
Alle 8 di mattina scendevano dal treno. La stazione di Latiano è una piccola palazzina dipinta con i colori tipici di uno scalo ferroviario di provincia. La pensilina del bar d’estate funziona anche da sala d’attesa, affacciata sul piazzale. Il piazzale della stazione di Latiano non è solo un luogo di transito, perché qui i treni sono pochi e i passeggeri – specialmente quando le scuole sono chiuse – si contano sulle dita di una mano. Il piazzale è una sorta di villa comunale, con gli alberi, le panchine, il bar, un piccolo parco-giochi e il campetto di basket. Così quella strana comitiva, che ogni mattina saliva sul treno a Mesagne e cinque minuti dopo scendeva a Latiano, non passava certo inosservata. Un ragazzo poco più che ventenne con la moglie, due bimbi di scuola materna, tre ragazzine truccate in maniera un po’ vistosa per la loro età, una delle quali incinta. Scendevano dal treno e si fermavano nel giardinetto davanti alla stazione. La mamma salutava i figli e andava in giro a elemosinare spiccioli per il paese, accampandosi poi all’uscita dell’Ufficio postale di via Cavour. Il papà si sedeva su una panchina e teneva d’occhio i marmocchi che restavano tutta la mattina a brancolare sul marciapiedi, cercando l’ombra e chiedendo l’acqua in continuazione perché con il vento africano di quei giorni faceva tanto caldo. Sulla panchina accanto si sedevano le tre adolescenti, di 15, 16 e 17 anni. A quell’età si parla di ragazzi, di musica, di vacanze. Loro stavano in silenzio. E aspettavano.
Nel piazzale della stazione si arriva da una strada lunga e dritta e da quando quella strana comitiva aveva preso a scendere dal treno ogni mattina e a occupare le panchine alberate, era un continuo viavai di auto che si fermavano a pochi metri. La più giovane delle ragazze, quella di 15 anni, incinta al quinto mese, si alzava dalla panchina, apriva lo sportello, si sedeva accanto al conducente e parlottava. Dopo un po’ scendeva e faceva un cenno alle altre due. Quelle a loro volta si alzavano dalla panchina, salutavano i bimbi che le rincorrevano nella piazza e montavano sull’auto. Il cimitero di Latiano si trova al di là del muro della ferrovia e della superstrada Brindisi-Taranto e dietro il camposanto ci sono i terreni agricoli. Mezz’ora dopo la stessa auto le riportava nel piazzale e loro tornavano a sedersi sulla stessa panchina. E’ andata avanti così, tutte le mattine, quasi per un mese. La voce si è sparsa presto in certi ambienti del paese, con quel passaparola perverso che procede sotto traccia davanti a una Dreher tracannata alle 10 del mattino, senza risparmiare particolari e soprattutto senza tralasciare i prezzi. Poco più del costo di quella birra.
Intorno al piazzale della ferrovia, oltre a due bar, ci sono le palazzine basse con i balconi che si affacciano proprio sulla stazione. In un mese nessuno si è accorto di nulla, o meglio nessuno ha denunciato nulla. Quei bimbi piccolissimi parcheggiati lì per ore, le ragazze che si allontanavano a bordo di auto conosciute, perché il paese è piccolo e tutti sanno tutto di tutti. Finché un giorno qualcuno si è stufato, o si è schifato. Ha chiamato i carabinieri e ha raccontato quello che, ogni mattina, succedeva nel cuore del paese. Per tre giorni i militari, in abiti civili, hanno sorvegliato con discrezione il piazzale, seguendo la strana comitiva sin dalla sua discesa dal treno. E hanno annotato modelli e targhe delle auto che si fermavano nel piazzale, assistendo sempre alla stessa scena: la quindicenne che saliva per completare la trattativa economica e solo quando l’accordo era giunta chiamava le altre due. Un piccolo viavai di utilitarie e persino un motoape 50 il cui conducente però (per sua fortuna) non si è accordato sul prezzo, cinque euro a ragazza e la seconda eventualmente sul cassone. C’era chi invece ci aveva preso gusto: un pensionato latianese di 77 anni, a bordo di una Renault rossa: cliente quotidiano, due ragazze per volta. Totale 10 euro.
Il terzo giorno, quando anche la quindicenne è montata su quella vettura, lasciando l’uomo e i due bambini sul piazzale, i carabinieri hanno deciso che gli elementi raccolti erano sufficienti e che anche il loro stomaco, sebbene a avvezzo ad affrontare le peggiori nefandezze, ne aveva avuto abbastanza. Il pensionato si è appartato con tutte e tre, poi ha fatto scendere le due ragazze più grandi e ha proseguito con l’auto in un appezzamento agricolo di contrada Marangiosa, insieme alla quindicenne. Qui, quando sono arrivati i militari, lui e la ragazzina si stavano spogliando sotto un albero. “Mi doveva aiutare a raccogliere la frutta”, l’ha buttata lì. E ci sarebbe stato anche da farsi una risata se non fosse che quella situazione faceva abbastanza schifo. Lo hanno arrestato. E negli stessi minuti ammanettavano l’uomo che era ancora nel piazzale della stazione con i bambini. Riannodare i fili di quella famiglia sgangherata, tutti rumeni residenti in un vecchio casolare alla periferia di Mesagne, non è stato semplice. I due bambini sono stati affidati alla mamma, le tre ragazze sono state spedite in due delle 39 case-famiglia (su 15 mila abitanti) che hanno trasformato Latiano nella capitale italiana dell’assistenza sociale privata. Anche questo un business che merita un approfondimento. Il giovane sfruttatore è stato rinchiuso nella casa circondariale di Brindisi: “Lo facciamo per mantenerci, mia moglie chiede l’elemosina e le ragazze si vendono ai vecchi”, ha ammesso guardando negli occhi il giudice come se tutto ciò fosse normale.
Il pensionato è tornato a casa, gli hanno concesso gli arresti domiciliari: deve assistere la moglie disabile e non hanno figli. Nel piazzale della stazione qualcuno nota il cronista aggirarsi tra le panchine: “Se cerca le ragazze, guardi che quelle non ci sono più”.
Gianmarco Di Napoli per IL7