Brindisi Calcio, tra San Teodoro amante dei forestieri e “cati piru ca ti mangiu”

Cati piru ca ti mangiu è il titolo di una delle più belle poesie di Ennio Masiello, ed è quella, a mio avviso, che meglio descrive una delle caratteristiche principali del brindisino: l’apatia, l’aspettare che le cose avvengano da sole, senza muovere un dito che è sinonimo di lasciar fare agli altri., estremamente sintomatico, per quello che dirò in seguito, è il seguente verso di questa poesia: “Ci ‘nquarche foresto si mena a fatiari, ma ce vi ndi fotti? Lassatulu fari!”

Eppure un altro poeta brindisino, nato un secolo e mezzo fa, don Luigi De Marco, detto lo Sciabbicotu, anche egli arguto osservatore della vita cittadina, lanciò a tale proposito un grido d’allarme, inascoltato, su quello che venivano a combinare i forestieri a Brindisi e concludeva con un appello al primo cittadino di allora: “ Sinducu descititi – parla ‘nna fiata, falli, pi disina – ‘nna cazziata. Sinducu pensici – ci nò sta genti rruvina Brindisi – e seriamenti.” Ma queste due caratteristiche tipicamente locali, l’apatia e l’accondiscendenza verso i forestieri – il famoso detto: San Teodoro è amante dei forestieri – si coniugano in maniera mostruosamente perfetta, con un altro aspetto tipico dell’essere brindisino: la maldicenza verso i conterranei, il cercare a tutti i costi il pelo nell’uovo, sintetizzata nell’altra splendida poesia di Ennio Masiello “piccatu ca” che evidenzia come i piccoli difetti che vengono riscontrati immancabilmente in ognuno finiscono per gettare a mare tutto quanto di buono il prossimo fa e rappresenta.

Condensando queste tre caratteristiche nel brindisino moderno ne esce fuori un quadretto davvero sconfortante, quello di un soggetto assolutamente apatico, che non muove un dito perchè le cose vadano meglio, pronto a criticare in maniera velenosa ed aspra il prossimo ma che, invece, consente a chi proviene da fuori di venire impunemente a fare i propri porci comodi. Cosa centri tutto questo con il calcio brindisino è fin troppo evidente: ci siamo fatti scivolare addosso nell’ultimo quarto di secolo ogni genere di nefandezza senza muovere un dito, dando puntualmente addosso, in maniera anche feroce, a quei pochi brindisini che hanno cercato di fare qualcosa per la squadra della città, spalancando puntualmente i portoni a chi veniva da fuori, e continuando, anche ora, a bollare in tutti i modi quelle poche iniziative locali che stanno cercando di ovviare a ciò che pressoché tutti quanti, nella nostra incommensurabile apatia, riteniamo sia oramai ineluttabile: la morte del Brindisi calcio.

Apatia atavica che, giocoforza, è stata trasmessa dalla stessa aria malarica che ha per secoli pervaso il nostro territorio, anche agli amministratori per cui, evidentemente, ci sono due modi per risolvere un problema: affrontarlo e porre rimedio oppure, assai più semplicemente, ignorare o rinviare il problema fino a quando la questione sarà oggettivamente irrisolvibile e non apparirà più come una colpa il non averlo né affrontato né risolto in forza del principio “nemo tenetur ad impossibilia.” Per ciò che riguarda il futuro del calcio brindisino basterà, in fondo, continuare a tergiversare ancora per qualche settimana e, poi, sarà oggettivamente impossibile trovare una soluzione, con buona pace di oltre un secolo di storia condensato in una V sul petto.

Ragioni moralistiche più che prettamente morali che possono spingere a lasciar morire il Brindisi calcio obiettivamente ce ne sono a bizzeffe e non mancheranno di riempire le pagine dei giornali e le orecchie dei brindisini a tempo debito, ma se esiste ancora una possibilità che Brindisi abbia nella prossima stagione una squadra di calcio che possa competere in una categoria non infima, perchè non cercare di percorrere al più presto questa strada? Tutti i politici e gli amministratori che in queste settimane sono stati interpellati da giornalisti e tifosi hanno detto che immancabilmente che non era il caso di parlarne prima delle lezioni regionali e molti di essi hanno lasciato intendere che subito dopo le elezioni avrebbero affrontato il problema calcio come una assoluta priorità e che avevano già un qualche asso nella manica: ebbene siamo a giugno, ed il clima già caldo consiglia di usare capi con le maniche corte per cui, se un qualche asso effettivamente c’era, ora, e non fra un mese o due, dovrà venire necessariamente allo scoperto, altrimenti sarà troppo tardi.

Alessandro Caiulo