
di GIANMARCO DI NAPOLI
Il sindaco Riccardo Rossi ha inaugurato la campagna elettorale sbagliando completamente le previsioni su quanto sarebbe accaduto a livello nazionale: il 31 luglio, sulla sua pagina Facebook, ha scritto che per evitare all’Italia un governo di centrodestra (che paragona a quello ungherese di Orban) occorre “una coalizione progressista con PD, M5S, Verdi e Sinistra Italiana, Art.1. Impossibile qualsiasi alleanza con Calenda e i fuoriusciti di Forza Italia. La rottura tra PD e M5S mi preoccupa e spero che, anche se ormai difficile, i veti incrociati tra Letta e Conte rientrino”. Due giorni dopo Letta e Calenda hanno trovato l’accordo, Verdi e Sinistra italiana no, Conte meno che mai.
Rossi, che da tempo ha aderito all’alleanza Sinistra italiana ed Europa Verde, si è visto crollare all’improvviso a Roma quell’asse Pd-M5S proprio quando era riuscito, finalmente, a mettere le basi a Brindisi per un accordo con i grillini, in funzione elettorale, una volta liberatosi di quei rompiballe di Gianluca Serra e Tiziana Motolese. I grillini avrebbero dovuto surrogare in qualche modo l’allontanamento degli ex Liberi e Uguali, confluiti nel neonato movimento Progressisti per Brindisi e la fuoriuscita dal Pd di un portatore di voti come Antonio Elefante e di una imprenditrice storicamente (e finanziariamente) rappresentativa come Rosy Barretta. Dando per scontata una sua ricandidatura, sigillata di fatto dalla rinuncia a correre nelle prossime politiche, Rossi dovrà fare i conti non solo con gli equilibri interni, in parte compromessi, con la fine della liaison con il governatore Michele Emiliano e con le indicazioni che arriveranno da Roma, anche alla luce dei risultati del 25 settembre.
Per le amministrative della prossima primavera non dovrà confrontarsi solo con un’agguerrita coalizione di centrodestra, ma anche con l’alleanza “Brindisi al Centro” che, se dovesse trovare la quadra nelle tante diversità di cui è composta, potrebbe diventare molto più di un incomodo. Allo stesso tavolo siedono infatti i repubblicani nel cui retrobottega opera ancora con immutato entusiasmo Giovanni Antonino e il cui figlio Gabriele nel 2018 fece registrare il record delle preferenze (1.863) portando il Pri ad essere il terzo partito dietro M5S e Pd. E poi siede il Movimento Regione Salento che fa riferimento al consigliere regionale (e proprietario di Tele Rama) Paolo Pagliaro: nelle sue fila un altro recordman di voti, l’ex assessore Lino Luperti, super votato nel 2012 e nel 2016, e ancora gli ex assessori Marika Rollo e Giuseppe De Maria. Ci sono poi Azione (il movimento che fa riferimento a Calenda), Brindisi a colori (Lele Carbone e Pietro Bevacqua), Brindisi popolare (Teodoro Pierri); Forza Brindisi (Fabio Speranza, Antonio Monetti e Roberto Vantaggiato); La casa dei liberali (Angelo Caniglia e Grazia Federici); Noi autonomi e partite iva (Emilio Morocutti e Vito Micaletti); Senso Civico (Dario Rapanà). Questa coalizione esprimerà un proprio candidato sindaco e Luperti giura che non sarà lui: si cerca un nome che metta tutti d’accordo, non sarà semplice ma potrebbe essere il vero outsider.
Il centrodestra cerca la quadra, ricordando bene che proprio le fratture interne, quattro anni fa, spianarono la strada alla vittoria di Rossi. In realtà l’esordio non è stato proprio incoraggiante visto che Forza Italia, Lega, Idea per Brindisi e Udc da una parte e Fratelli d’Italia dall’altra hanno bisticciato per una carica tutto sommato non fondamentale come quella del vicepresidente del Consiglio. Alla fine l’hanno spuntata i primi eleggendo Luciano Loiacono mentre Gabriele Antonino, che era il candidato sostenuto da Fdi, ha fatto un passo indietro. Ma è stata comunque una crepa all’annunciata unità d’intenti.
Il centrodestra parte da un’unica certezza, quella di poter contare su un deputato anche nella prossima legislatura: sarà infatti blindata la candidatura di Mauro D’Attis. A lui spetterà il compito di tentare, e non sarà un’impresa semplice, di riportare a Brindisi la stessa unità d’intenti con la quale il centrodestra è convinto di vincere a livello nazionale. Anche per lui sarà una prova di leader-ship, forse senza appello.