Traffico di droga tra Spagna, Calabria, Albania e Puglia: 35 arresti di Polizia e Guardia di Finanza

Di Marina Poci per il numero 377 de Il7 Magazine
Due indagini distinte (una condotta dalla Squadra Mobile della Questura, l’altra diretta dal Nucleo economico-finanziario del Comando Provinciale della Guardia di Finanza), coordinate dallo stesso pubblico ministero della Direzione Distrettuale Antimafia della Procura della Repubblica di Lecce. Due filoni investigativi che, per un certo periodo, hanno viaggiato su binari paralleli e successivamente, una volta emersi molteplici elementi di coincidenza e convergenza, sono confluiti in un’unica richiesta di emissione di ordinanza di custodia cautelare al Giudice per le indagini preliminari del Tribunale salentino: si può riassumere così l’operazione che a partire dalle prime luci dell’alba del 20 novembre ha portato all’esecuzione di 33 misure restrittive in carcere e 2 agli arresti domiciliari (con applicazione di braccialetto elettronico), su una platea di 97 indagati. Tra loro ci sono anche tre brindisini, tutti condotti in carcere: si tratta di Pietro Leone, del ‘73, nato a Villa Castelli e residente a Martina Franca, Alex Nigro, del ’78, nato a Mesagne e residente ad Erchie, e Antonio Alvaro Montinari, del ’71, nato a Lecce e residente a Lendinuso, marina di Torchiarolo.
Le ipotesi di reato contestate a vario titolo ai 97 presunti sodali sono associazione a delinquere di tipo mafioso, traffico di sostanze stupefacenti, riciclaggio, autoriciclaggio, impiego di denaro, beni o utilità di provenienza illecita, trasferimento fraudolento di valori ed emissione di fatture per operazioni inesistenti. Dunque due i sodalizi criminali coinvolti (uno dei quali riconducibile ad una frangia leccese della Sacra Corona Unita, il clan Pepe-Brigante, gruppo Penza, al cui vertice – secondo la prospettazione della DDA – vi sarebbe Marco Antonio Penza, attualmente detenuto per associazione mafiosa a Nuoro): due gruppi autonomi e indipendenti, ma in rapporti di stretta collaborazione tra loro e con altre solide consorterie, vicine alle ‘ndrine calabresi e a gruppi spagnoli e albanesi a loro volta dediti al narcotraffico, da cui i salentini si sarebbero approvvigionati per poi spacciare nel tacco d’Italia.
A lavorare per “ripulire” i proventi delle attività illecite, ci avrebbe pensato, stando a quanto ricostruito dagli inquirenti, un consulente fiscale, il leccese Antonio Baldari, (già commercialista, autosospesosi dal relativo ordine già due anni fa, conosciuto sul web anche come Dottor Benessere), al quale sarebbe stato assegnato l’incarico di individuare i settori di mercato in cui investire. Cosa che ha consentito all’associazione di sviluppare non solo un’egemonia territoriale nel traffico degli stupefacenti ma anche un progressivo dominio sotto il profilo economico-finanziario attraverso l’acquisizione di una serie di locali pubblici (pub e ristoranti) ed esercizi commerciali che funzionavano come vere e proprie “lavatrici” degli utili del narcotraffico.
La formula fiscale prescelta era quella della cooperativa: imprese formalmente affidate a soggetti prestanome (quelli che nel linguaggio commerciali sono definiti “teste di legno”), nelle quali venivano assunti con laute retribuzioni (sino a 2.500 auro al mese) famigliari e sostenitori dei detenuti riconducibili ai gruppi criminali coinvolti. Cooperative nelle quali nessuna attività lavorativa è stata riscontrata nel corso delle indagini, ma nelle cui casse giungevano somme di denaro contante di volta in volta versate sui rispettivi conti correnti societari (anche per diverse decine di migliaia di euro), che oltre al pagamento degli stipendi di cui sopra, venivano impiegate anche per il “mantenimento diretto” degli affiliati in carcere. Una quota dei contanti veniva inoltre destinata ad altre imprese conniventi, che provvedevano ad acquistare autovetture di lusso date in uso (di fatto) ai pregiudicati e ai loro famigliari.
