Non solo ordinaria amministrazione. Il commissario straordinario Cesare Castelli, a meno di due mesi dall’elezione del nuovo sindaco, delibera autonomamente la nascita del “Museo diffuso”. Anzi, in realtà, prima di crearlo ne nomina già il direttore del progetto, l’architetto Maurizio Marinazzo.
Appare quanto meno “frettolosa” la delibera numero 1847, firmata da Castelli approvando un progetto dello stesso Marinazzo che già è responsabile del servizio Beni Monumentali, oltre a essere presidente dell’Ordine degli architetti. Una delibera in cui non è fatto alcun cenno a quanto costerà al Comune questo nuovo incarico per Marinazzo e che comunque presuppone un indirizzo del settore Monumentale che a rigor di logica sarebbe toccato al sindaco e alla nuova giunta, in quanto da inquadrare nel progetto di sviluppo e rilancio della città.
Altrove il “museo diffuso” è infatti frutto di una reale progettazione e programmazione che preveda la compartecipazione della cittadinanza tutta, in forma associata e non. A Brindisi, secondo Castelli, non deve essere così. Dalla delibera non si evince nulla su un reale progetto e costi relativi. In una città praticamente allo sfascio dal punto di vista monumentale, priva di manutenzione e servizi culturali e turistici di base, si pensa ad un museo diffuso che come cita il concetto di ecomuseo o museo: “L’ecomuseo o museo diffuso è un’istituzione culturale che assicura in modo permanente, su un dato territorio, le funzioni di ricerca, presentazione, valorizzazione di un insieme di beni naturali e culturali, rappresentativi di un ambiente e dei modi di vita che vi si succedono, con la partecipazione della popolazione stessa”.
Se un museo tradizionale espone una collezione, un museo diffuso o ecomuseo esprime il patrimonio culturale di una comunità o mentre un museo è collocato all’interno di un edificio, un ecomuseo è diffuso sul territorio,coinvolgendo soprattutto aree all’aperto. Il Museo diffuso è progettato “dal basso” e condiviso. A Brindisi il percorso è inverso, prima il direttore e poi tutto il resto. Non è ancora dato sapere che percorso virtuale è stato scelto, quali saranno i contenuti dei contenitori della messa in rete, l’unica novità che vi saranno visite guidate all’interno di questi beni,(personale non regolarmente iscritta all’albo delle guide turistiche) Nell’ambito della progettazione di un museo diffuso risulta importante e necessario uno studio di fattibilità, un elaborato realizzato ex ante in collaborazione con la cittadinanza (non si può parlare di museo diffuso senza il coinvolgimento della comunità locale) per individuare percorsi tematici e siti (musei, parchi urbani, memorie documentabili, architetture,chiese, piazze). Lo studio di fattibilità comprende attività sia di natura tecnica che di natura economica, il cui esito può essere favorevole o meno alla realizzazione del progetto. Si fa riferimento a diverse collezioni che potrebbero (forse) essere esposte in alcuni beni monumentali, sarebbe opportuno, quindi, definire innanzitutto realmente quali esse siano e dove andrebbero collocate e capire l’apparato museografico e allestivo. Oltre a capire l’aspetto, non secondario, ma assolutamente primario relativo alla gestione di tali spazi. Nella delibera insomma si parla di museo diffuso, di polo museale, di istituzione di un Museo di Arti e Tradizioni Popolari, delle armi, delle marionette, del costume, oltre ad un ampliamento di materiale archeologico,quindi di che si tratta?
La delibera firmata frettolosamente da Castelli sarà sicuramente riesaminata dal prossimo sindaco, perché in fondo non si può ricominciare con le stesse metodologie che sono state da poco interrotte. Qualcosa, prima o poi, dovrà cambiare.