La storia, certo. Lo stile, è ovvio. Ma… ma noi lettori incalliti sappiamo bene che a indirizzarci verso un romanzo e a indurci ad amarlo concorrono anche, e non poco, altri elementi: il titolo, la copertina, l’incipit, per esempio. Vorrei soffermarmi in questa occasione sull’importanza del titolo. Un titolo azzeccato, è appena il caso di sottolinearlo, può fare la fortuna di un libro o di uno scrittore. Un titolo evocativo, intrigante, curioso, divertente, ironico ha la capacità, spesso irresistibile, di attrarci come una potente calamita.
Tanto vero che spesso il titolo non ha nulla a che vedere con la storia. L’importante è che “funzioni”. Come possiamo constatare, soprattutto, con le traduzioni (?), del tutto strampalate, di titoli di libri stranieri… Mi viene in mente, per esempio, “Il profumo del tè e dell’amore”, titolo forse seducente (?), ma del tutto fuorviante, che non ha nulla a che vedere con la storia narrata da Fiona Neill. Infatti il titolo originale è “Friends, lovers and other indiscretions”. Oppure “Il gusto proibito dello zenzero”, libro che ho molto apprezzato, pur senza capire il nesso tra il titolo e la vicenda raccontata da Jamie Ford. Titolo originale? “Hotel on the Corner of Bitter and Sweet”…
Abbastanza spesso il titolo vale persino di più del romanzo stesso, e non è raro, addirittura, che rappresenti quasi l’unico merito della pubblicazione…
Gli esempi sono tanti. Penso, per esempio, a “Che la festa cominci” di Ammanniti o ai best seller “Va’ dove ti porta il cuore” della Tamaro (titolo bellissimo, romanzo ruffiano e nulla più) e “La solitudine dei numeri primi” di Paolo Giordano (titolo accattivante, romanzo sopravvalutato) . Esempi che ovviamente propongo con la consapevolezza che il mio giudizio è del tutto relativo e soggettivo, visto che tantissimi lettori hanno amato e amano questi romanzi, e questo è ciò che più conta.
Per farmi perdonare dagli affezionati lettori di Niccolò Ammaniti (tra i quali ci sono, comunque, anch’io), dirò che uno dei titoli che più amo è “Ti prendo e ti porto via” (bello anche il romanzo). Sempre dello stesso scrittore, come non citare, quali esempi di bei titoli e bei romanzi, “Come Dio comanda” e, soprattutto, “Io non ho paura”?
Altri bei titoli? C’è solo l’imbarazzo della scelta, e mi piacerebbe conoscere le vostre preferenze. Per quel che mi riguarda, ecco alcuni tra i tantissimi: “Sogno di una notte di mezza estate”, “Se questo è un uomo”, “Se una notte di inverno un viaggiatore”, “L’insostenibile leggerezza dell’essere” (non sono riuscito a leggerlo, ma che bello il titolo!), “Lettera a un bambino mai nato”, “La linea d’ombra”, “Non buttiamoci giù”, “L’amico ritrovato”, “Il giorno prima della felicità”, “Le mille e una notte”, “Lo strano caso del cane ucciso a mezzanotte”, “Un luogo chiamato libertà”, “Il cacciatore di aquiloni” e infine “Io ti attacco nel sangue” della nostra conterranea, la bravissima Clara Nubile.
Come ultimo esempio, vorrei citare (e consigliarvene vivamente la lettura) “Un calcio in bocca fa miracoli”. Titolo che non può non incuriosire. E infatti qualche mese fa non seppi resistere alla tentazione e lo acquistai al volo, anche se dell’autore, Marco Presta (quello del “Ruggito del coniglio”), non avevo mai letto niente (e infatti si tratta del suo romanzo d’esordio).
E fu una bellissima sorpresa. Libro originale, ironico, a tratti esilarante, ma sempre attraversato da un sottile velo di malinconia, ora irriverente, ora commovente. Che fa sorridere ma anche riflettere. Scrittura scorrevole, “calvinianamente” leggera. Marco Presta ci ha regalato una storia semplice ma vera e un personaggio straordinario e umanissimo, irresistibile. Il protagonista è infatti un vecchio burbero, scorbutico, brontolone. Ma simpaticissimo. Una prostata capricciosa, una forte passione per la sessantenne e attraente portinaia, l’amicizia per il romantico Armando, il suo esatto contrario, e un rapporto tutto da ri(costruire) con la figlia.
Consigliare un libro è operazione appagante ma rischiosa, si sa. In questo caso, però, mi sento di andare sul sicuro. “Un calcio in bocca fa miracoli” è una piccola gemma e sono sicuro che piacerà a chi vorrà leggerlo.
Chiudo, a mo’ di breve presentazione del protagonista, con l’incipit del romanzo:
Sono un vecchiaccio.
Dovrei dire che sono una persona anziana, come mi hanno insegnato i miei genitori per i quali chiunque, anche un infanticida antropofago, arrivato a un certa età meritava rispetto.
La verità, però, è che sono un vecchiaccio.
Mi lavo poco, mi rado una volta alla settimana e giro per il quartiere indossando un cappotto che, dopo la mia prostata, è la cosa più malridotta che mi porto dietro.
Negli ultimi quindici anni mi sono lasciato andare, come fanno certi calciatori quando capiscono che la partita è persa e allora smettono di giocare e cominciano a dare calcioni agli avversari.
Mangio porcherie di tutti i generi, fumo molto, scorreggio in ascensore. Scaracchio per strada, ma solo quando qualcuno mi guarda.
E poi rubo le biro.
Michele Bombacigno