Papa Pascalinu, anniversario della morte di uno dei brindisini migliori

di Alessandro Caiulo per il7 Magazine

Corre in questi giorni un anniversario davvero particolare da non far passare sottotraccia in quanto riguarda uno dei personaggi più noti ed importanti, da ogni punto di vista, della Brindisi del secolo scorso. Di quelli, per usare una frase fatta, che hanno segnato un’epoca.
Cominciamo il nostro viaggio nel tempo salendo a bordo della immaginaria Delorean, il veicolo che, nella trilogia cinematografica diretta da Robert Zemeckis “Ritorno al futuro”, ha visto Emmett “Doc” Brown, interpretato da Christopher Lloyd e Marty McFly, interpretato da Michael J. Fox, viaggiare attraverso la storia della loro città, Hill Valley, e che vedrà noi fare salti indietro nel tempo per immergerci nella Brindisi del canonico Pasquale Camassa, morto il 10 dicembre 1941 a Mesagne, a seguito delle ferite che aveva riportato nel corso del terribile bombardamento britannico che la nostra città ebbe a subire nella notte fra il 7 e l’8 novembre di quello stesso anno.
Bombe piovute dal cielo che costarono morte e distruzione e che misero in ginocchio una città che, in trenta secoli di storia, non aveva quasi mai subito sconfitte e che fino a che gli attacchi erano venuti da terra o dal mare, grazie alle possenti mura, alle fortificazioni, ai castelli, alle batterie militari e, non ultime, alle difese naturali del suo porto, aveva sempre respinto gli attacchi nemici.
Iniziamo dalla vigilia di Natale del 1858, quando casa Camassa fu allietata dalla nascita del piccolo Pasquale, poche ore prima della nascita del Bambino Gesù.

Era l’epoca in cui la città di Brindisi, dopo che fra il Seicento e la prima metà del Settecendo, fra impaludamento del porto, pestilenze, terremoto, repressioni e crisi economica era stata ridotta ai minimi termini, stava, sotto la illuminata dinastia borbonica, rinascendo sotto vari punti di vista: le paludi vennero bonificate, il porto, grazie anche all’opera dell’ing. Andrea Pigonati, scelto personalmente da Re Ferdinando IV, non solo era stato riaperto, ma stava assumendo una importanza fondamentale nel cuore del Mediterraneo, in virtù del nuovo sistema stradale ed al sorgere di quello ferroviario che vedeva la città messapica caposaldo.
Anche con la dinastia Savoia, dopo la vittoria dei piemontesi e la conseguente unità d’Italia, il nuovo Regno puntò molto sul ruolo centrale di Brindisi, sia militare che commerciale: il che agevolò la rinascita urbanistica e culturale di una città che, fra la storia ed il mito, fu, ai tempi dell’antica Roma, fra le più importanti del mondo allora conosciuto.
Di lì a poco, a partire dall’apertura del Canale di Suez nel 1869, Brindisi divenne terminale europeo della Valigia delle Indie e per quasi mezzo secolo, fino all’inizio della Grande Guerra, tornò ad essere la principale via comunicazione tra il mondo occidentale e quello orientale, come non lo era più stato dai tempi delle Crociate e di Federico II, quando mercanti, pellegrini e soldati provenienti da ogni dove ed ovunque diretti, transitavano a migliaia da quello che era ritenuto il porto più sicuro al mondo.

Per non parlare poi del clima di esaltazione collettiva dovuto alla propaganda del regime fascista quando, per bocca dello stesso Benito Mussolini, “Brindisi potente al tempo dell’Impero Romano, dovrà ritornare al suo antico splendore”.
Questa premessa la ritengo fondamentale per poter comprendere lo spirito che guidò don Pasquale Camassa nel corso di tutta la sua vita terrena che lo vide sempre follemente innamorato della sua e nostra città ed in prima linea, anche fisicamente e con azioni eclatanti (come, ad esempio, quando nel 1925 impedì materialmente la demolizione di Porta Mesagne, già decretata dalle autorità, bloccandone gli esecutori, epiche furono anche le battaglie contro i tombaroli e i saccheggiatori del patrimonio archeologico cittadino), con un modo – per usare una frase indirizzata a me da parte di un’amica – quasi ultrà di rapportarsi all’aspetto culturale della città, finalizzato a farne conoscere la storia e difenderne, per usare un termine “camassiano”, gli avanzi monumentali.

