L’anno scorso, proprio in questo periodo, la Hobos Edizioni, piccola ma coraggiosa e brillante casa editrice (l’unica della nostra città) fondata da Vittorio Bruno Stamerra e Giovanni Rubaltelli, pubblicava due preziosi volumetti d’esordio. Niente di strano, direte. E non ci sarebbe nulla da obiettare alla considerazione se non fosse per la circostanza che entrambi i libri (belli!) portavano la firma della stessa autrice, appunto esordiente, Adele de Iudicibus, e che la stessa vantava l’età di 85 anni.
Per mia fortuna sono buon amico di Adele e ho avuto l’onore di accompagnarla in qualche modo in questa avventura, con il solo merito di averla incoraggiata e infine convinta, nonostante il suo pudore e le sue resistenze, a dare alle stampe questi deliziosi racconti.
Al di là dell’indubbio valore letterario di queste due opere, a me, ma a ciascuno di noi, Adele regala un messaggio importante: non bisogna mai, ma proprio mai, smettere di progettare e di sognare e di vivere con entusiasmo e intensità.
La verve di Adele – come potrà piacevolmente scoprire chi leggerà i suoi scritti – farebbe invidia a tanti giovani.
Il primo dei due libri, “C’è posta per tutti”, è un epistolario. Scrive a tutti, Adele de Iudicibus. Alla madre che non c’è più, alle amatissime figlie, ai nipoti per i quali ella è “la pecorella lanosa, mite, calda e morbidosa”, ai ragazzi della comunità “Emmanuel” ai quali dispensa affetto e buoni consigli senza mai sconfinare nella facile retorica, ad amici, al presidente della Repubblica, a vari scrittori e persino a Dante Alighieri. Ironiche, schiette, affettuose, brillanti, tenere ma mai melense, queste lettere ci rivelano il bellissimo mondo, soprattutto interiore, di Adele de Iudicibus. Un mondo di grandi legami familiari, di inestinguibile passione per la cultura, di sempre giovanile curiosità, di impegno sociale. Un mondo nel quale “l’amore è tutto”. Ma queste lettere non sono soltanto una riuscitissima fusione di dolcezza ed ironia (e autoironia). La leggerezza, una scrittura sempre elegante ed accattivante, una chiara padronanza delle “procedure, dei tempi, delle modalità che presiedono alla ideazione prima e alla stesura poi di un narrato”, come sottolinea Mimmo Tardio nella prefazione, conferiscono a queste lettere un indiscutibile valore letterario.
“Il panino con la mortadella”, anche in questo caso la prefazione è di Mimmo Tardio, raccoglie, invece, una serie di miniracconti con i quali Adele de Iudicibus rievoca il suo passato di insegnante di scuola elementare. Senza mai cedere alla tentazione dell’autoreferenzialità, né al sentimentalismo o alla nostalgia malinconica, la scrittrice dipinge, con uno stile sempre delicato e al tempo stesso brioso, soprattutto il suo straordinario rapporto con i piccoli che hanno avuto la fortuna di averla come maestra. Una maestra che aveva di mira la crescita in primo luogo umana dei bimbi a lei affidati e che pertanto non esitava a modellare a questo scopo, pur rispettandoli, i programmi ministeriali, né ad ignorare del tutto, con meritoria convinzione, alcune delle prassi imperanti in quegli anni nella scuola italiana (dall’odioso gioco del silenzio al potere dato al capoclasse di indicare “buoni e cattivi”, dalla formula delle “braccia conserte” alle punizioni con le quali si mandava uno scolaro dietro la lavagna o gli si imponeva di scrivere cento volte “io sono un asino”).
Adele de Iudicibus con questi due libri, nonostante la modestia e il pudore che la portano a dichiarare di scrivere solo per se stessa e di non aspirare ad alcuna fama, dimostra un notevole talento, ma, soprattutto, scrive con il cuore, e i suoi racconti sono piccole gemme preziose da non perdere (che potete trovare nelle librerie cittadine). Dopo averli divorati (perché fatalmente si leggeranno tutti d’un fiato), il lettore, insieme con l’apprezzamento per la piacevolissima narrazione, proverà un’impagabile sensazione di dolcezza.
Un vero peccato, è scritto in seconda di copertina di “C’è posta per tutti” – e non si può non concordare – che Adele de Iudicibus si sia decisa così tardi a pubblicare. Ma per fortuna nell’ultima lettera, indirizzata al suo ipotetico lettore, Adele si lascia sfuggire una mezza promessa: “Addio, carissimo lettore. O chissà, arrivederci…”
Come ho già fatto con altri amici scrittori, anche ad Adele de Iudicibus, voracissima lettrice, ho chiesto di indicarmi i suoi libri preferiti o, quanto meno, alcuni dei suoi libri preferiti, visto che nella sua vita ne ha letti migliaia… Sono certo che il suo elenco (si tratta per lo più di classici) susciterà la nostra curiosità e potrà essere una piccola miniera di consigli per future letture.
In ordine sparso questi i libri indicati da Adele:
La sirenetta (Andersen)
Ventimila leghe sotto i mari (Verne)
I tre moschettieri (Dumas)
La capanna dello zio Tom (Beecher Stowe)
Piccole donne (Alcott)
Le avventure di Arsenio Lupin (Leblanc)
Orgoglio e pregiudizio (Austen)
Piccolo mondo antico (Fogazzaro)
Jane Eyre (Brontë)
Rebecca (du Maurier)
La buona terra (Buck)
Il vecchio e il mare (Hemingway)
Il nome della rosa (Eco)
Addio alle armi (Hemingway)
Il mio nome è Asher Lav (Potok)
L’ultima notte a Madrid (Ramirez)
Un anno in Provenza (Mayle)
La cittadella (Cronin)
Tre uomini in barca (Jerome)
E l’eco rispose (Hosseini)
Michele Bombacigno