Dietro il sistema di riciclaggio, che avrebbe compreso anche operazioni di trasferimento all’estero di ingenti somme di denaro con bonifici in partenza dalle solite società cooperative compiacenti, eludendo le normali procedure di controllo in materia antiriciclaggio, vi era il consulente fiscale, che secondo il Gip Marcello Rizzo avrebbe svolto la propria professione “in modo alquanto disinvolto e con la costante disponibilità ad assecondare le esigenze di diversi pregiudicati”: circostanza che ne ha determinato l’arresto come unica misura in grado di soddisfare le esigenze cautelari sottese al ruolo acquisito.
Un’indagine lunga e complicata, nata dalla costola di una precedente attività svolta dalla Polizia di Stato nel 2020 nei confronti di affiliati del clan Pepe-Briganti (che portò a settantadue arresti per traffico di sostanze stupefacenti), resa ancora più difficoltosa dal fatto che gli scambi e le conversazioni avvenivano su criptofonini in grado di cifrare i dati trasmessi ed impedire qualsiasi intercettazione o captazione e attraverso l’utilizzo di piattaforme criptate di comunicazione quali “Encrochat” e “Sky Ecc”. Decisivo, in questo senso, si è rivelato l’apporto di una fattiva e intensa cooperazione internazionale grazie alla quale, per mezzo di ordini europei d’indagine, gli inquirenti salentini sono stati in grado di ricostruire quella che la DDA ha definito “una strutturazione capillare, in cui vi era una precisa ripartizione di compiti tra i sodali”, la caratura dei cui indagati “si è espressa attraverso la capacità di curare rapporti con trafficanti di droga calabresi e altri sodalizi criminali operativi sul territorio nazionale ed all’estero (due tra le persone interessate colpite dalla misura restrittiva della libertà personale, tra l’altro, si sarebbero trasferite stabilmente in Spagna).
Un’attività investigativa imponente, basata su intercettazioni telefoniche, ambientali e telematiche, oltre che su riprese video, puntualmente riscontrate da meticolosi servizi di osservazione e pedinamento mediante le più classiche metodologie.
Due forze dell’ordine che hanno condotto inchieste ben distinte che, al momento giusto, si sono pienamente integrate e “rese perfettamente complementari l’una rispetto all’altra”, come spiegato dal comandante del Nucleo di Polizia economico-finanziaria della Guardia di Finanza, Giulio Leo.
Della complessità del lavoro degli inquirenti ha dato riscontro il dirigente della Squadra Mobile della Questura di Lecce, vice questore Fabrizio Gargiulo, che in conferenza stampa ha parlato di un’organizzazione “poco permeabile” ai sistemi investigativi tipicamente utilizzati, proprio in virtù del fatto che i sodali si avvalevano di piattaforme difficilmente individuabili e intercettabili.
Gargiulo ha ben descritto anche la cornice territoriale in cui si sarebbero estese le zone di influenza delle due organizzazioni: la prima avrebbe operato prevalentemente nella città di Lecce, occupandosi non soltanto del traffico delle sostanze stupefacenti, ma anche dello spaccio e del controllo del territorio. La seconda, a vocazione più internazionale, avrebbe avuto il ruolo principale nel trasporto. “Entrambe, però”, ha proseguito Gargiulo, “erano strutturate in modo sofisticato e in grado di portare in territorio salentino un quantitativo impressionante di sostanze stupefacenti”. Droga che viaggiava per posta, in plichi diretti a prestanome o a persone inesistenti, su strada, trasportata in camion e macchine adeguatamente provvisti di doppi fondi, addirittura in autoambulanza, e, in almeno una circostanza documentata dalla Polizia di Stato, utilizzando come ignari vettori i componenti di un intero nucleo familiare, padre, madre e figlioletto.
Numerosi e ingenti sono stati i sequestri di sostanze stupefacenti in costanza di indagine: tra i tanti, particolarmente degni di nota sono quello di oltre 150 k chili di marijuana e 25 chili di hashish provenienti dall’Albania, trasportati il 7 agosto 2020 su un natante bloccato a ridosso dell’area di Castro; di 45 chili di cocaina occultata in un doppio fondo di un autocarro specializzato strutturalmente modificato, rintracciata 10 giugno 2021 a Napoli; di 11 chili di eroina occultati nel doppio fondo di un’autovettura il 4 giugno 2021 a Lecce.
A dimostrazione, come sottolineato dal Questore salentino Massimo Modeo, che il traffico di stupefacenti è il principale business della Sacra Corona Unita e della criminalità organizzata salentina in generale. Al via nei prossimi giorni gli interrogatori di garanzia per la convalida delle misure emesse.
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