Brindisi tra le regioni del mondo a più basso tasso di suicidi e tra le città più felici d’Italia. Il segreto? La “luce”

Certo, non c’è da meravigliarsi se qualcuno non ci crederà! Con in giro tanti brindisini dediti allo sport della perenne lamentela e dell’auto-commiserazione, infatti, potrà anche apparire strano che si affermi che nella nostra città, di fatto e tutto sommato, si vive evidentemente abbastanza bene, senza con ciò voler nascondere o sottovalutare le tante, e anche gravi, carenze che l’affliggono.

Eppure, tante statistiche -e non solo una- indicano che i brindisini sono tra i cittadini più felici d’Italia e che la Puglia è la seconda regione italiana con il minor numero di suicidi pro-capite. Che il segreto di tali lusinghieri primati sia “la luce di Brindisi” invece, lo affermo io! E poi, spiegherò anche il perché! E perché mai ho deciso di scrivere un blog su questo argomento? Semplicemente perché oggi, prendendo la metropolitana a San Francisco, il Bart, ha richiamato la mia attenzione il retro del biglietto. Eccolo:

Allora, incuriosito, ho provato a documentarmi, in principio per capire se quell’insolito annuncio su uno strumento di massa come una metropolitana, derivasse dal fatto che il problema dei suicidi fosse specialmente grave negli Stati Uniti -cosa che poi non è risultata essere tale- e poi per capire come fosse messa l’Italia in questo contesto e poi, finalmente, pensando a Brindisi. Ho così scoperto che Brindisi appartiene a una regione, la Puglia, dove il tasso di suicidi è il secondo più basso, dietro solo la Campania, in un paese, l’Italia, che nel mondo e nella stessa Europa, si annovera, per sé, tra quelli con il più basso tasso di suicidi, al 67º posto su 75 nazioni considerate: 6,3 suicidi all’anno ogni 100.000 abitanti, contro una media mondiale di 11,9 e tra gli estremi di 31,8 per la Lituania e di 4,7 per l’Uzbekistan.

Un dato interessante da segnalare è anche che il tasso di suicidio maschile nel mondo è estremamente più elevato di quello femminile, da tre a cinque volte -in Italia oltre tre volte- mentre per quanto riguarda l’età, nella maggioranza delle nazioni il tasso di suicidi cresce al crescere dell’età, e colpisce soprattutto la classe adulta e anziana. In Italia, il Nord-est e il Nord-ovest sono le ripartizioni con i livelli di mortalità per suicidio più alti, il Centro e le Isole oscillano su valori prossimi alla media nazionale, mentre il Sud presenta valori nettamente inferiori. In Campania il tasso annuale di suicidi per ogni 100.000 abitanti è di 2,4 ed in Puglia di 2,9. Il massimo invece, si registra in Val D’Aosta con 11,7 seguita dal Friuli Venezia Giulia e dal Trentino Alto Adige.

Le teorie elaborate per spiegare il tasso di suicidi in una determinata popolazione sono tante ed abbastanza discordanti tra di esse. Alcune teorie avanzano l’ipotesi che legano il fenomeno alla mancanza di luce o al freddo, anche se si tratta di teorie che si scontrano contro il fatto che, anche se le zone vicine al circolo polare artico sembrano toccate in maniera particolare da questo tipo di fenomeno, tuttavia le connessioni con il clima freddo sembrano insignificanti, dal momento che per tutti quei paesi i tassi di suicidio in un passato neanche troppo remoto erano prossimi a zero, e la temperatura è sempre stata molto rigida. Per quanto riguarda la luce, inoltre, in alcuni di quei paesi molto nordici è stato osservato un incremento di suicidi durante l’estate, la cui giustificazione potrebbe però essere l’insonnia causata dal sole notturno.

Altre teorie assegnano le colpe all’industrializzazione e ai regimi: per molti popoli colpiti da un incremento nel tasso di suicidi, sembra infatti ricorrente la presenza di un repentino cambiamento sociale o politico che abbia scardinato i meccanismi della cultura tradizionale: primati nel tempo sono toccati a paesi appartenenti alla zona dell’ex Unione Sovietica, o a popoli con tradizioni secolari a cui l’industrializzazione ha imposto un radicale cambiamento di stile di vita, come per le popolazioni oltre il circolo artico. Un’altra teoria interessante sul fenomeno dei suicidi, è quella elaborata dal famoso sociologo francese Emile Durkheim, secondo cui, i cambiamenti repentini nelle società possono comportare un declino della morale comune, che invece solitamente funge da collante sociale: l’individuo si ritrova in una condizione in cui le proprie norme e i propri valori non sono più rilevanti, mentre nuove norme sociali non sono ancora definite.

