Lezione di storia, questa mattina, all’interno del Museo della Memoria Migrante in allestimento presso il Centro Culturale e Residenza Teatrale “Santa Chiara”, per quattro classi (5^A, 5^B, 5^C, 4^A) del Liceo delle Scienze Applicate “E.Majorana” di Brindisi.
Un episodio drammatico, che non trova spazio nei manuali scolastici, è stato restituito alla memoria storica grazie ad un progetto nato dal recupero del motore e delle parti lignee della Kater I Rades, motovedetta albanese, che nel tragitto Valona-Brindisi, fece naufragio nel Canale d’Otranto nel 1997.
La compagnia teatrale Thalassia ha voluto, ancor prima del debutto ufficiale, previsto per il 28 marzo, nel diciassettesimo anniversario dell’affondamento, dialogare con le scuole superiori della città che hanno risposto con sollecitudine, al fine di poter dare un’occhiata tra i lembi di una storia recente, ma dimenticata troppo presto.
Non eravamo preparati a quanto avremmo visto, e forse è stato meglio così.
Ci ha accolto Pierluigi-di-Thalassia e ha invitato i ragazzi a entrare in una “sala d’aspetto”: sedie e pancali con grandi cuscini rossi. “Diventerà Museo della Memoria Migrante”, dice.
Prima di passare nella sala adiacente, ci vuole raccontare una storia…Una storia di disperazione da cui si può trarre una lezione di dignità. La storia della Kater I Rades, la storia di 120 albanesi, della speranza di trovare la felicità in un altro mondo…Una storia di mare: il mare che promette, dà e toglie. Il mare con i suoi oggetti/relitti che parlano di una vita che è non è più (quanto suona drammatico questo riferimento, nel giorno in cui i satelliti francesi hanno individuato almeno 122 oggetti galleggianti nel tratto di mare dell’Oceano Indiano in cui si presume si sia inabissato il Boeing 777 della Malaysian Airlines scomparso dallo scorso 8 marzo…).
Pierluigi ci dà la chiave di lettura di quello a cui avremmo assistito solo qualche minuto dopo: ci racconta di uno speronamento nel Canale d’Otranto, il 28 marzo 1997, venerdì santo, alle 18,57, una vicenda assurta a valore di simbolo del rapporto tra Brindisi e l’Italia intera, rispetto al Mediterraneo e alla sua memoria migrante. Una città, la nostra, che mai ha tradito la sua vocazione di accoglienza, porto e porta di pace a un tempo, dall’esodo del ’91 fino al suo attuale ruolo nei flussi migratori mediterranei.
Ci racconta del recupero del relitto della Kater i Rades nel 2011 promosso proprio da Thalassia, del desiderio di farne memoria, di consegnarlo alle generazioni che verranno per non dimenticare mai che l’aspirazione a cercare pace e lavoro è sacra e dev’essere garantita a tutti. Il relitto è diventato un’opera d’arte in onore dei migranti di sempre: la chiglia, tagliata in due, è diventata un monumento. Costas Varotsos, scultore venuto dalla Grecia, per due mesi ha plasmato vetro e ruggine, e ora il monumento è pronto per essere inaugurato a Otranto; una parte della “nave” (21 metri circa, per 3,50 di larghezza) è in corso di restituzione alla città di Valona, da dove era partita. Un’altra parte ancora, costituisce la struttura portante e protagonista dell’allestimento teatrale e resterà nel Museo della Memoria. Nella “pancia” dell’imbarcazione sono stati ritrovati 57 degli 81 morti nell’affondamento.
Il contributo di Pierluigi è stato determinante per far entrare noi e gli studenti in una dimensione altra e sconosciuta.
Siamo passati nella sala accanto attraverso una piccola porta, in fila, come presumibilmente avevano fatto i migranti che fuggivano da una guerra civile, nell’illusione di trovare la felicità nel paese del Tuca-tuca e della Ruota della Fortuna. I ragazzi hanno trovato posto davanti e intorno allo spazio scenico, per non assistere passivamente alla performance, ma per “viverla”e condividerne il messaggio. 81 posti, come 81 furono le vittime. Uno spazio delle stesse dimensioni della motovedetta.
Le parti lignee della Kater I Rader costituiscono il corpo della scena: un grande pannello verticale composto da un numero impressionante di serrature e da decine di assi, corrose dal tempo, dal mare e da dieci anni di abbandono nel porto di Brindisi, fa da sfondo all’azione teatrale.
Due albanesi aspettano che la Kater salpi. Aspettano che l’Italia vada loro incontro. Uno indossa la maglia della Juventus e gioca a pallone. L’altro fuma. Parlano tra loro di niente. Si chiedono quanto ci vorrà ad arrivare. A bordo ci sono parenti, mogli, figli piccoli. Stanno stretti. Uno dei due porta con sé una boccia di vetro con un pesciolino rosso di nome Elvis.
Si chiedono se ci sia una radio di bordo. Non c’è una radio di bordo. E nemmeno i salvagenti. Tanto le miglia sono poche. Arriveranno presto e anche loro vinceranno i cinque milioni con la Ruota della Fortuna.
Sono sicuri che le due grosse navi che si stanno avvicinando, la “Sibilla” e la “Zefiro” venti volte più grandi del loro battello di rada siano giunte lì per salvarli. Ma dagli altoparlanti una voce stridente e metallica intima loro di tornare indietro. “Non siamo clandestini – urlano – abbiamo i documenti!”
La “Sibilla” li sperona. La Kater si piega su un fianco. In tre minuti cola a picco, diventando una bara per 81 persone, in gran parte donne e bambini. 24 corpi risultano ancora dispersi. Solo 34 i superstiti, che ancora oggi hanno negli occhi i volti e nella memoria i nomi dei loro parenti e compagni.
La parte finale dello spettacolo (faccio fatica a definirlo tale…) è straziante. Mentre uno dei due attori rievoca il processo che si concluse il 29 giugno 2011, alle due del mattino, con la condanna a tre anni per il pilota albanese della nave, e a due anni per il comandante della Sibilla per omicidio colposo, l’altro attore posiziona una accanto all’altra le assi di legno della Kater, le bare simboliche dei periti nel naufragio. Lo fa lentamente, come fossero persone, emettendo lamenti di dolore che vanno dritti allo stomaco.
Gli studenti hanno seguito la performance in totale silenzio. Non uno che abbia dato un’occhiata al cellulare, o che abbia scattato una foto o che abbia chiesto di uscire. Sono rimasti lì, inchiodati alla sedia, irretiti dal filo del racconto della storia.
Un applauso infinito.
Kater I Rades, secondo movimento
di Francesco Niccolini con Fabrizio Saccomanno e Fabrizio Pugliese e la partecipazione straordinaria di Elvis
collaborazione alla messa in scena Roberto Aldorasi
scene di Luigi D’Elia
luci Angelo Piccinni
suono Leone Marco Bartolo
consulente processuale Stefano Palmisano
cura della produzione Alessandra Manti
distribuzione Francesca Vetrano
ufficio stampa Maura Cesaria
Una produzione Residenza Teatrale di Mesagne, Thalassia
Il programma delle prime: Brindisi- ex-Convento di Santa Chiara, Museo della Memoria Migrante Matinée scuole: dal 24 al 27 marzo 2014, ore 10.00
Serali: dal 28 al 30 marzo 2014, ore 21.00
Posti limitati (81), prenotazione obbligatoria al 331.3477311
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Giusy Gatti Perlangeli