Brindisi torna ad aver paura. E stavolta non si parla di gas o di carbone. Ma di armi di distruzione di massa. L’arsenale chimico siriano, quello usato da Assad per sterminare i suoi oppositori, e che l’Onu intende distruggere, potrebbe fare tappa a Brindisi durante il suo viaggio verso la soppressione. A darne notizia stamani è La Stampa di Torino, che rivela l’intenzione del ministero degli Esteri di indicare proprio il porto Adriatico quale punto dove parcheggiare, per almeno 48 ore, le armi chimiche del regime siriano. E non si parla di quattro o cinque petardi. Ma di centinaia di tonnellate di agenti chimici. Un carico di morte pericolosissimo trasportato da due navi: una norvegese, l’altra danese.
Durante questo viaggio verso la distruzione, l’Italia sarà un passaggio obbligato. E la sosta anche. Dove farla? Ci sono varie opzioni, circoscritte tra la Puglia, la Sicilia la Sardegna e la Croazia. Ma è Brindisi il porto più vicino. E, soprattutto, ospita una base Onu. Le navi non dovrebbero tuttavia attraccare direttamente sul porto. Sarà realizzata un’infrastruttura apposita, la quale, una volta ripartite le fregate, resterà alla città. Magra consolazione per controbilanciare un rischio di simile portata.
“Ci è stata chiesta la disponibilità per 48 ore di un porto con tutte le garanzie del caso – ha detto ieri il ministro degli Esteri Bonino alla Stampa – e spero bene che vorremo essere all’altezza”. Ma non sembra che qualcuno, in città, sia già stato interpellato. Eppure tutto dovrebbe essere deciso a stretto giro, e la faccenda chiusa entro le prossime settimane. Questo perché, nella tabella di marcia fissata, la parte dell’arsenale di Assad ritenuto maggiormente pericoloso dovrà essere distrutto entro il 30 marzo. Il resto entro il 30 giugno. Pochi mesi insomma, meglio, poche settimane, per decidere se far pendere sulla testa dei brindisini l’ennesima spada di Damocle, oppure no.