Italplastica chiusa, 13 operai senza stipendio da otto mesi e nel limbo: negata anche la cassa integrazione

Se loro potessero riaprirebbero quel cancello, rimetterebbero in moto i macchinari che tante volte hanno loro stessi rattoppato perché si occupavano persino della loro manutenzione, perché dalla loro fabbrica venivano fuori ogni mese decine di milioni di bicchieri di plastica che finivano sulle tavole di tutto il mondo. E invece tredici operai della Italpastica sono da otto mesi senza stipendio, con lo stabilimento di Brindisi che ha chiuso i battenti alla fine di luglio ma l’azienda resta ancora in piedi e loro sono nel limbo, senza soldi, senza tfr né la prospettiva della mobilità.
E’ una storia singolare quella della Italplastica perché la crisi non è nata per la mancanza di commesse. Anzi. E’ nata nel 2010 sulle ceneri della “Giano”, società dichiarata fallita in quell’anno, con due stabilimenti: uno a Cassano Murge (Bari) e uno nella zona industriale di Brindisi. E’ l’unica azienda che produce e commercializza il marchio “Tolo”, linea top nel mercato del monouso, l’unica linea con i piatti con linguetta a sistema “sfogliapiatti” e un macchinario, a Brindisi, unico al mondo per dimensioni e capacità produttive, lungo 43 metri.
Nonostante un giro d’affari imponente, dal 2014 le cose sono andate via via precipitando, con gli stipendi pagati sempre con minore regolarità ai dipendenti. La Italplastica non riceve le commesse direttamente, ma attraverso una società che fa da filtro, la “Lothos”, anch’essa con sede a Cassano Murge e la targhetta è presente anche nello stabilimento brindisino di Italplastica.
Il grande capannone, dopo il fallimento della “Giano” nel 2010, è stato affidato a un curatore fallimentare che anno dopo anno lo ha dato in fitto alla neonata Italpastica che ha continuato la produzione della ditta fallita, assorbendone buona parte dei dipendenti.
Ma ora la situazione sembra precipitata. I dipendenti lamentano il mancato pagamenti di otto mensilità e a luglio hanno ricevuto solo un acconto di circa 500 euro a testa. Poi più nulla. Inutile ogni tentativo di chiedere gli arretrati e persino le buste-paga tanto che, dopo aver pazientato e sperato che la situazione di risolvesse positivamente, i tredici operai si sono rivolti agli avvocati. La loro situazione è diventata infatti insostenibile: “Siamo ridotti alla fame”, dicono.
I problemi (che comprendono anche e soprattutto un arretramento importante anche nel versamento dei contributi all’Inps) riguardano anche lo stabilimento gemello di Cassano Murge dove però, nonostante gli stipendi arretrati si siano accumulati, gli operai continuano a lavorare.
Due settimane fa un incontro tra i dipendenti e l’azienda, alla presenza dei sindacati, si era risolto con un nulla di fatto. Gli operai intuiscono che la possibilità di una cassa integrazione sembra sfumata e che le proposte dell’azienda sembrano finalizzate solo a prender tempo.
Ma restano nel limbo perché la curatela fallimentare ha concesso una proroga alla Italplastica che può restare nei capannoni di Brindisi della ex Giano e dunque l’azienda rimane a tutti gli effetti operativa, privando gli operai della possibilità di andare in mobilità. Presto per loro potrebbe arrivare la proposta di andare a lavorare a Cassano Murge che equivarrebbe a un dentro/fuori e che aprirebbe di fatto la strada del licenziamento. Ma loro sperano ancora: hanno dato tutto per quell’azienda e non riescono a capacitarsi del fatto che tutto sia finito. Lasciandoli in mezzo alla strada con famiglie da mantenere e mutui da pagare.