Non dobbiamo dimenticare, però, che fu anzitutto sacerdote e che ebbe sempre a cuore la cura delle anime senza fare mai distinzione, nonostante le sue frequentazioni altolocate lo avrebbero potuto far accomodare su un piedistallo, fra la gente semplice ed umile e gli appartenenti ai ceti economicamente e culturalmente più elevati della città. Non a caso, la sua frase prediletta, contenuta anche in ricordino distribuito in sua memoria, recitava: “Unico, vero, santo ideale della vita è fare del bene; il resto è vanità ed afflizione di spirito”.
Nel 1889, alla morte di monsignor Giovanni Tarantini, gli succedette, per cinquanta anni, nella direzione del Museo Civico che era posto nel Tempietto di San Giovanni a Sepolcro, a pochi metri dalla sua abitazione di via Lauro, la stessa dove rimase ferito a seguito dei bombardamenti del 1941.
Grazie al suo impegno, al suo entusiasmo e, perché no, alle sue conoscenze dei potenti dell’epoca, quello che era, nei fatti, un semplice deposito di accozzaglie antiche, divenne un vero e proprio museo, il suo tetto fu rifatto, i reperti catalogati e, pur nell’angustia dello spazio disponibile, messi in ordine.

Una frase di papa Pascalino che aiuta a comprendere su come egli, con una visione davvero illuminata per quei tempi, intendeva l’approccio con la cultura è la seguente :“i musei devono rappresentare scuole aperte di vita, dove a tutti sia consentito di apprendere … poiché la cultura, come il sole, deve far sentire a tutti i benefici effetti della sua luce e del suo calore”.
Questo suo umano sentire fu anche la ragione per cui negli anni venti del secolo scorso istituì, a sue spese ed a casa sua, la “Biblioteca circolante di papa Pascalinu”, ricca di circa tremila libri che metteva a disposizione di tutti, con orari particolari di apertura, anche sul far della sera, per favorire anche gli operai ed i militari, allora molto numerosi in città, che, a differenza degli studenti, non potevano frequentarla di giorno. In questo modo supplì per molti anni, fino alla metà degli anni trenta, alla mancanza di una biblioteca pubblica veramente aperta a tutti dal momento che a quell’epoca, esisteva solo la antichissima e rinomata, quanto, all’epoca, elitaria, Biblioteca Arcivescovile Annibale De Leo, che era frequentata da prelati, illustri studiosi e dalla cosiddetta “crema di Brindisi” e non certo dai semplici studenti o da gente umile ma desiderosa di acculturarsi.
Nel 1897 scrisse la sua prima “Guida di Brindisi”, poi ampliata e perfezionata nel 1910, in cui non si limitava a dare indicazioni turistiche agli allora numerosi viaggiatori che transitavano per la città, diretti in Oriente o da lì provenienti, ma, con linguaggio al tempo stesso semplice e colto, da grande divulgatore qual era, illustrava anche l’importanza di Brindisi nella storia oltre che la sua bellezza e le sue peculiarità sia dal punto di vista monumentale che paesaggistico e naturalistico.

Il vero colpo di genio che lo ha consegnato alla storia o, per dirla con parole adatte alla sua epoca, all’imperitura memoria, il Camassa lo ebbe nel 1921 quando fondò la Brigata degli Amatori della Storia e dell’Arte; per far comprendere al meglio di cosa si trattasse, voglio utilizzare, a distanza di un secolo, le parole del suo fondatore: “Ogni giovedì, un’ora dopo il tramonto, nel museo civico di Brindisi, si radunano gl’intellettuali della città, appartenenti alla « Brigata degli Amatori della Storia e dell’Arte », associazione culturale, che si propone principalmente di mettere in maggior rilievo i nostri tesori monumentali e le interessanti vicende della nostra vita storica, per mezzo di conferenze e conversazioni, scevre di qualsiasi convenzionalismo accademico. Le conversazioni d’indole archeologica, storica, artistica si alternano colla trattazione di argomenti scientifici, letterari, pedagogici, svolti in forma accessibile ad ogni intelligenza, e accompagnati da proiezioni luminose; in modo che questo sodalizio funge anche da vera Università Popolare. Gli aderenti non sono vincolati da speciali norme regolamentari, né obbligati ad alcuna contribuzione pecunaria. Nei convegni settimanali, « Serate Brindisine», ciascuno può esporre il risultato dei propri studi, delle indagini, delle ricerche e delle sue personali opinioni intorno a soggetti fissati nella precedente adunanza. Questo cenacolo di studiosi è rigorosamente apolitico. Non ha un consiglio direttivo e amministrativo, ma un semplice ufficio di segreteria. La Brigata organizza delle gite culturali, a cui possono partecipare, non solo gli aderenti, ma anche i simpatizzanti”.

