Sergio Sabato, il suo bel giallo condominiale e i suoi 10 libri preferiti

Già in precedenti post ho accennato alla ormai consolidata tradizione narrativa pugliese che può vantare, oggi come nel passato, numerosissimi nomi di assoluto rilievo nazionale e internazionale. Il mio inguaribile campanilismo mi induce a ricordare, in questo contesto regionale, la presenza significativa di un folto drappello di scrittori dell’area brindisina che negli ultimi anni si sono messi in evidenza con prove davvero convincenti.

Accanto ai più noti (i giovani Clara Nubile ed Emiliano Poddi su tutti, ma anche Carlo Annese, Antonio Caiulo, Mimmo Tardio, Osvaldo Capraro), troviamo, come evidenziato da Ettore Catalano in “Letteratura del Novecento in Puglia – 1970-2008”, numerosi scrittori e scrittrici, giovani e meno giovani, “le cui prove narrative risultano interessanti e, in certi casi, assai promettenti.

”Si tratta, spesso, di autori che per le loro qualità meriterebbero miglior fortuna, ma, sempre riprendendo le considerazioni del prof. Catalano, va detto che per gli scrittori brindisini “il primo problema è la visibilità in una provincia (e in una città capoluogo) priva, fino pochissimo tempo fa, di seri insediamenti universitari e con una vita culturale intermittente, a volte attardata su modelli ormai impraticabili, con una iniziativa editoriale di dimensioni assai ridotte, senza una grande libreria capace di farsi veicolo di diffusione e di conoscenza, nonostante alcune iniziative generose ma di ridotta portata: sicché è difficile, per uno scrittore esordiente, trovare spazi culturali dove far conoscere la propria opera a un pubblico vasto di lettori e dunque all’opinione pubblica.”

Avrò modo, spero, nei prossimi post, di proporvi alcuni di questi scrittori. Oggi voglio scrivere, invece, di un autore, Sergio Sabato, che non figura tra i nomi citati in “Letteratura del Novecento in Puglia – 1970-2008” solo per la semplice ragione che ha pubblicato il suo primo romanzo nel 2010, dopo, cioè, la conclusione del lavoro di Catalano.

Nato a Sanarica, in provincia di Lecce, ma ormai brindisino a tutti gli effetti, Sergio Sabato si era già messo in luce, in virtù di uno stile elegante e originale, per lo più a sfondo ironico, con alcuni racconti pubblicati in periodici e antologie di scrittori locali e, soprattutto, con i suoi brillanti articoli di giornale (seguitissima, per anni, la rubrica “Centovetrine” sul quotidiano Senzacolonne) e testi umoristici per la radio. Nel 2010, poi, ecco la pubblicazione del suo primo romanzo, “Good night Brindìsi” (con l’accento, rigorosamente, sulla seconda “i”), edito da Giraldi.

Solo chi non conosceva Sergio Sabato sarà rimasto sorpreso da questo felicissimo esordio. Ironico, giocato spesso su situazioni al limite del paradosso, il romanzo, che potrebbe definirsi un giallo condominiale a metà tra il noir e il grottesco, narra una vicenda ambientata a Brindisi nei primi anni Settanta. Erano gli anni nei quali la nostra città era popolata dai numerosi militari americani di stanza presso la vicina Base Usaf di San Vito dei Normanni. Proprio un militare americano (che ogni sera, affacciandosi dal suo balcone, pronuncia ad alta voce la frase “Good night Brindìsi”, con l’accento sulla seconda “i”) viene trovato morto, con un cacciavite conficcato nel torace, in un condominio del quartiere Santa Chiara.

L’indagine sul misterioso omicidio viene affidata a un maldestro ispettore, Verri Mosticolo, indimenticabile personaggio che in universo letterario notoriamente abitato da ispettori affascinanti e infallibili, si distingue per la sua goffaggine e la sua grettezza (aborre la fantasia, e la prevedibilità è il suo credo) e conquista uno spazio tutto suo suscitando, se non la simpatia, l’interesse e la curiosità divertita del lettore. Antipatico, supponente, ipocrita, privo di virtù umane e professionali, odia la città di Brindisi e sogna di risolvere il misterioso caso e ottenere così l’agognato trasferimento a Lecce.

