Sbagliare è umano. Perseverare nello stesso errore, per anni e anni, un po’ meno. E qualcuno dovrebbe trarne le dovute conseguenze, soprattutto se a pagare le conseguenze di questi continui disastri è un’intera comunità. E’ quanto osserva il segretario dell’Udc di Brindisi Giampiero Epifani, che alla luce della richiesta di dimissioni indirizzata stamani dal Pdl al presidente dell’Autorità portuale Iraklis Haralambides, invita lo stesso autore della missiva a dare il buon esempio, e prendere congedo per primo. Nomi Epifani non ne fa. Ma non occorre essere fini politologi per leggere tra le righe quello di Luigi Vitali, coordinatore provinciale del Pdl, principale sponsor di Haralambides, quindi primo responsabile di quel “totale fallimento” del professore greco che lo stesso Vitali solo oggi riconosce.
“Troppo facile – attacca Epifani – nascondersi dietro uno ‘scusate ci siamo sbagliati’, magari coinvolgendo colleghi di partito che non hanno avuto alcun ruolo in quelle scelte scriteriate”. Un riferimento quest’ultimo agli altri firmatari della nota di questa mattina (tra cui Mauro D’Attis) che nulla hanno a che fare con quella scelta, ma che affiancano in calce alla lettera il nome di Vitali. Scudi umani che il coordinatore del Pdl, dice Epifani, non dovrebbe usare per diluire le sue responsabilità.
Poi il vero affondo: “Troppo comodo – rincara il coordinatore Udc – limitarsi a chiedere le dimissioni per incapacità dell’Authority quando si è responsabili di averne scelti almeno altri tre di presidenti la cui inadeguatezza ha provocato il tracollo del porto di Brindisi e dell’economia dell’intera città. Troppo semplice scusarsi solo delle conseguenze dell’ultima gestione quando invece le scriteriate scelte compiute in questi anni hanno pregiudicato qualsiasi possibilità di sviluppo, facendo crollare i traffici turistici e commerciali e decretando la fine di un porto che era leader nel Mediterraneo sin dai tempi dei Romani. Una porta per l’Oriente che è stata chiusa per chissà quanti anni a causa delle scelte ottuse di chi oggi, resosi conto di un fallimento totale e dalle dimensioni talmente enormi da incidere sull’economia di questa città per chissà quante generazioni, pensa di poterne venire fuori con una semplice pubblica presa di coscienza”.
Insomma: le scuse vanno anche bene. Purché non siano un’autoassoluzione.
“Non si può pensare – conclude quindi Epifani – che per cambiare direzione, che comunque sarà lunga e faticosa, sia sufficiente sostituire l’ultimo soldatino di un piccolo esercito mandato allo sbaraglio. Quando si perdono le battaglie, e questa del fallimento del porto non è solo una battaglia persa ma una vera disfatta, sono i generali a farsi da parte, assumendosi con dignità le responsabilità del tracollo causato da errori di valutazione e di scelta. Chi non ha il coraggio di farlo non può che essere congedato con disonore”.