Beata ignoranza, patrimonio Unesco

Ho conosciuto pochi ignoranti nella mia vita, ma uno in particolare mi ha segnato. Aveva un’innata, quanto spiccata vocazione, a scoprirsi meravigliato dei confini, che ogni giorno, la sua ignoranza gli faceva oltrepassare. All’aumentare della sua conoscenza, cresceva il suo stato di beatitudine che l’ignoranza gli conferiva, alimentandosi di nuova ricerca, incuriosita perlustrazione.
La sua era consapevolezza, socratica, direbbe qualcuno, che sapere di non sapere, è principio fondamentale del sapere.
Acquisire nuova conoscenza, per migliorare la propria sapienza, non è però vizio per oziosi, ma una necessità viva e reale se si vuole progredire, crescere, vivere.
Rinunciare a soddisfare la fame di conoscenza, per un ignorante, significa cadere nel tranello che gli tende la presunzione.
Oggi i limiti di presunzione sono talmente ampi ed il livello di mediocrità talmente alto, che nessuno, ma proprio nessuno è nelle condizioni di permettersi il lusso di sentirsi o peggio, mostrarsi ignorante. L’ignoranza è uno stato di armoniosa umile consapevolezza di aver bisogno dell’altro, di ogni altro, per conoscere, condividere, crescere insieme.
I genitori della mia generazione, erano ignoranti veramente, sapevano ed erano coscienti che avevano bisogno di noi figli, perché loro stessi non bastavano, per colmare il differenziale che li distanziava dalla conoscenza.
I genitori della mia generazione, non erano capre ottuse, ma quantunque, squalificati operatori della zappa, avevano ben chiara la loro missione, che noi figli eravamo il gradino più in alto di quella scala sociale che li vedeva al piano seminterrato.
I figli generati da quei ragazzi usciti dalla Seconda Guerra Mondiale, ne hanno saliti di gradini sociali, tanti, ma proprio tanti, che oggi, i loro figli sono costretti a scenderne molti, perché qualcosa non ha funzionato, qualcosa è andato storto.
Oggi assistiamo alla concorrenza sleale dei pronipoti del Bignami, ottuse capre saccenti, che pascolano libere sulla rete e tra i social networks – illusorie piattaforme democratiche – veri talebani guerrieri col like sempre pronto a giudicare, sono il vero tsunami provocato dall’onda anomala seguita al terremoto culturale e delle conoscenze acquisite in tanti decenni.
La terra è piatta, si ode blaterare una fake di qua; la crisi ambientale è volontà di Satana, le fa eco una fake di là. Il nuovo ordine mondiale retto dalla concentrazione delle forze del male nelle sembianze del triangolo pluto-giudaico-massonico incornicia il tutto, con un solo risultato, quello che chi ci guadagna, schiaccia oltre ogni indecenza, il libero convincimento individuale.
Accade così che la confusione delle competenze, permetta a chicchessia di sparare minchiate a mitraglia, tanto nessuno gliele può contestare e i criteri che discriminano e qualificano ampi settori della società, oramai sono saltati e quel che conta è il numero di like che riesci a dimostrare di avere al seguito del tuo post su facebook.
Si altera sempre più il rapporto tra l’ignorante e la conoscenza, col primo sempre meno disposto a riconoscersi bisognoso si migliorarsi attraverso gli attuali sistemi (umile si, scemo no), la seconda gestita nel peggiore dei modi possibili, a far principio da chi la dovrebbe perseguire per istituto: lo Stato a vantaggio di tutti.
Il ripristino necessario di un corretto dialogo tra chi vuole conoscere e chi sa, non è ancora percepito come bisogno e in varie parti si alimenta di scontri violenti, uno per tutti i gilet gialli nella laicissima e culturizzatissima Francia. La patria di Voltaire e delle libertà, mostra forse il fronte più emergente di uno conflitto che si snoda e si contorce fin dentro la nostra minuscola realtà provinciale.
Come uscirne, ma soprattutto, chi può ricominciare, è ancora una volta l’ignorante, che con beata e santa pazienza, deve riapprovvigionarsi di quel desiderio di riscoprire la voglia di ricercare. Come farlo? In questi giorni stranissimi e carichi di bulimie commerciali e inquieti sensi di colpa sedati a suon di euro, c’è forse nascosta in un anfratto della grotta buia della nostra coscienza, un simbolo che andrebbe recuperato, dopo averlo bello che pulito da decenni di strane incrostazioni.
Il simbolo è tutto racchiuso in un nucleo familiare che la cultura e la tradizione affinata al setaccio della storia, ci consegna nel formato di una famiglia sgangherata, perseguitata, offesa, il cui figlio, sin dalla nascita diventa oggetto di persecuzione e che, alla pur giovane età di 33 anni, muore di morte naturale. Una suggestione, da quella famiglia, da quel bambino e della loro voglia ignorante di crescere e condividere il desiderio di pace, ognuno potrebbe ricominciare a ripensare alla propria disponibilità a far rinascere il proprio diritto all’ignoranza. A tutti, Buona Rinascita.