Natale è ormai alla spalle e allora è anche tempo, per ciascuno di noi, di bilanci. Quanto a me, tralasciando quelli più intimi che interesserebbero ben poco i lettori di questo blog (sempre che ce ne siano!), vorrei soffermarmi brevemente su quello relativo ai libri… Dunque il resoconto è il seguente.
LIBRI REGALATI: 7
1) Regalo di Natale (autori vari)
2) Io che amo solo te (Luca Bianchini)
3) ancora Io che amo solo te (Luca Bianchini)
4) La cena di Natale (Luca Bianchini)
5) Il riso di zia Palma (Francisco Azevedo)
6) La cattedrale del mare (Ildefonso Falcones)
7) Il mulino non ha fermato il vento (Beppe Bresolin)
LIBRI RICEVUTI IN REGALO: 7
1) Curarsi con i libri – Rimedi letterari per ogni malanno (Ella Berthoud e Susan Elderkin) – bellissimo libro, immediatamente consultato per curare vari acciacchi fisici e psichici. A me stesso ho prescritto, seguendo le indicazioni delle autrici, “Il petalo cremisi e il bianco” di Michel Faber per curare la “scarsa ambizione” che mi viene imputata da tanti; agli amici scrittori eventualmente affetti dal “blocco dello scrittore” consiglio “Ho un castello nel cuore” di Dodie Smith; a… molte persone raccomando “Espiazione” di Ian Mc Ewan, una sorta di vaccino contro la tendenza a “dire un sacco di bugie” perché fa capire quanto catastrofiche, per la vita degli altri e dello stesso mentitore, possono essere le conseguenze di una bugia.
2) Il grande manoscritto (Zoran Živkovíc) – autore a me sconosciuto e perciò tanto più gradito.
3) Basta piangere (Aldo Cazzullo) – non so come sarà ma il titolo è promettente.
4) Viaje al centro de la tierra (Julio Verne) – utile per migliorare il mio balbettante ma amatissimo spagnolo.
5) Goodnight Brindìsi (Sergio Sabato) – regalo provvidenziale visto che la copia da me acquistata a suo tempo, prestata ad un amico, dopo due anni è ancora uccel di bosco…
A questi cinque libri vanno aggiunti due libri che, a scopo… cautelativo, mi ero già autoregalato alla vigilia di Natale…
6) Betibù (Claudia Piñeiro) – divertente e scanzonato poliziesco, scelto per la mia passione per gli scrittori sudamericani.
7) Le vite impossibili di Greta Wells (Andrew Sean Greer) – scelto perché affidabili informatori mi dicono che è un capolavoro e io sono già sicuro, a naso, che lo sia davvero…
Be’, insomma, un bilancio niente male, un più che lusinghiero + 14. Già, proprio così: “+ 14” e non “0”, perché i libri che regalo mi svuotano sì, un po’, il portafogli ma mi riempiono il cuore come e forse più di quelli che ricevo a mia volta in dono, e allora non possono che essere inseriti anch’essi, e alla grande, nella voce “Attivo”…
Tra i libri ricevuti il primo che ho scelto di leggere è stato “Il grande manoscritto”, proprio perché, come dicevo prima, non conosco l’autore, Zoran Živkovíc, che dunque mi incuriosisce molto. Si tratta di un giallo poliziesco-letterario che ha subito catturato il mio interesse. Živkovíc è uno scrittore serbo e nel leggere le prime, godibilissime, pagine, abilmente rese in italiano da J. Mirkovic e E. Boscolo Gnolo, non ho potuto fare a meno di pensare ancora una volta quale sia il nostro – dico di noi lettori, ma anche di tutti gli uomini indistintamente – debito di gratitudine nei confronti di quei veri e propri benefattori dell’Umanità che sono i traduttori letterari… Non sempre il lavoro, magari oscuro ma incommensurabilmente prezioso, di queste persone viene riconosciuto adeguatamente (anche dal punto di vista economico), ma se ci soffermassimo a pensare a quanti milioni, forse miliardi, di persone non avrebbero conosciuto e non conoscerebbero milioni, forse miliardi, di libri, ivi compresi tanti e tanti capolavori, allora ci renderemmo veramente conto di quale e quanta dovrebbe essere la nostra riconoscenza e la nostra ammirazione verso questi autori che solo un deprecabile preconcetto relega in secondo piano rispetto ai narratori tout court. Così come è agevole, se solo ci si riflette su un poco, comprendere quale sia l’apporto dei traduttori alla comunicazione tra uomini fisicamente lontanissimi tra loro, tra mondi diversi, tra culture differenti che, interagendo in tal modo tra di loro, si alimentano vicendevolmente, si arricchiscono e si evolvono.
