“Ventalogo” semiserio della Maturità

Ai miei studenti e a tutti coloro che si apprestano ad affrontare l’Esame di Stato.

Che fosse questa la prima grande “prova di maturità” della vostra vita ve lo siete sentito dire da sempre; che fosse “alle porte” quando ancora facevate il terzo anno anche; che “una girata e una voltata” vi sareste trovati in fila nei corridoi della vostra scuola pure.
Quindi non potrete proprio dire “e com’è che mi ritrovo qua?”, rimpiangendo i tempi spensierati dei primi anni, volati tra interrogazioni, compiti in classe e giustificazioni spesso improbabili. Ma so che lo direte lo stesso, con un’aria tra lo sconsolato e l’ansioso.

Da quando sono nella scuola, mi sento come la sabbia nella clessidra: la sensazione è quella di scivolare via, inarrestabile. Ad ogni maturità qualcuno gira la clessidra e la “sabbia del tempo” riprende a scorrere inesorabile fino al nuovo traguardo. Il fatto è che va sempre avanti, sempre, e quando gli anni alle spalle sono di gran lunga più numerosi di quelli che si hanno davanti, il senso di inafferrabilità del tempo diventa molto più che un concetto astratto…
Tuttavia devo ammettere che ogni anno rappresenta un’esperienza a sé. Non c’è “mestiere” meno ripetitivo di questo: ogni classe detta il tempo e il modo, e ti consente di trovare spunti ed entusiasmi nuovi.

Ora però, bando alla nostalgia che già mi prende per la mia amata 5^AS che se ne va, passiamo alle raccomandazioni pratiche per affrontare al meglio questo primo impatto con la prima prova.

• Non dimenticate il “documento d’identità”.
Anche se a scuola vi conoscono come il sette-di-denari, il numero del documento va registrato dai Commissari.
• Non scordate il Dizionario d’Italiano (e/o dei Sinonimi e dei Contrari).
E’ vero che è pesante, ma trovare la parola giusta al momento giusto non ha prezzo! Siate umili: consultatelo!
• Portate una o più penne di riserva.
Alzarsi nel silenzio più assoluto per gridare “Chi ci ha una penna in più?” non deporrà certo a vostro favore e magari in sede di correzione si ricorderanno di voi come “quello della penna”, soprattutto se avete cominciato col nero e continuato col blu…e non potrete obiettare che “tanto sono solo sfumature”.
• State calmi (e lo so che state pensando “’na parola!”).
Se l’italiano è la vostra lingua “madre”, anche se talvolta sembra solo una parente lontana, vedrete che le parole prima o poi verranno fuori.
• Leggete con attenzione le indicazioni fornite dalla traccia (anche se chiamare così il malloppo di pagine che vi ritroverete fra le mani mercoledì mattina, è un po’ riduttivo).
• Analisi del testo: potete affrontarla anche se non conoscete a fondo l’autore. Il testo, come sapete, fornisce indicazioni su di lui, ma attenzione all’analisi “tecnica” (figure retoriche e simili): se vi chiede di riconoscere le strategie poetiche o narrative, lo dovete fare con sicurezza e senza approssimazione
• Saggio breve-articolo di giornale.

Indicare: tipologia – titolo – destinazione editoriale (per l’articolo). Se manca anche solo un elemento tra questi, potreste venire penalizzati.
Rimanere entro (e non oltre) le cinque colonne di foglio protocollo (e non vale scrivere azzeccato stretto-stretto!)
•. Leggete con attenzione i documenti dell’ambito scelto dopo aver
esaminato bene tutto il materiale fornito dal Miur. Sottolineate tutto ciò che credete di utilizzare e citate sempre la fonte.
• Dite quello che avete da dire e possibilmente
• ditelo subito
• rendetelo interessante
• non siate ripetitivi
• non v’impelagate con gli aggettivi
• state attenti a stereotipi e frasi fatte (da qualcun altro, ovvio…)
• Mettetevi dalla parte del lettore.