Fatalmente l’intero condominio – compreso un gruppo di ragazzini terribili che trascineranno l’ispettore in situazioni esilaranti – si sente coinvolto nelle indagini che procederanno in maniera piuttosto farraginosa, poco ortodossa e spesso bizzarra sino al banale, e dunque ancor più sorprendente, finale. Sullo sfondo, un affresco semiserio e godibilissimo della vita brindisina di quegli anni, resi quasi mitici anche proprio dalla presenza dei militari statunitensi. Erano gli anni dell’austerity, della pattine, dei gettoni telefonici, delle Prinz verde bottiglia. Con uno stile che ricorda Stefano Benni, Sergio fa rivivere quegli anni nelle parole e nelle gesta dei tanti personaggi che popolano il suo romanzo, i condomini del povero americano dal nome altisonante (Spencer Tracy), che diventano, per mano di una penna originale e arguta, spassosi cammei.

Al mio invito a leggere questo romanzo unisco le parole della prof.ssa Liliana Caponetto, che ha curato una delle numerose presentazioni del libro, quella organizzata dal comitato di Brindisi della società “Dante Alighieri”: “Solo un testimone che uscirà allo scoperto verso la fine metterà l’ispettore nella giusta direzione per arrivare alla verità… ma non posso dire altro perché priverei, in parte, il lettore del grande piacere di leggere questo romanzo. Davvero avvincente la narrazione che sapientemente si alterna a sequenze descrittive e ironiche e allo stesso tempo nostalgiche di una Brindisi anni ’70 e dei suoi cittadini colti all’interno e all’esterno del microcosmo condominiale e nella città, e non mancano sequenze riflessive riguardanti il protagonista e la città stessa. La sintassi è piana e scorrevole, il controcanto ironico è sorretto da metafore e immagini iperboliche.

Lo stesso lessico sostenuto è dissonante con la materia trattata, contribuendo anch’esso al tono ironico.” Lodi esagerate? Leggere, per credere, questo strepitoso brano tratto dal romanzo. Si parla della mitica fritta di Romanelli… “A veder mangiare i ragazzi sembrava una cosa semplice, ma l’arte di addentare una frittella di Romanelli non si inventa sul momento. Il primo morso ti illude, ti sparge in bocca un gusto tiepido che lusinga ogni anfratto di palato e gola. Il secondo è conferma di goduria, mastichi e godi, godi e mastichi. Al terzo morso, senza rendertene conto, sei già dipendente. Quella non è più una cosa fritta, è una creatura calda che si è impadronita di te e ti porta dove dice lei. Il morso successivo è pericoloso. Sei arrivato alla mozzarella ed è materia partorita dalle officine dell’inferno, forgiata dal diavolo in persona, una sorta di malvagia penitenza per i tuoi peccati della gola. La mozzarella incandescente, giunta a temperatura di fusione con la salsa di pomodorino, ti prende a tradimento approfittando della strada spianata dalla deliziosa pasta dorata. Tu mordi con fiducia e ti ritrovi in bocca un tizzone acceso. Soffri, sbraiti, lacrimi, perdi conoscenza, la recuperi, in un carosello di rincorse tra piacere e dolore. Ma quel boccone saldato a fuoco nella laringe – tu lo sai – è guscio che racchiude sapori sconfinati e ti duole separartene, esattamente quanto ti duole trattenerlo. Ci fu una fragorosa risata generale quando l’ispettore addentò il cuore della frittella. “Diamine…” disse l’uomo gonfiando le guance. Giuliano, che lo aveva visto partire sparato sin dal primo morso, si godette la scena con la medesima eccitazione del lancio di un petardo, quando il silenzio propedeutico allo scoppio carica l’aria di elettricità e la reazione della vittima è tanto più appagante quanto più è violenta. L’ispettore saltellava ora su un piede ora sull’altro. Il vapore che fuoriusciva da quelle labbra strette sembrava quello di una pentola a pressione. A causa degli impegni sul fronte delle indagini, il poveretto non mangiava dalla sera prima e aveva azzannato quel cibo delizioso con particolare ingordigia. Rino, che aveva già quasi digerito, mise in pratica la sua esperienza in quel genere di soccorsi. Schiacciò il suo naso contro quello dell’uomo e, agguantate le orecchie per tenergli ferma la testa, gli soffiò in gola tutta l’aria che aveva nei polmoni. L’ispettore ne uscì leggermente rinfrancato, ma aveva ormai perduto tutto il gusto del banchetto.”

