Progetto Policoro, condizione giovanile: si parte dall’ascolto

di Rosalba Cucci*

Lo smarrimento è stato, forse, uno tra i sentimenti maggiormente condivisi nel primo periodo post- pandemico. L’improvvisa libertà dalle mascherine (che qualche scrupoloso cittadino ancora utilizza), le strade piene di veicoli e persone affaccendate o con lo sguardo incollato allo smartphone, il chiasso e i polmoni pieni di quell’aria che, tanto a lungo, era stata costantemente filtrata hanno contribuito ad uno stordimento collettivo, dove l’ebbrezza della ritrovata libertà sopprimeva la ormai familiare paura del contagio.

Il medesimo senso di disorientamento è condiviso tuttora – a quasi un anno dalla chiusura dello stato di emergenza per contrastare la diffusione del Covid-19 – dagli alunni delle classi terminali che, in qualità di Progetto Policoro dell’Arcidiocesi di Brindisi-Ostuni, abbiamo voluto coinvolgere in un percorso di analisi del Rapporto Giovani 2022, redatto dall’Osservatorio Giovani dell’Istituto Toniolo – Ente fondatore dell’Università Cattolica con il sostegno di Fondazione Cariplo. Composto da più capitoli, lo studio ne presenta uno dove ad essere analizzata è la relazione tra i giovani e l’istituzione scolastica, che – come molti altri aspetti – è stata messa a dura prova dall’esplosione della pandemia.

Il fine ultimo dell’analisi dell’Osservatorio è quello di fotografare la situazione giovanile attuale, per favorire una presa di coscienza da parte della società su una condizione, quella dei giovani appunto, spesso oggetto sì di discussione ma, non sempre, di riflessione.
I casi di vandalismo e bullismo che, a più riprese, hanno interessato non solo la città di Brindisi ma, in generale, la nostra provincia, sono spia di un malessere diffuso in un tempo molto complesso, che ha messo a dura prova chiunque, figurarsi ragazzi e ragazze nel pieno dell’adolescenza, periodo di per sé contraddistinto dalla precarietà.

L’indignazione, lo sgomento et similia sono sentimenti che trovano un senso solo nel momento in cui lasciano posto ad una riflessione seria e puntuale, all’ascolto meticoloso e attento dei ragazzi, protagonisti di queste vicende o semplici spettatori, e di chi con loro ha a che fare quotidianamente.
Gli episodi di violenza di cui Brindisi è protagonista da alcuni anni a questa parte, acquisiscono nuova chiarezza se letti alla luce delle dichiarazioni che sono state raccolte nel corso dell’ascolto avviato contestualmente all’analisi del Rapporto Giovani di cui sopra. Interpellati a loro volta su come avessero vissuto il periodo pandemico – il rapporto con i coetanei e con gli insegnanti, il cambiamento di routine, i legami famigliari e la percezione della società -, gli alunni si sono lasciati andare a dichiarazioni più o meno intense, colorite ma, cosa importantissima, sincere. L’entusiasmo con cui siamo stati accolti, l’interesse e la partecipazione, che hanno permesso la nascita di vivaci dibattiti, hanno lasciato intendere che, se interrogati, i giovani desiderano condividere la propria condizione e non solo tramite il social di turno.

L’ampia varietà di classi incontrate, la moltitudine di indirizzi di studio, i differenti background degli alunni hanno permesso di raccogliere numerosi punti di vista, delineando un ventaglio di sentimenti ed emozioni via via più ampio.
Ad emergere, in primis, sono i sentimenti di rabbia e risentimento. Lungi dal bollare tali espressioni di malessere come mera ingratitudine delle nuove generazioni, forti di mezzi e opportunità inedite per chi le ha precedute, sarebbe forse opportuno cercare di comprenderne le cause. Interrogati circa le motivazioni alla base di tale turbamento, i ragazzi hanno condiviso quel senso di abbandono di cui, soprattutto nel periodo pandemico, si sono sentiti oggetto. Costretti davanti ad un computer non solo per le canoniche ore scolastiche, ma anche per i vari recuperi e corsi extra-curriculari, i compiti che parevano aumentare di pari passo con la disponibilità (presunta) di tempo, essi si sono sentiti oberati di lavoro, privi delle opportunità per distrarsi e non considerati nella loro individualità.

Ma non di sola frustrazione vive questa generazione. Molte le voci che si sono levate per sottolineare come il rallentamento dettato dalla pandemia abbia permesso loro, pur nell’inquietudine di non poter uscire di casa, di coltivare i rapporti con i famigliari, godendo della ritrovata relazione, ad esempio, con figure genitoriali purtroppo spesso assenti per i motivi più disparati. Emerge una sete di affetto che, se associata ai sentimenti menzionati, fa comprendere come, forse, certe espressioni di violenza – al netto di un’analisi di contesto che consideri altri aspetti, che qui non possono trovare soddisfazione – siano un grido d’aiuto, la volontà di rendersi visibili, anche se nel male.
Affibbiare alla pandemia di Covid-19 le responsabilità di un’intera generazione di educatori, però, non sarebbe corretto né dal punto di vista intellettuale che morale. Ciò che è meritorio di attenzione, però, è il fatto che essa abbia esacerbato aspetti di una società già allo sbaraglio. Puntare il dito contro la “crisi educativa” o abbandonarsi ad imprecazione di ciceroniana memoria non contribuirà al miglioramento del tessuto sociale.
Ciò che ci proponiamo di fare, attraverso la raccolta del dato locale, è confrontarlo con quello nazionale emerso dal Rapporto Giovani. Assieme a noi, il professore Alessandro Rosina, ordinario di Demografia e statistica sociale presso l’Università Cattolica del Sacro Cuore e coordinatore dell’Osservatorio Giovani – Istituto Toniolo, il quale il 10 marzo alle ore 16 presso il Teatro don Bosco di Brindisi ci accompagnerà in quello che sarà l’inizio di un percorso di condivisione e confronto con le diverse realtà del territorio, affinché si dia il via ad un processo per accettare le sfide, vivendo il cambiamento, organizzando la speranza.

* Animatrice di comunità
del Progetto Policoro
Arcidiocesi di Brindisi-Ostuni