Il vero primo giorno di scuola (qualunque sia l’ordine e il grado) è quando alla prima ora ti danno una prima. Una prima classe intendo. Alla prima ora del primo giorno.
Si ha proprio la sensazione del rinnovamento! Non si hanno termini di paragone: non sono cresciuti, né più abbronzati, né più vivaci. Sono nuovi nuovi, appena arrivati (nel mio caso) dalle scuole medie e si aspettano tanto!
La mia è una Prima Internazionale a curricolo quadriennale (Scienze Applicate): 18 bellissimi volti puliti! Ragazzi educati, rispettosi: si alzano subito in piedi all’ingresso dell’insegnante. Abbiamo le postazioni mobili con tavoletta e portazaino: il banco è scomparso da tempo. Ciascuno si sposta grazie alle ruote basculanti: è la classe “liquida”. Tutti compagni di banco di tutti. “Ci si può spostare liberamente!” li avviso. Ma loro stanno vicini vicini, tutti dallo stesso lato dell’aula. Si sentono già parte di una comunità, avvertono lo spirito della condivisione di un cammino da compiere insieme per un obiettivo comune.
E’ tutto uno scambio di contatti: numeri di telefono, indirizzi email. Sono garruli come uccellini appena consapevoli che possono volare. Il gruppo su Telegram, l’aula digitale su Facebook: è il loro linguaggio che è diventato il mio.
Si presentano: su 18 solo tre sono di Brindisi. Arrivano da Ceglie, Sava, San Marzano, Novoli…addirittura da Termoli! Ragazzi coraggiosi che, a 14 anni, hanno intrapreso la strada meno comoda rispetto alla scuola superiore vicino casa! Io li rispetto e ammiro i loro genitori che hanno preso una decisione così difficile. Ora non ci resta che dare corpo ai loro sogni, essere all’altezza delle aspettative di ciascuno, dimostrare che quei chilometri macinati ogni giorno valgono l’impresa.
Voglio che al mattino si alzino col sorriso, si preparino velocemente contenti venire a scuola e di entrare in classe.
Voglio che si sentano compresi se rallentano, supportati se sbagliano, gratificati quando ottengono un risultato.
Voglio che “sentano” che siamo lì per loro e grazie a loro, che ripongano fiducia in noi che siamo i primi ad imparare insegnando.
Li voglio sentire dispiaciuti per una lezione che si sono persa e sollevati perché possono recuperarla.
Voglio che il suono della campanella li sorprenda come la necessaria, ma fastidiosa interruzione di una narrazione. Non una scuola divertente dunque, ma una scuola coinvolgente fatta di ore e di giornate da non perdere.
Un sogno? No. La mia scuola è questo: una realtà vera, tangibile, concreta che si evolve e migliora sia pur tra mille ostacoli.
Li ho visti i loro occhi: limpidi e fiduciosi. Finchè incroceremo i nostri sguardi non avremo paura di niente, perché la scuola non è angoscia, né stress, ma un cammino comune su strade lastricate del sapere di chi ci ha preceduto.
Ci siamo incamminati su quel sentiero, Impareremo a conoscerci, a pretendere il meglio gli uni dagli altri, consapevoli di trovarci dalla stessa parte!
Giusy Gatti Perlangeli