A corredo del brano riporto anche una breve e simpatica nota dell’autore: “Ringraziai il signor Romanelli perché ebbe la gentilezza di chiamare per comunicarmi che avrebbe esposto nel suo locale lo stralcio del romanzo dedicato alla sua fritta. ‘Ma quale grazie’ mi disse. ‘L’ho fatto per i clienti’. Non sapevo se restare lusingato da quella motivazione. Soprattutto quando mi accorsi che lo aveva incorniciato nei pressi della porta del bagno.” Certo di non essere condizionato dalla grande, ultratrentennale, amicizia che mi lega a lui, mi sento di sostenere con assoluta convinzione che se Sergio si dedicasse a tempo pieno alla scrittura diventerebbe in breve uno scrittore apprezzato ben oltre il ristretto ambito cittadino o regionale, come dimostra ampiamente questo bellissimo “Good night Brindìsi”. Ma Sergio ha fatto altre scelte e se come avido lettore e suo estimatore provo un po’ di rammarico (ma voglio sperare in qualche altro suo regalo), come amico e come cittadino non posso che essere felice perché Brindisi (e non solo Brindisi, direi…) ha bisogno di padri di famiglia esemplari e di funzionari pubblici eccellenti non meno, e anzi di più, che di bravi scrittori… Così come a Clara Nubile, ho voluto chiedere anche a Sergio Sabato di indicarmi i suoi dieci libri preferiti.

E vi consiglio di prendere nota dei titoli perché Sergio oltre che un bravo scrittore è anche un grandissimo lettore… “Ovviamente si tratta di un elenco più cardiaco che razionale. Ometto volutamente i classici, ma tra i fuori-concorso non posso non citare “I promessi sposi”, per me il libro dei libri.

Per fugare ogni dubbio che si tratti di una classifica, elenco i testi in ordine rigorosamente alfabetico in relazione all’autore” (Sergio Sabato). Buzzati – IL DESERTO DEI TARTARI Perché mi ha confermato il sospetto che l’esistenza sia imparentata con la sospensione di un’attesa Camilleri – LA SCOMPARSA DI PATO’ Perché è una storia banale raccontata in modo geniale Carver – PRINCIPIANTI (racconti) Perché mi ha scombussolato i miti adolescenziali della Nuova Frontiera Corti – L’ORA DI TUTTI Perché certifica che di salentini cocciuti fino all’eroismo ne abbiamo sempre avuti Jerome – TRE UOMINI IN BARCA Perché lo considero un distillato di umorismo puro Marai – LE BRACI Perché ho trovato impareggiabile la disinvoltura con cui penetra l’animo umano Mazzantini – VENUTO AL MONDO Perché meglio di altri mi ha rivelato la forza delle donne (oltre che una guerra vicina e sconosciuta) Murakami – NORWEGIAN WOOD Perché qui mi sono imbattuto nell’energia affabulatoria di uno scrittore di romanzi Roth – EVERYMAN Perché, più di altri, mi ha fatto riflettere sulla morte Tabucchi – SOSTIENE PEREIRA Perché leggendolo ho pensato che val la pena seguire i consigli degli amici che si intendono di libri

Michele Bombacigno