Fahrenheit 451: altro che fantascienza…

Il ritorno, a quanto pare accompagnato da notevole successo, del reality show “Grande Fratello”, mi ha fatto inevitabilmente pensare, non senza un po’ di inquietudine, a due libri che amo immensamente, 1984 di George Orwell e Fahrenheit 451 di Ray Bradbury. Spesso i due romanzi, etichettati in maniera riduttiva come di fantascienza, sono stati giustamente accostati ed in effetti più di un aspetto li accomuna. È passato qualche anno da quando li ho letti, ma ricordo bene che la differenza più evidente, tra le tante che ovviamente possono rilevarsi pur tra le evidenti analogie (il libro di Orwell è più “politico”, più “cerebrale”, più complesso forse, quello di Bradbury, più breve, è più emotivo e poetico), sta nel fatto che mentre la tristezza disperata e ossessiva che accompagna le visioni profetiche di Orwell si protrae sino all’ultima pagina, l’angoscia che ci fa vivere il racconto di Bradbury si scioglie, almeno in parte, nel poetico finale che lascia spazio ad una speranza o, per lo meno, all’afflato di una palingenetica speranza. Lo scenario disegnato da Bradbury è inquietante e, nonostante sia stato pubblicato oltre sessanta anni fa, terribilmente vicino, mutatis mutandis (ma neanche troppo…), alla realtà che oggi viviamo.

Tra le altre cose, Bradbury “vede” televisori sempre più grandi che sostituiscono le pareti e vomitano idiozie tenendo incollate e istupidendo le famiglie, cuffie alle orecchie che isolano dal mondo circostante, case senza verande per impedire alle persone, ormai ridotte a semplici e passivi telespettatori, di ritrovarsi e chiacchierare, riflettere e confrontarsi, come un tempo. Come non pensare agli attuali LCD e al potere lobotomizzante della TV, agli insulsi reality show, agli I-pod et similia che isolano, a tutte quelle forme di pseudo comunicazione, indotta da una galoppante tecnologia, che spesso rendono i contatti tra gli uomini sterili e solo virtuali inducendo solitudine e alienazione? E, ancora, lo scrittore immagina giovani che solo per divertimento o noia cercano, scorazzando incoscientemente a bordo di auto sempre più veloci, di investire i passanti… Più che di fantasia o fantascienza è il caso di parlare di geniali intuizioni, di allarmante apocalittica ma azzeccata visione profetica. Lo scrittore americano immagina che in una ipertecnologica civiltà del futuro, un regime dittatoriale vieti di detenere e leggere libri.

I trasgressori vengono arrestati, le loro case e i loro libri bruciati da zelanti Vigili del Fuoco, tra i quali il protagonista, Montag, le cui profonde convinzioni circa la necessità e la “giustizia” del lavoro che svolge, cominciano pian piano a vacillare dopo l’incontro con una giovane apparentemente “pazza”. Romanzo inquietante, tagliente e onirico, sferzante monito e metafora, nonché magnifico inno alla lettura e ai libri. D’accordo, oggi è difficile ipotizzare che, almeno nella maggior parte delle nazioni, si possa arrivare a vietare la lettura e punire i trasgressori, ma forse che in alcuni regimi, nemmeno troppo lontani nel tempo (mi viene in mente il film capolavoro “Le vite degli altri”), non è accaduto e, in qualche Paese, non accade ancora? E poi, c’è forse una grande differenza tra l’operato dei pompieri di Fahrenheit 451 e gli effetti devastanti dell’utilizzazione subdola, strumentale e manipolatrice dei media, della televisione in particolare, tendente, in vari modi, ad uccidere la cultura, ad anestetizzare le menti, a spegnere l’intelligenza e la coscienza critica, a mortificare il libero pensiero, ad incentivare il disimpegno e l’appiattimento? E, allora, Bradbury ci dice – e il suo messaggio è incredibilmente attuale anche dopo sessanta anni – che i libri, la cultura sono l’unico strumento che abbiamo per contrastare questa moderna e insidiosa tirannia, per conservare le nostre radici e la nostra memoria, per continuare a pensare e progredire, per non dimenticare il passato e costruire un futuro diverso. Anche la scrittura è un capolavoro. Crea sapientemente un’atmosfera plumbea che bene esprime l’angoscia che avvolge e domina tutta storia, ma al tempo stesso è suggestiva e lirica, specialmente nel bellissimo e poetico epilogo. Un libro immortale, assolutamente da leggere e rileggere.

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“Avresti dovuto vederla, Millie!” “Che vuoi che me ne importi? Non la conosco nemmeno! E ha fatto male a tenersi i libri in casa. La colpa è stata tutta sua. Doveva pensarci prima. Per me, io la odio. Sarà stata lei a farti abbandonare il lavoro, dopo di che ci ritroveremo, lo sai benissimo, in mezzo a una strada, senza casa, senza posto, più niente!” “Tu non c’eri, stanotte, non l’hai veduta” riprese lui. “Ci deve’essere qualcosa di speciale nei libri, delle cose che non possiamo immaginare, per convincere una donna a restare in una casa che brucia. È evidente!” “Doveva essere una sempliciotta, quella donna.” “Ragionava bene, meglio, forse, di te e di me, eppure l’abbiamo arsa viva.”

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“Non si tratta soltanto della donna che è morta” riprese Montag. “Questa notte ho pensato a tutto il cherosene di cui mi sono servito da dieci anni a questa parte. E ho pensato ai libri. E per la prima volta mi sono accorto che dietro ogni libro c’è un uomo. Un uomo che ha dovuto pensarli. Un uomo a cui è occorso molto tempo per scriverli, per buttar giù tante parole sulla carta. Ed è un pensiero che non avevo mai avuto, prima di questa notte.”

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“Offri al popolo gare che si possano vincere ricordando le parole di canzoni molto popolari, o il nome delle capitali dei vari Stati dell’Unione o la quantità di grano che lo Iowa ha prodotto l’anno passato, riempi loro i crani di dati non combustibili, imbottiscili di ‘fatti’ al punto che non si possano più muovere tanto sono pieni, ma sicuri di essere ‘veramente bene informati’. Dopo di che avranno la certezza di pensare, la sensazione del movimento, quando in realtà sono fermi come un macigno. E saranno felici, perché fatti di questo genere sono sempre gli stessi. Non dar loro niente di scivoloso e ambiguo come la filosofia o la sociologia affinché possano pescare con questi ami fatti ch’è meglio restino dove si trovano. Con ami simili, pescheranno la malinconia e la tristezza. Chiunque possa far scomparire una parete TV e farla riapparire a volontà, e la maggioranza dei cittadini ora può farlo, sarà sempre più felice di chiunque cerchi un regolo-calcolatore, di misurare e chiudere in equazioni l’Universo, il quale del resto non può esserlo se non dando all’uomo la sensazione della sua piccolezza e della sua bestialità e un’immensa malinconia.”

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“I buoni scrittori toccano spesso la vita. I mediocri la sfiorano con una mano fuggevole. I cattivi scrittori la sforzano e l’abbandonano. Capite ora perché i libri sono odiati e temuti? Perché rivelano i pori sulla faccia della vita. La gente comoda vuole soltanto facce di luna piena, di cera, facce senza pori, senza peli, inespressive.”