Si toglie la vita in carcere l’uomo accusato di avere ucciso la moglie a Gravina

Giuseppe Lacarpia, il 65enne di Gravina in Puglia fermato con l’accusa di omicidio volontario aggravato dalla premeditazione, dalla crudeltà e dal vincolo di parentela della moglie 60enne Maria Arcangela Turturo, avvenuto la notte del 6 ottobre, si è tolto la vita in carcere la scorsa notte: il corpo dell’uomo è stato rinvenuto nella cella dagli agenti di Polizia Penitenziaria intorno alle 3. Non è chiara la dinamica della morte: alcune fonti riferiscono che si sarebbe impiccato, secondo altre indiscrezioni si sarebbe soffocato con un sacchetto di plastica. Proprio pochi giorni fa la Procura di Bari nell’ambito dell’indagine, aveva disposto la perizia psichiatrica per accertare che al momento dei fatti l’indagato fosse capace di intendere e di volere e potesse quindi ritenersi imputabile.
Lacarpia, secondo l’impostazione della Procura della Repubblica di Bari, avrebbe appiccato il fuoco alla propria autovettura, una Fiat Panda, all’interno della quale era presente la moglie. Riuscita a fuggire dall’automobile con ustioni parziali sul corpo, la donna sarebbe stata aggredita dal marito, che l’avrebbe immobilizzata in posizione supina sull’asfalto, gravando su di lei con il peso del corpo, posizionando le ginocchia sull’addome e esercitando con le braccia pressioni sullo sterno. Le fratture costali e la frattura del corpo dello sterno avrebbero quindi determinato la compressione del cuore ed il conseguente decesso della donna, per arresto cardiocircolatorio, avvenuto presso l’ospedale della Murgia. La signora Maria Arcangela, prima di morire in ospedale, era riuscita con le forze residue a raccontare alla figlia e alla Polizia quanto il marito le aveva fatto.
Lacarpia, già gravato di precedenti per reati contro il patrimonio e contro la persona (era stato in carcere, quasi 15 anni fa, con l’accusa di avere tentato di uccidere il figlio intervenuto per sedare una lite tra i genitori), ha dichiarato ai poliziotti e al magistrato (durante l’interrogatorio di garanzia) di aver perso il controllo dell’auto, di avere sbattuto contro un muretto (circostanza che avrebbe provocato l’incendio della Panda), di avere estratto il corpo della moglie dalla vettura, chiamando i soccorsi.
Una delle figlie della coppia ha invece riferito agli inquirenti che la madre, in diverse occasioni, le avrebbe confidato di temere per la sua vita. Per tre volte la vittima era stata ricoverata in ospedale a causa delle aggressioni subite dal marito.
Le liti tra i coniugi erano causate, sempre stando a quanto dichiarato dai figli, dai debiti contratti da Lacarpia nella gestione della propria azienda specializzata nell’allevamento di mucche e produzioni casearie.
Lo scorso febbraio l’uomo era già stato sottoposto a perizia psichiatrica nel corso di un processo per maltrattamenti ad animali in cui era stato prosciolto proprio perché dichiarato incapace di intendere e di volere. Era inoltre in cura da uno psichiatra e recentemente gli erano stati diagnosticati lievi sintomi del morbo di Alzheimer.
Non è ancora stato reso noto se la Procura barese disporrà eventuali accertamenti sul corpo di Lacarpia.
Marina Poci
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