
Di Marina Poci per il numero 399 de Il7 Magazine
Lei come si definirebbe?
“Io sono un trasformista performer e un parodizzatore. Per favore, non scriva che faccio l’imitatore. Le mie sono parodie”.
Che differenza c’è tra le due espressioni?
“Non rendo il personaggio per quello che è, ma lo scimmiotto”.
Personaggi dello spettacolo, dei cartoni animati, delle favole, dei film, o semplicemente creature improbabili partorite dalla sua vulcanica fantasia. Il Cappellaio Matto del capolavoro di Carroll “Alice nel paese delle meraviglie”, l’Edward mani di forbice del meraviglioso lungometraggio di Tim Burton, l’eccentrico produttore di cioccolato Willy Wonka, il serial killer Freddy Krueger, la star del pop David Bowie, l’idolo dei teenager Achille Lauro e l’idolo delle nonne Carlo Conti, eppure quello a cui si sente più legato è Albano Soler: un incrocio tra il nazionalpopolare cantante di Cellino San Marco, e il cantautore e musicista spagnolo arrivato alla ribalta del grande pubblico con la travolgente “Sofia” nel 2016. Preferito perché forse lo riporta all’infanzia, a quando – aveva sette o otto anni, più o meno – scoprì l’arte più difficile di tutte, quella di mettersi nei panni degli altri, amandola a tal punto da non abbandonarla mai più.
Ora Pasquale Zonno, 47enne di San Pietro Vernotico con un passato di collaborazioni con i The Lesionati e, prima ancora, con Stefano Cacudi, amico prezioso perso per un incidente d’auto il 23 luglio del 2010, di quell’arte ha fatto un lavoro, fondando la “Zonno srls” una società a responsabilità limitata semplificata con la quale porta in giro per l’Italia tutta la sua voglia di essere altro e altrove, obbediente al motto che, nell’abitazione allestita come un museo della stravaganza, campeggia accanto alla sua immagine con il costume da Superman (e relativa maschera da Uomo Tigre tra le mani”), ovvero “è come sentirmi per un attimo quello che avrei voluto essere per una vita!”.
La sua capacità di trasformarsi lo ha reso un’icona nel panorama dell’intrattenimento unconventional del Salento: Zonno parte da un particolare aspetto fisico, caratteriale, professionale, e su quello è capace di cucire la trama della scena che intende proporre al pubblico, imbastendole sopra elementi comici, spesso vernacolari, che rendono le sue performance uniche e memorabili.
Ma il bernoccolo degli affari di Zonno non resta confinato soltanto alla società di servizi di animazione e spettacolo: malgrado questa occupi ormai gran parte della sua giornata, non ha mai rinunciato all’attività imprenditoriale di famiglia (della quale è amministratore) nel settore della produzione di contenitori in pet. Attività che dirige e gestisce in nome del papà, scomparso da qualche mese, e alla quale riesce a far fronte – nei rari casi in cui il trasformismo lo porta lontano – grazie alla rete degli insostituibili collaboratori che lo affiancano.
Creatività e imprenditorialità che camminano di pari passo e gli consentono, in modo diverso, di esprimere il rigore e l’estro, la serietà e la magia, il senso di responsabilità e la leggerezza.
Come ha cominciato?
“Con l’animazione nelle discoteche (tutte le migliori del Salento e poi d’Italia) e le feste in spiaggia, sui lidi, mai da solo, ma sempre in collaborazione con altri artisti del territorio salentino. Sino ad un certo punto siamo stati un’associazione. Dopo, interrotte le collaborazioni, ho costituito una società. Nel frattempo i social sono diventati sempre più importanti per farsi conoscere: ho iniziato a essere virale e le mie performance sono viste e conosciute anche al di là del Salento”.
Fa anche molta beneficenza.
“L’ho sempre fatta, è una cosa che mi dà tantissima gioia e mi permette di ripagare le fortune che la vita mi ha dato. Una delle esperienze che mi gratifica di più è il Babbo Natale giallorosso: porto un Babbo Natale tifoso del Lecce nei reparti di pediatria degli ospedali, per dare un po’ di sollievo ai bambini che, in un periodo che dovrebbe essere di festa, sono invece ricoverati”.
Parliamo della sua casa.
“È una casa-galleria. Ho iniziato a costruirla nel 2014, la seconda ala l’ho realizzata nel 2019, la terza è ancora in fase di realizzazione. La mia casa è la casa di tutti, è aperta a chiunque voglia di venire a trovarmi per osservare da vicino i costumi dei miei travestimenti e anche una serie di oggetti che riguardano il mondo dei cartoni animati, del cinema, della musica e dello spettacolo in generale. Sono cimeli, alcuni molto rari, che però non sono esposti come in un museo: sono oggetti che utilizzo per i miei travestimenti All’inizio non ci abitavo, poi l’ho trasformata in un posto adatto a viverci”.
Chi viene a visitare la sua casa-galleria?
“Non c’è un target definito, ci vengono tutti. Naturalmente i bambini sono i più interessati: vengono in gruppo o accompagnati dai genitori e si dimostrano sempre molto curiosi, fanno domande, chiedono la storia degli oggetti e come li utilizzo. Nella mia casa ci sono tutti i miei personaggi fotografati e incorniciati: credo che siano più di cinquecento i quadri che mi raffigurano mentre performo”.
Si trucca da solo?
“No, collabora con me e spesso appare nei miei video Francesca Pellegrino: mi trucca da tanti anni e diventa sempre più brava”.
In uno dei suoi ultimi video su TikTok lei fa riferimento a una sala di registrazione per musica, video, podcast: a che punto è il progetto?
“Ci sto lavorando. Vorrei creare all’interno anche una zona radio, per dare la possibilità a chi lavora nell’ambito di usufruire di spazi non semplici da trovare dalle nostre parti e, chissà, magari creare anche delle nuove collaborazioni”.
La sua famiglia come ha reagito davanti alle sue iniziative artistiche?
“Mia madre e mia sorella mi hanno sempre sostenuto. All’inizio mio padre non le ha viste di buon occhio, poi piano piano ha cominciato a digerirle. Negli ultimi tempi posso dire che era molto contento e che si divertiva a guardarmi”.
A parte Albano Soler, che è quello a cui si sente più legato, c’è un personaggio che le corrisponde particolarmente?
“Diciamo che mi affeziono a tutti i miei personaggi. Se mi trasformo in qualcuno, cerco di farlo al meglio, cercando di rendere bene le caratteristiche che più ritengo interessanti. Però sicuramente il personaggio da trucco, da cosplay, a cui più mi sento vicino è il Cappellaio Matto. Mi piace moltissimo trasformarmi in lui perché mi riconosco nella sua follia. E anche nella sua indifferenza al giudizio degli altri. Per fare quello che faccio io serve essere corazzati e fregarsene di quello che pensano le persone. Non è proprio facilissimo andare allo stadio travestito. O andare in giro per il mondo e fare l’artista da strada L’ultima volta che sono stato a Barcellona, ho passeggiato per la città travestito da Napoleone e mi sono divertito moltissimo. Non potrei farlo se mi spaventasse quello che la gente pensa di me, soprattutto perché poi, dall’altro lato, ho una vita molto regolare. Agli occhi della gente non stato facile arrivare a far conciliare le due parti di me”.
E dentro di sé come le ha conciliate, queste due parti?
“La mia seconda attività, quella artistica, mi porta a vivere benissimo anche la prima. Ho una vita meravigliosa e ogni giorno, per qualche minuto, posso immaginare di essere una persona diversa. La considero una grande fortuna”.