Questa è la ricetta segreta della Brigata di papa Pascalino che, dopo oltre un secolo, è ancora attiva ed attuale ed è uno dei suoi “figli spirituali”, il prof. Giacomo Carito, che ci spiega qual è l’eredità che Pasquale Camassa ha lasciato a Brindisi e ai brindisini: “Scrisse Friedrich Nietzsche che la passione per la storia antiquaria «è propria di chi guarda al passato con fedeltà e amore, riconoscendosi frutto ed erede di esso, tanto da non possedere alcuna fiducia nel futuro». Pasquale Camassa se certamente si riconosceva frutto ed erede di una tradizione non mancava di fiducia nel futuro della propria città; si può dire che in ogni sua opera cerchi le ragioni della passata grandezza di Brindisi per riproporle, ovviamente in nuova forma, quale fondamento di progresso non solo economico ma soprattutto morale e civile. Questo spiega perché, accanto all’attività di ricerca, prosecutore in tal senso dell’operato di Giuseppe Nervegna e Giovanni Tarantini, affiancò quella di instancabile divulgatore della storia e del patrimonio monumentale della città. A tale compito assolse sia con un’intensa attività pubblicistica, di cui gli esiti più noti appaiono costituiti dalle due edizioni della sua Guida di Brindisi e dai testi riferiti alla Romanità di Brindisi e ai Brindisini Illustri che facendo del civico museo, allora nella chiesa del Santo Sepolcro, punto d’incontro e discussione.

L’antico si apriva così a forme inedite per la città di pubblica fruizione e comprensione; nelle adunanze del giovedì, cui parteciparono come relatori storici di grande rilievo almeno regionale, si discuteva non solo del passato ma anche del futuro o dei futuri possibili per Brindisi. Dalle periodiche riunioni derivò la costituzione della Brigata Amatori Storia e Arte di cui si hanno notizie certe dal 1921; per la prima volta, attraverso lo strumento associativo, il museo si apriva all’apporto, come oggi si direbbe, della società civile. Allorché il regime fascista volle la costituzione per ogni regione delle Società di Storia Patria, si ebbe il 1935 un particolare decreto istitutivo per la sezione di Brindisi che, di fatto, fu ancora la Brigata Amatori Storia e Arte con diverso nome. Nel frattempo le condizioni di salute del canonico erano andate via via peggiorando e, per tale motivo, alla guida del sodalizio subentrò Ugo Bono, deputato del Regno d’Italia dal 1924 al 1939, allorquando fu nominato senatore, buon amico e grande estimatore di Pasquale Camassa. Proprio le pessime condizioni di salute impedirono al canonico di completare una vasta opera di individuazione, per ogni area della città all’interno delle mura vicereali, delle precedenze storiche; si trattava di un progetto che poi sarebbe stato portato a termine da Nicola Vacca con la pubblicazione di Brindisi Ignorata.

Camassa appare aperto alla lezione hegeliana molto più di quanto non lo fosse Giovanni Tarantini; il celebre aforisma del grande filosofo tedesco: «Non c’è niente di più profondo di ciò che appare in superficie» ben delinea l’incessante sforzo del canonico a non soffermarsi sul concreto apparire materiale di un fatto o di un oggetto nell’intento di disvelarne il senso nascosto. Del resto ogni sua iniziativa, dalla biblioteca circolante ai periodici, ai fogli volanti che per svariate circostanze pubblicava, è attuata nella convinzione, ancora di derivazione hegeliana, che «l’istruzione è l’arte di rendere l’uomo etico». Se tracce di hegelismo sono evidenti nel suo operare, inesistenti al tutto paiono invece quegli influssi gentiliani e crociani che pure furono, in dialettica contrapposizione, egemoni nel suo tempo. Morì Camassa nel 1941 ma non il sodalizio che aveva creato e che tuttora continua la sua attività nello spirito del fondatore. La Brigata Amatori Storia e Arte, sezione di Brindisi della Società di Storia Patria per la Puglia, è ora la più antica istituzione culturale cittadina e affianca, mantenendo in essere quello che era l’originario indirizzo dato da Camassa, alla ricerca la divulgazione.”