Morto a 100 anni il comandante Vincenzo Cafaro, uomo di mare e di parola

di Giancarlo Sacrestano per il7 Magazine

Lo scorso 30 maggio aveva compiuto i suoi 100 anni e l’uomo piagato e impoverito dalla sofferenza, ha celebrato, con la famiglia, quell’importante incontro con la vita. Lo scorso 15 Luglio, dalla stessa Mesagne, dove era ricoverato in una casa di assistenza e cura, mentre vedevo la processione della Patrona, la Madonna del monte Carmelo, una telefonata mi annuncia la morte del comandante Vincenzo Cafaro, uomo integro e dignitosamente assolto nel suo compito di testimone storico di un episodio che molti di noi non racconta nulla.
Ancora 21 enne, il giorno dopo l’armistizio dell’8 settembre 1943, i tedeschi lo arrestarono ed internarono in un lager in Germania.
Vincenzo Cafaro, all’epoca Capitano di Fregata a bordo della nave Maestrale, il cui ruolo e la funzione di uomo di mare, non gli consentì errori e con i suoi amici marinai aveva provveduto all’autoaffondamento della nave, perché non cadesse nelle mani tedesche e costretto alla prigionia, non esitò di decidere di vivere l’altra resistenza, di chi non potendo lottare con le armi, non volendo accettare l’invito tedesco a rientrare nella Italia fascista della Repubblica di Salò, decise di lottare per il futuro, per l’Italia e l’Europa che sarebbe dovuta venire dopo la guerra.
Sarà che il teorema del mare gli diede sostegno, ma sognò e vide realizzato il suo sogno di una Italia libera e democratica, lontana dalle dittature e dalle guerre.

Cafaro Vincenzo era nato a Muro Leccese il 30 maggio 1922.
Arruolato volontario nel CEMM in qualità di allievo cannoniere dal 1 10 1941, poi sottocapo cannonieri dal 1° ottobre 1942.
Destinazioni Maridepo Taranto, dal 4 novembre ’40 al 6 11 ’40; Mariscuola/ Mariottica Pola dal 7 11 ’40 al 13 6 1941: Imbarcato su nave Maestrale dal 14 giugno ’41 all’8 settembre ’43.
Nave Maestrale era giunta a Genova il 3 settembre 1943, iniziando i lavori di grandi riparazioni. L’armistizio del successivo 8 settembre, sorprese la nave ancora ai lavori, in bacino di carenaggio; il 9 settembre 1943 fu autoaffondata dall’equipaggio.
Il Comandante Vincenzo Cafaro, con altri dell’equipaggio fu Internato in Germania dal 9 settembre ’43 all’ 11 settembre ’45.
A lui venne attribuita la nomina di I.M.I. (Internato Militare Italiano) a cui non era garantito l’ausilio della Croce Rossa o del trattato di Ginevra. Gli I.M.I. erano per i tedeschi dei “prigionieri volontari” che per il 95% dei casi non accettò l’invito dei nazisti di aderire alla Repubblica Sociale di Salò, per rientrare liberi ed alleati in Italia.
Quasi tutti scelsero la tragica e difficile vita dell’altra resistenza, quella vissuta nei lager, dove in circa 80.000 di loro, persero la vita per le vessazioni e le difficili condizioni di vita a cui erano ridotti, in caso di risposta negativa all’opzione tedesca.
A seguito della profonda devozione alla resistenza militare in lager, Cafaro fu insignito con il distintivo d’onore “patrioti volontari della libertà” il 5 12 1979: FOM.n.97 del 5.12/1979 – Art.5 – con la seguente motivazione: Il Tenente di Vascello (CEMM) s.p. Vincenzo CAFARO, essendo stato deportato nei lager ed avendo rifiutato la liberazione per non servire l’invasore tedesco e la repubblica sociale durante la resistenza, è stato autorizzato a fregiarsi, ai sensi della legge 1 dicembre 1977 n.907, del distintivo d’onore per il Patrioti Volontari della Libertà, istituito con decreto luogotenenziale 3.5.1945 n.350.
Il “patriota volontario per la libertà” è un riconoscimento istituito dal Regno d’Italia, il 3 maggio 1945, per premiare coloro che avevano partecipato alla lotta armata, seppure in lager, della resistenza italiana, durante la seconda guerra mondiale.

Da uomo libero e di parola, dal 2014 era divenuto a Brindisi importante punto di riferimento di ASSOARMA Brindisi in cui unì il pensiero e la preghiera per la morte dei tanti marittimi caduti per mare di cui è memoria la Sacra Cripta del Monumento Nazionale al Marinaio d’Italia di Brindisi
La sua integra ed inamovibile personalità guidava il cammino dell’importante Organismo militare, alla cui guida c’era il Gen. Giuseppe GENGHI.
Ogni prima domenica del mese era il primo ad omaggiare i Caduti della Cripta.
La prima sedia della prima fila era la Sua e nel lungo ed attento silenzio ascoltava, rifletteva e pregava con tutti.
Dopo ogni relazione storica, umilmente mi recavo da lui, per il primo saluto e tenero e forte era il suo emozionato abbraccio.
Alla fine della celebrazione del rito, saliva all’ambone per regalarci una sua somma di saggezza e a tutti ricordava che era importante quella nostra assemblea per ricordare tanti caduti.
Particolarmente sentita era la sua reazione ad ogni relazione storica riguardante gli I.M.I. Onore e Lode all’uomo di mare e all’uomo di parola che tanto mancherà Brindisi.