Il Giro di Taglia – Racconti al balcone

La tappa più veloce del giro. Non ho fatto neanche in tempo a vedere i corridori da lontano che mi sono sfrecciati davanti. Un lampo colorato. Deve essere bellissimo correre con il vento fra i capelli, sentire i muscoli guizzanti delle gambe e respirare liberamente. Senza mascherina, intendo. Io la indosso sempre. Una buona scusa per non truccarmi, oltre che l’unico modo per salvaguardare la mia salute e quella degli altri. Però la bicicletta potrebbe essere la soluzione per muoversi senza rischi. Il mio fisico ne trarrebbe grandissimo vantaggio, visto che quest’inverno l’impasto per la focaccia non è stato l’unico a lievitare. Se funzionasse, potrei aprire un blog tematico sul rimettersi in forma pedalando, lo chiamo: Giro di Taglia. Sono fortunata, abito vicino al Cillarese, spazio verde senza problemi di sovrappopolamento. Potrei arrivare fino alla Sciaia, aria salmastra e iodio a volontà. Insomma, non ho dovuto pensarci troppo per giungere alla conclusione che il ciclismo amatoriale è tutta salute.

Le ginocchia sono ancora buone, dovrei solo esercitarmi con gradualità, per evitare dolorosi accumuli di acido lattico. Inizierei con una passeggiata intorno all’isolato, poi due, poi tre fino ad arrivare al parco dopo un paio di settimane. Tanto è a cinquecento metri da casa mia. Se riesco a farlo a piedi, un chilometro, figurarsi su due ruote. Scendo nel box per controllare che ci sia spazio per una bicicletta. Dovrei decidermi a svuotarlo. C’è un surf, una canoa monoposto, pattini, un paio di sci e uno skateboard. Comprati in altrettanti momenti di isteria sportiva. Penso di aver usato solo la canoa, però mi sono ribaltata alla prima uscita e ho deciso che non era per me. Mia sorella insiste perché li regali a suo figlio, ma io spero sempre in un ritorno di fiamma. Capita di riesumare i vecchi amori, nella vita. Sono convinta che la bici non farà la stessa fine. Non è propriamente uno sport. Posso usarla per fare la spesa, per andare al mare, per evitare problemi di parcheggio in centro. Decido di documentarmi, per scegliere il modello più adatto a me. Le immagini di Google sono un’infinità.

Per quello che ne so, i girini hanno bici leggerissime così lo sforzo è minore. Chissà quanto costano, però. Io ne comprerò una normale, non devo fare nessuna gara. La mia attenzione è attratta dalla forma dei sellini. Non mi piace essere volgare, ma è inequivocabile. Adeguata alla parte del corpo maschile che ci poggia sopra. Ce ne sono di più sottili e lunghi e di più corti e paffuti. Alcuni hanno un foro al centro. Inutile dire che mi sono chiesta a cosa serve e mi sono data una risposta non proprio edificante. Del resto, l’aerodinamica non è il mio forte, se sono fatti in quel modo ci sarà un motivo pratico che non è quello che immaginano i malpensanti come me. Quel che è certo è che gli accumuli debordanti al di sotto del mio osso sacro avrebbero serie difficoltà a poggiarsi su un coso del genere. Perciò comincio una ricerca per vedere se ce ne sono di più comodi. Il primo risultato mi dà un sedile largo a forma di chiappe. Anche questo ha uno spazio al centro. Mi piacerebbe conoscere chi lo ha ideato e quali perversioni mentali ha. C’è una specie di sediolina con la spalliera. Sembra ottimale ma già immagino le domande su quali problemi di schiena ho, per averla scelta. Non ho intenzione di condividere i miei acciacchi con altri. Finirò col preferire uno di quelli più morbidi, sperando che non finisca con l’incunearsi dove non batte il sole. Mi colpisce la foto di un paio di calzoncini. Anche quelli hanno una strana forma tondeggiante. Praticamente, l’imbottitura che manca sul sellino la mettono nei pantaloni.

Cerco di visualizzarmi strizzata in una guaina, che aderisce alla cellulite e aumenta il volume del mio sedere, con due piccole sfere in rilievo che potrebbero suscitare dubbi sulla appartenenza di genere. Per carità, l’equivoco non mi creerebbe alcun problema, anzi mi divertirei, ma ridurrebbe la possibilità di accalappiare un altro “pedalomane” durante le passeggiate. Metti che, alla vecchiaia, incontro l’uomo della mia vita? Se parte in volata perché ha equivocato, chi lo riagguanta più. Un avviso comparso sullo schermo mi enuncia i vantaggi fiscali della pedalata assistita. Per un momento mi chiedo se non consista nell’essere seguita da un’auto di primo soccorso, con un medico che mi misura la pressione o mi allunga la bomboletta dell’ossigeno, nel vedermi boccheggiare paonazza. Invece è un motorino che, applicato alle ruote, aiuta a superare i tratti più difficili del percorso. Colgo subito l’opportunità del risparmio di energie, più che di quello economico. Vento fra i capelli e aria pura senza fatica. Posso pedalare in surplace, facendo finta di muovere le gambe solo se incrocio qualcuno.

La bicicletta elettrica è l’ideale. Se ci metto il sedile a forma di chiappe starò comoda. Non dovendo arrancare veramente, potrei indossare una gonna per mimetizzarlo. Devo averne una provenzale, tutta balze. Non credo mi vada più, ma posso allargarla ai lati e infilarci un elastico in vita. Farebbe tanto figlia dei fiori. Da quello che leggo su Fb, ci sono nostalgici dell’epoca, anche se spero non proprio contemporanei. Prendo nota dei vari prezzi, prima di uscire per andare ad acquistarne una. Preferisco comprarla in città per dare una mano all’economia locale. Così ne approfitto per farmi qualche selfie e valutare il colore che mi si addice di più. Il giro d’Italia è variopinto, lo sarà anche il mio. Quando torno chiamo mio nipote e mi faccio spiegare come si crea un blog. E se dovesse criticarmi perché è convinto che la bici andrà a fare compagnia agli altri residui nel box, gli risponderò che, in tal caso, pubblicherò ricette di cucina, che vanno sempre di moda.
Da Giro di Taglia a Giro di Sfoglia è un attimo.