
Noi li chiamavamo semplicemente “i dischi”. Oggi, in un’epoca di etichette (non solo discografiche) e distinzioni, siamo costretti a chiamarli “vinili” se no la generazione degli Mp3 e di Spotify non capisce di che parliamo…
Oggi la musica è nell’aria, passa attraverso mezzi fino a poco tempo fa impensabili…il telefono, l’ipad, il computer. Per noi che eravamo ragazzi tra gli anni Settanta e Ottanta la musica era anzitutto “la radio”: “se una radio è libera ma libera veramente, mi piace ancor di più perché libera la mente…” cantava Eugenio Finardi nel 1976, proprio negli anni in cui esplodeva il fenomeno delle radio libere attraverso le quali, per la prima volta, si poterono diffondere nell’etere messaggi e contenuti alternativi a quelli veicolati all’interno di canali tradizionali.
Grazie ai primi radioregistratori, riuscivamo a farci la nostra compilation personale, ma dovevamo essere veloci e spingere il tasto REC prima che la canzone prendesse il via (ci perdevamo sempre gli accordi iniziali…). Inoltre. Non si trattava mai di registrazioni “pulite”: c’era sempre in mezzo la voce del DJ a interrompere il fluire delle note. Per noi, di quella generazione, la cassetta e la penna BIC facevano un tutt’uno: chi c’era, sa il perché. Quindi, quando volevamo appropriarci della canzone in modo che fosse solo nostra e potessimo ascoltarla a nostro piacimento non ci restava che andarci a comprare “IL DISCO”.
E il disco per noi di Brindisi si acquistava solo al DISCOBOLO DI VIA MAZZINI. Perché parlo di questo oggi… Perché un paio di giorni fa nella ressa natalizia dell’Ipercoop ho incrociato una persona. Una faccia nota, immediatamente identificata nel suo contesto originario. Nonostante siano passati molti anni, troppi, non avevo dimenticato quel viso. Era il signor Vito Daniele, storico proprietario del mitico DISCOBOLO DI VIA MAZZINI. Non so da quanto tempo il Discobolo sia chiuso…so solo che non c’è più e la mancanza si sente ancora. Ho acquistato in quel negozio tutti i dischi che ho, i singoli e i long playng (per gli amici EllePi): molti li ho perduti perché li prestavo ai miei amici che facevano i dj nelle radio…E così tutto torna e tutto si collega. Si radunavano i soldi delle paghette e così, finalmente, ci si poteva assicurare il disco top della Hit Parade del momento. Il signor Daniele, paziente, ci consigliava e, una volta scelto, metteva il disco nella busta con il logo del negozio.
A casa si compiva il rito: Giradischi LESA di legno marrone, si alzava il coperchio di plastica fumè, con una gestualità religiosa, si estraeva il disco dalla copertina, tenendolo tra il foro centrale e il bordo affinchè le ditate non compromettessero l’audio, si posizionava sul piatto, si prendeva delicatamente il braccio spostandolo verso destra…Così si azionava il movimento rotatorio del piatto. Poi si collocava delicatamente, ma molto delicatamente, la puntina sull’orlo esterno del disco…Casse “appalla” e si compiva la magia… “Samba Pa Ti” di Santana fu uno dei primi…ma fu solo l’inizio di una lunga serie di acquisti. Quando compravo un disco era come se quell’artista suonasse solo per me: Baglioni, Mina, Dalla, De Gregori, Battisti, I Pooh costellavano la nostra vita di studenti…
Quando dovevamo fare un regalo per il compleanno di qualche compagna, pensavamo sempre a un libro o a un disco. Per non sbagliare il signor Daniele ci consigliava di acquistare un “buono”: me lo ricordo come fosse ieri. Un disco di cartoncino giallo, col foro in mezzo come gli LP, col timbro del Discobolo. Facevamo la colletta per comprarlo: lo mettevamo in una busta così la festeggiata poteva recarsi presso il negozio e prendere il disco che più le piaceva… E le feste? Fin dal primo pomeriggio, si faceva spazio nel salone, togliendo dal centro della stanza tutti i mobili che potevano intralciarne lo svolgimento…le sedie intorno, il gioco della “spazzola”…Un altro mondo… Questo mi è passato per la mente incrociando il signor Vito Daniele all’Ipercoop. Credo di essere entrata per l’ultima volta nel Discobolo nel Duemila: primo giorno di scuola materna per mio figlio nato nel 1997. Per addolcire il trauma da distacco, di una giornata passata lontano dalla mamma, decisi di portargli, all’uscita, 3 (ahimè) CD di Fabrizio De Andrè, immenso artista che lui ascoltava fina da quando aveva pochi mesi. Li comprai dal signor Daniele appunto. Credo che di lì a poco sia andato in pensione, chiudendo per sempre la saracinesca del Discobolo di Via Mazzini e della nostra magnifica gioventù.
Giusy Gatti Perlangeli
(Nella foto in basso Vito Daniele)