Il legame tra presente, passato e futuro è difficile da individuare, le nuove condizioni sono difficili da controllare e si può sviluppare un forte senso di anomia -mancanza di norme comuni- e di isolamento sociale, soprattutto nella classe adulta e anziana: il tasso di suicidi in Hong Kong e Singapore nel boom economico degli anni 80 quasi si quintuplicò per la classe anziana. Risultati analoghi si ebbero anche per i nativi del Nord America, dove il fenomeno non si verificò tra chi mantenne gli stili di vita tradizionali. In genere c’è, oggigiorno, accordo sul ritenere che i fattori che più influenzano il rischio di suicidio comprendono disturbi psichiatrici, abuso di droga, stati psicologici alterati, situazioni culturali, familiari e sociali, e la genetica. Altri fattori di rischio includono l’aver già tentato un suicidio, la pronta disponibilità di un mezzo per commettere l’atto, una storia familiare di suicidio o la presenza di lesioni cerebrali traumatiche.

 

I fattori socio-economici, come la disoccupazione, la povertà, essere senza fissa dimora e la discriminazione, possono scatenare pensieri suicidi, mentre il rapporto diretto tra crisi economica e ricorso al suicidio è smentito dal fatto che paesi europei come la Germania e la Finlandia, in cui la crisi è meno sentita, registrano tassi tra i più alti di suicidio, mentre la Grecia, in assoluto il paese colpito in maniera più grave dalla crisi, esibisce i tassi di suicidio più bassi d’Europa. I veterani di guerra hanno un elevato rischio di suicidio, dovuto in parte a più alti tassi di malattie mentali e problemi di salute fisici legati all’esperienza subita. E, finalmente, la genetica sembra controllare tra il 38 % e il 55% dei comportamenti suicidari. E con la felicità, come la si mette? Secondo un’analisi condotta dall’osservatorio dell’Università Statale di Milano, sono i milanesi i più tristi dello Stivale: su Twitter, solo il 44% di tweet felici.

L’osservatorio web dell’ateneo milanese ha di recente pubblicato iHappy2015, la classifica della felicità italiana in base ai tweet, ovvero i messaggi di 140 caratteri pubblicati su Twitter. Commenti, dichiarazioni d’amore, di rabbia, di felicità, dipingono, in poche lettere, quello che pensano e provano gli italiani che abitano nelle 110 province. La palma di capitale della felicità va una città sarda: è Cagliari, infatti, ad aggiudicarsi il primato con il 67,4% di felicità. Al secondo posto si trova Lecce con il 67,1%, seguita da Genova con il 67%, da Parma al quarto posto con il 65,9% e, al quinto posto con il 65,8%, da Brindisi: “la Porta d’Oriente che sin dall’antichità è stata un crocevia di culture e genti è tuttora uno dei posti più belli da vivere” -questo, virgolettato, il commento che accompagna il risultato della ricerca- Con poche eccezioni, le grandi metropoli finiscono in fondo alla classifica. Tra inquinamento, stress, traffico ed emergenza abitativa la più triste del 2014 risulta essere Milano, ultima al 110° posto con il 44,3% di tweet felici. E adesso, resta solo da esporre la mia teoria: A Brindisi non si pensa al suicidio e si è felici, grazie soprattutto alla “luce” di Brindisi. Quanti hanno fatto caso a questo aspetto singolare della nostra città? In quale altra città al mondo c’è una “luce” uguale a quella di Brindisi? In nessuna, o “in quasi nessuna” direi io, che pur di altre città al mondo ne ho viste abbastanza.

E perché mai? Com’è la “luce” di Brindisi? Ebbene, per spiegarlo niente di più chiaro e di più esplicito e rivelatore di quanto scritto da Cesare Brandi -uno dei maggiori critici e storici dell´arte, fondatore della teoria del restauro, studioso di estetica, saggista, scrittore e poeta- nelle prime pagine del suo “Viaggio nella Grecia antica” pubblicato nel 1954: «…La bellezza di Brindisi non è travolgente, e più che di bellezza bisogna parlare di attrattiva; ma il piano stesso della città, con la sua lunga strada alberata e lo sbocco su un mare dolcissimo, permette di assaporare via via per quel che vale, e vale parecchio, “la luce candida che dardeggia” la città da ogni lato. Sarà stata la primavera, l’aria lavata dalle piogge recenti, il sole che non acceca come d’estate: ma in quella luce sembrava di trovarsi entro pareti di cristallo, nella lanterna d´un faro…».
Nel leggere la descrizione che Brandi fa di Brindisi nel suo libro, infatti, per un po’ non si riesce a capire da che cosa, di preciso, si recepisca “un’inconscia ma indubbia trasmissione di positività”. É la luce! Lo si capisce rileggendolo. La “luce candida che dardeggia” su Brindisi, e non solo in primavera come è toccato di costatare a Brandi ma, lo garantisco io, tutto l’anno e finanche in pieno agosto. Ed è proprio quella “indubbia trasmissione di positività” -ne sono assolutamente sicuro- che ci rende, magari inconsapevolmente, felici e che in tutti noi riesce a ostacolare caparbiamente ogni spazio di penetrazione alla depressione. [email protected]