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Morì di tumore perché non gli prescrissero la tac: imputazione coatta per due medici nel Tarantino

Il Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Taranto, Pompeo Carriere, ha rigettato la richiesta di archiviazione della Procura della Repubblica jonica disponendo l’imputazione coatta nei confronti di due medici della clinica Villa Verde e del presidio ospedaliero Valle d’Itria di Martina Franca, indagati per la morte di un 47enne tarantino avvenuta nel 2019 per un tumore al rene: i due rispondono del reato di omicidio colposo in cooperazione, in quanto – secondo la prospettazione della vicenda da parte dei genitori della vittima – non avrebbero svolto gli accertamenti necessari a diagnosticare la patologia oncologica dell’uomo.
In particolare, pur osservando nel corso di tre esami ecografici la presenza di una cisti renale già potenzialmente sospetta, non avrebbero prescritto con urgenza al paziente, poi deceduto effettivamente per un cancro al rene, una valutazione specialistica da parte di un urologo e gli esami diagnostici di secondo livello, ovvero la tac con mezzo di contrasto. Mediante l’accertamento, infatti, si sarebbe potuta osservare la stadiazione del tumore e poi procedere con le cure adeguate.
Sebbene le consulenze tecniche svolte nel corso delle indagini preliminari non siano state in grado di stabilire con certezza se una diagnosi più precoce avrebbe salvato la vita del 47enne, il Gip, nel provvedimento di imputazione coatta, ha ritenuto con una alta probabilità logica che il corretto approccio terapeutico avrebbe comunque potuto allungare la sopravvivenza del paziente o almeno limitarne le sofferenze.
Marina Poci
(immagine di repertorio)