Chiedetevi “Se il commissario esterno d’italiano non fosse obbligato, continuerebbe a leggere, dopo le prime righe, quello che ho scritto?”.
Se la risposta è “no”, regolatevi
• Dice Beppe Severgnini (giornalista e scrittore): “Il lettore vi può mollare in qualsiasi momento. Trattenetelo. Logica, fantasia, intuizione, sorpresa, umorismo: tutto serve. L’unica colpa imperdonabile di chi scrive è la noia. Un aggettivo in una frase è potente. Due sono interessanti. Tre si annullano. Quattro annoiano. Cinque uccidono (l’articolo, il tema e l’attenzione del lettore)”

• Evitate di scrivere (come consiglia sempre Severgnini) “Ci sentivamo precari come foglie d’autunno”: le foglie hanno smesso di cadere dopo Prèvert e Ungaretti. Occorre inventarsi qualcos’altro. L’unica metafora efficace, quindi buona è la metafora nuova. Al massimo “Ci sentivamo precari come supplenti” oppure “Sottovalutati come esodati” (è uno scherzo eh?!)
• Non mangiate o bevete mentre scrivete. Chiedete sempre il permesso prima, a meno che non vi venga esplicitamente detto che potete farlo (il pomodoro della focaccina sul saggio breve non è che conferisca “colore” al pezzo…)
• Attenti a cellulari, iPhone, iPad e dispositivi vari. Consegnateli subito. Se vi beccano c’è l’allontanamento immediato e l’esclusione da tutte le prove…

Anche le cartucciere vintage sono out. Non ne vale la pena. Abbiate fiducia nelle vostre capacità
• Una volta terminato il lavoro, leggetelo e rileggetelo e rileggetelo e rileggetelo e rileggetelo e rileggetelo. Controllate che ci sia tutto quello che ci dev’essere. Tanto avete sei ore dalla consegna della traccia. Non fate la cavolata di uscire presto e poi dover dire “Mado’, m’aggiu scurdatu la destinazione editoriale dell’articolo!” . Dopo non si può fare più niente
• Non so se ho detto tutto, anche se è da quando ci siamo visti la prima volta che vi ripeto sempre le stesse cose…Comunque, la prova d’esame nel suo complesso, è troppo importante per non viverla con serietà e senso di responsabilità. Non è vero che un voto vale l’altro “basta-che-esco-da-qua-col-minimo-e-un-calcio-nel-sedere”
• Se lo prendete adesso, il calcio, probabilmente sarà il primo di una lunga serie. L’università, ma ancor più il mercato del lavoro, là fuori, sono spietati: non si accontenteranno mai di un 60, se hanno a disposizione un 60 o meglio un 100. Non sono solo numeri…
• Alle ragazze. Mi raccomando: è vero che l’abito non fa il monaco, ma la “panza-di-fuori” no, fa tanto “cubbista”. La biancheria sia chiama underwear perché non si deve vedere.

Ai ragazzi: al bando canotte e smanicati, i pantaloni corti con pelo-delle-gambe-in-bellavista. Una camicia, una polo e un jeans non cadente sono sempre giusti.
E’ vero che le persone non si giudicano dalle apparenze, ma rischiare proprio agli esami non è il caso.
• Speriamo la temperatura sia favorevole, ma nel caso di estemporanee escursioni in spiaggia in questi giorni (sì-ma-sotto-l’ombrellone-e-col-libro-di-fisica-in-mano), evitate di abbronzarvi “a craòne”, mentre la Commissione che sta lavorando per voi ha il colore del muro intonacato…
• Il bocca al lupo a tutti…a chi ha fatto il suo dovere e ha sfruttato la scuola come un’occasione preziosa da non perdere, e a chi non l’ha fatto, con la consapevolezza però che, se stavolta la passa liscia, la vita può non essere sempre così generosa!
E non rispondete “Crepi il lupo!” che mi è simpatico e sono contro la caccia!

P.S. Molte raccomandazioni di questo “ventalogo” sono uno scherzo, così, per sdrammatizzare. Le commissioni sono fatte da docenti che hanno accompagnato fino alla meta i loro studenti, voi come gli altri: non vanno considerate come la “controparte”, ma come la chiave d’accesso al mondo che vi aspetta fuori dal “nido” delle Superiori.

Ognuno di voi affronterà questa importante prova al meglio delle proprie possibilità e darà il massimo, per il più soddisfacente dei risultati. Ne sono certa.

“Only the brave happen to arrive where the angels can’t tread”
(“Solo i coraggiosi arrivano dove gli angeli non osano spingersi”) Alexander Pope

Giusy Gatti Perlangeli