Ricordo che nell’estate del 2005, nel corso di una fantastica serata all’Archivio di Stato, il grande Luis Sepúlveda perorò la causa dei traduttori, esaltando la loro opera (“Senza traduzioni il mondo sarebbe poverissimo e tristissimo”) e sottolineando come forse proprio e soprattutto nella nostra Italia essa non sia tenuta nella giusta considerazione…
E, allora, lode e gloria ai traduttori! Ma, per saperne e dirvi di più su questi benemeriti artisti e sul loro difficile lavoro, ho voluto rivolgere qualche domanda alla nostra conterranea Clara Nubile, brava scrittrice e traduttrice (tra le sue innumerevoli traduzioni dall’inglese spicca il celeberrimo “Vita di Pi”) e grande amica di Senzacolonne.
1) Clara, come è nata questa passione per la traduzione che è poi diventata il tuo lavoro?
Be’, è nata tanti anni fa, quando facevo il liceo a Brindisi e leggevo brani in inglese. In particolare mi colpì “Howl” di Allen Ginsberg, che come tanti altri grandi autori della Beat Generation fu tradotto dalla grandissima Fernanda Pivano, modello per tanti aspiranti traduttori. Mi misi in testa che volevo tradurre anch’io dall’inglese, e alla fine ce l’ho fatta.
2) In poche parole, se possibile, cosa si intende esattamente per traduzione letteraria? Quale è e deve essere lo scopo del traduttore? Immagino sia quello di mantenere il più possibile inalterato il contenuto e lo stile di un testo. Ma puoi spiegarlo meglio?
Ho sempre pensato al mestiere di tradurre, come una sorta di “traghettare” le anime delle parole, da una lingua all’altra. Si parla spesso, in radio e sui giornali, di traduzione letteraria (o editoriale), vale a dire la traduzione di narrativa, poesia, saggistica in italiano da una lingua straniera. Il traduttore dà voce a un autore, attraverso una ricerca ad ampio spettro, il più efficace possibile. Si lavora soprattutto sullo stile, sul ritmo, su tante piccole cose che compongono un testo letterario. I traduttori lavorano in punta di piedi, limano la propria presenza che in un testo deve restare minima.
3) Se è così, quanto è difficile raggiungere questo obiettivo che per alcuni, sostenitori dell’intraducibilità delle lingue, è impossibile? E in che misura, eventualmente, pensi sia raggiungibile?
Credo nella comunicazione, perciò non credo nell’intraducibilità. Piuttosto, ci sono opere che presentano delle difficoltà oggettive in fase di traduzione, anche a livello culturale. La trasmissione in un’altra lingua – e quindi in un’altra cultura – non è immediata. Il traduttore, a volte, deve fare qualche compromesso e persino sacrificare qualcosa del testo originale per poter tradurre: in questo caso, lo scopo finale è la trasmissione, la comunicazione. L’importante è essere onesti, con se stessi e con i lettori in italiano. Quali sono le traduzioni più difficili?
Quelle in cui non ti senti in sintonia con il romanzo che stai traducendo…
4) Quale è stata la traduzione che ti ha dato maggiore soddisfazione? E quella che ti ha messo più in difficoltà?
Difficile fare un solo esempio. Diciamo “Vita di Pi “ di Yann Martel, bellissimo romanzo, grande scrittore. L’ho tradotto in India, fra l’altro, quindi la sintonia era assoluta. La traduzione più difficile, la prima: “Hotel Everest” di Allan Sealy, autore indiano. Prosa criptica, ma incredibilmente lirica. Difficile da tutti i punti di vista, ma l’autore mi è stato di grande aiuto.
5) Che differenza c’è, se realmente esiste, tra lo scrivere e il tradurre?
La differenza esiste, eccome. Nella traduzione sei responsabile dell’opera di qualcun altro. Nella scrittura, ci sei solo tu. E quindi le responsabilità sono maggiori. Scrivere è creatività senza filtri. Tradurre significa dosare la propria creatività al minimo.
6) Quali le qualità più importanti per essere un buon traduttore?
Pazienza, meticolosità, amore della solitudine, capacità di ascolto.
7) È vero che il vostro lavoro è ancora oggi sottovalutato. Se sì, perché credi che accada?
Sì, purtroppo sì. Contratti e tariffe spesso non adeguate, se non addirittura inaudite. Ma questa risposta richiederebbe un articolo a sé. Anzi, lancio un appello ad eventuali colleghi traduttori e scrittori pugliesi… magari si può parlare insieme della situazione editoriale attuale in Italia.
Michele Bombacigno