu allestita una infermeria. L’eclatante esplosione che aveva distrutto buona parte delle finestre del centro abitato, trasformò Brindisi in un centro di grande accoglienza e solidarietà e della ferale notizia di centinaia di morti, l’amministrazione dispose la sepoltura, di tutti i caduti, nel cimitero comunale della città.
Ancora oggi il famedio militare è composto da ufficiali della “Benedetto Brin”.
Nel primo bimestre del 1916 e per la fortissima tensione che si era sviluppata in Jugoslavia con l’esercito Serbo ridotto alla fuga, Brindisi e la Regia Marina realizzarono il più imponente transito di fuggiaschi serbi, oltre 115.000. Di quella operazione è ancora visibile sulla costruzione della nostra Guardia Costiera, una grande lastra di bronzo.
La guerra fu tremenda, ma splendido fu il popolo brindisino che testimoniò alla storia la sua identità di gente e di luogo dell’accoglienza e della ospitalità, anche quella estrema!
Il 4 novembre del 1918 il generale Diaz dichiarò agli italiani l’avvenuta vittoria della Guerra, ma l’Ammiraglio Paolo Thaon di Revel Comandante anche della base della Regia Marina di Brindisi, il successivo 12 novembre emise il bollettino n. 38 della vittoria, dedicata proprio ai marinai italiani, che erano stati quelli che alla guerra avevano contribuito in maniera molto efficace e proprio da Brindisi.
Il bollettino venne firmato a Brindisi. A scrivere quel messaggio fu il maggiore letterato del tempo: Gabriele D’Annunzio.
In quel tempo, che era un frastuono, anche Brindisi intraprese la strada per il proprio sviluppo, ma la cronaca della guerra aveva costruito una immagine nuova che non doveva morire. Brindisi era città di pace!
Nel 1924 l’amministrazione comunale votò l’iniziativa di proporre al bando nazionale, la sede della città di Brindisi per la realizzazione del Monumento Nazionale al Marinaio d’Italia.
La storia si sviluppò con la forte partecipazione della popolazione, ma anche del tenore leccese, Tito Schipa, nominato l’usignolo di Lecce, che promosse la realizzazione a Brindisi del Monumento, eseguendo concerti di beneficenza e raccogliendo una forte somma di denaro che fu elargita alla Lega Navale Italiana che era la titolare del progetto.
Alla fine del 1929, il bando fu attribuito al progetto redatto dall’architetto Luigi Brunati e lo scultore Amerigo Bartoli.
Il nome del loro importante intervento era “STA COME TORRE” ovvero la frase di Virgilio a Dante inserita nella Divina Commedia.
L’intero progetto deve essere interpretato come una evoluzione architettonica delle tesi filosofiche dantesche. Oggi ancora pienamente percepibili se si procede ad una attenta visita e perlustrazione della grande torre.
Nel breve volgere di soli due anni la costruzione in calcestruzzo armato e carparo, pietra tufacea giallastra locale, prese forma e fu terminata ed il 4 novembre del 1933 il Re d’Italia, Vittorio Emanuele III, attorniato dai nobili e notabili ed una alta presenza di militari, inaugurò il Monumento Nazionale al Marinaio d’Italia, nella cui Cripta erano stati trascritti incidendoli nel granito nero, i nomi dei circa 6.800 marinai caduti durante il conflitto.
Sempre all’interno della Cripta a sovrastare l’altare, una raffigurazione in bronzo della Madona “Stilla maris” (goccia del mare) realizzata dallo scultore Amerigo Bartoli che non aveva nascosto, almeno ai più accorti dei suoi collaboratori, che la musa di riferimento, era la Signora Virginia Lavagna, sua amante.
Nel 1955 nell’alcova posta a 50 metri d’altezza, l’Arcidiocesi di Brindisi, per il tramite del suo Arcivescovo Nicola Margiotta, donò al Monumento la bella raffigurazione di Maria “Stilla Maris”, alta ben 4,50 metri e che da allora benedice i tanti naviganti che approdano, partono e la popolazione della città che non le manca il rispettoso saluto.
Nell’agosto del 1965, l’allora Ministro della Difesa Giulio Andreotti inaugurò nella piazza inferiore del Monumento, l’ara votiva, abominevolmente sempre spenta, mentre nel 1968 a seguito di lavori di dragaggio nell’avamporto fu rinvenuta la campana di bordo della “Benedetto Brin”, che fu immediatamente custodita proprio nella Cripta, nei pressi dell’altare. Dal 2014 l’Organizzazione militare Assoarma, cura e promuove le iniziative liturgiche e culturali del Monumento