Quando Facebook diventa poesia

Che i social networks siano diventati una concreta modalità attraverso la quale ci rapportiamo agli altri è un dato di fatto sul quale intellettuali di alto calibro si sono espressi. Pertanto vi risparmio l’ennesima dissertazione sull’argomento. 

Per me Fb oltre ad essere il “luogo” i cui posso recuperare legami interpersonali che altrimenti non coltiverei, è soprattutto uno strumento didattico, sul valore del quale mi dilungherò in un’altra occasione.
Oggi, però, voglio raccontare un episodio, proprio per dimostrare come tra la vita reale e quella virtuale ci sia uno scambio più intenso di quanto non si creda, e come dalla rete alla vita rimbalzino suggestioni ed empatie.

Qualche giorno fa cambio la mia “immagine di copertina”: sfondo bianco, corsivo nero. La frase era questa:

“Mi piacerebbe avere qualcuno vicino che mi regali libri senza un perché e che magari mi dica “Ero in libreria: la copertina mi ha fatto pensare a te””.

Sotto la foto, una serie di commenti relativi alla circostanza. In realtà capita più sovente che, a Natale ad esempio, si riceva un Olio&Aceto (come se non ne avessimo già di tutte le fattezze e materiali…) piuttosto che un libro pensato proprio per noi, rispettoso di quello che siamo o vorremmo essere, “pensato”, adattato, dedicato a noi, al di là delle classifiche di vendita o delle mode, spesso effimere, del momento.

Ricevo l’ultimo commento alle 23:30. Tardi…Segno che siamo in molti a voler condividere pensieri, sensazioni, riflessioni prima di andare a dormire.

Il mattino dopo ho lezione alle 8. Entro a scuola velocemente, mi dirigo verso le scale…”Professoressa!!!”. Mi giro. Una delle collaboratrici scolastiche mi chiama. Torno indietro. Mi raggiunge porgendomi una busta di carta con i manici. La pubblicità stampata sulla busta era di una nota marca di prodotti naturali per la cura della persona. In un lampo mi passano per la mente rapidi dei flash: penso che se qualcuno mi sta facendo pervenire, che so, una crema antirughe, la situazione è davvero tragica… Ringrazio e, scostando leggermente i manici, ne scorgo il contenuto. Nulla che avesse a che fare con la cura del corpo. Piuttosto si trattava di “cibo per la mente”: un libro!

Salgo le scale di corsa. Metto il pacchetto sotto la cattedra. Passo il badge, le assenze, le giustifiche, la lezione…
Parliamo del realismo francese di Balzac, poi Zola…Il Naturalismo di Flaubert, quindi Maupassant… Cerco di chiarire i canoni di questo nuovo modo di narrare. Leggo “La collana” di Guy de Maupassant. Come sempre il finale del breve racconto strappa un “Ooohhh!” di meraviglia. Assegno le pagine da studiare. Passo dalla Quinta alla Terza. Altro giro altra corsa, si cambia. Affrontiamo lo Stilnovo. Guinizzelli e poi Cavalcanti. “Io voglio del ver la mia donna laudare”, “Voi che per li occhi mi passaste ‘l core”. Analizziamo i sonetti, li commentiamo, li confrontiamo, ne gustiamo l’intima bellezza. La busta di carta è nella mia borsa…
Suona la campanella. Fine delle lezioni.
Vado a casa. Ancora di corsa. Cucino. E mentre cucino apparecchio. Servo in tavola si mangia. La busta è ancora nella mia cartella.
Caffè. Prendo la busta di carta e mi siedo finalmente.
Estraggo il contenuto. Sì, è un libro che qualcuno, avendo letto il mio post ha deciso di farmi recapitare.
Non è nuovo, non è stato acquistato per l’occasione: non mi risulta che a Brindisi ci siano librerie notturne, infatti.
Lo apro. Sulla prima pagina bianca, subito dopo la copertina, c’è una dedica scritta con l’inchiostro blu. La grafia è minuta ed elegante:

“E’ molto bello anche scegliere e regalare uno dei libri preferiti dalla propria libreria. Ieri ho pensato subito a questo. Spero tu non l’abbia già letto. Sicuramente ti piacerà. Scusa il modo informale, ma sentivo l’esigenza dopo il tuo post di ieri . Con stima.”

La dedica non è firmata. Non sono in grado di stabilire se sia di una donna o di un uomo. Sfoglio le pagine alla ricerca di un indizio. Lo giro, lo rigiro. Non trovo tracce che mi aiutino ad identificarne l’ex possessore.
Il libro è “La masseria delle allodole” di Antonia Arslan, una storia toccante di un gruppo di armeni dell’Anatolia vittime dei rastrellamenti organizzati dal governo turco: un genocidio mai sufficientemente portato alla luce dai libri di storia.

Non so ancora chi sia la persona che ha voluto omaggiarmi di questo importante “pezzo” della sua libreria. So che scegliendo quel libro, proprio quello, ha pensato a me, a quello di cui mi occupo quotidianamente. Mi ha voluto regalare un pezzo di storia, affinché i miei orizzonti si ampliassero ancora…Ha deciso di darlo a me, ma con quel libro, mi ha regalato un pezzettino di sé, della sua vita, della sua cultura.
Non avrei potuto ricevere dono più gradito.
Grazie, amico sconosciuto.

Giusy Gatti Perlangeli