Quando e perché noi Brindisini da Calabresi diventammo Pugliesi

Quando un qualche tema appassiona, inevitabilmente si finisce sempre con rigirargli attorno. Qualche anno fa, il 2 novembre del 2013, sulle pagine di questo mio blog scrissi un articolo intitolato «Ma noi di Brindisi da quand´è che siamo Salentini? E perché?» Un articolo in cui cercai di ricostruire sinteticamente la storia dell’evoluzione che, dalle origini fino ad oggi, ha subito la denominazione che ha contraddistinto la regione geografica in cui è da “sempre” esistita Brindisi, con il suo territorio ed i suoi abitanti.

In quell’occasione, mi volli specialmente occupare del toponimo Salento e conclusi scrivendo: «…I Brindisini fummo Messapi e poi Calabri, ancora poi Otrantini e quindi, Leccesi. Ma da quando Salentini? …A Brindisi siamo Salentini da non tantissimo tempo e neanche sappiamo bene perché lo siamo; e soprattutto, non è chiaro perché non sia la storica Messapia, e non Salento, la denominazione di questa nostra regione che si estende tra due mari a sud della direttrice Taranto-Ostuni: “la soglia messapica”, appunto!»

Ebbene adesso, invece, voglio riprendere l’argomento proprio dalla denominazione “Calabria” per tentare di capire “il quando il come ed il perché” la si abbandonò per poi confluire nella attuale “Puglia”; e quando come e perché quella originaria denominazione migrò sull’altra e più meridionale appendice peninsulare dello stivale italico. Ma procediamo con ordine!

L’imperatore Augusto, tra il 9 e il 14 dC, intraprese un profondo riordino amministrativo di tutta la penisola italica, suddividendola in undici regioni e creando così la Regio II con la denominazione “Apulia et Calabria”, un po’ più estesa dell’attuale Puglia, e la Regio III con la denominazione “Lucania et Bruttium”, estesa a sud su tutto il resto del territorio peninsulare.

La subregione “Apulia” occupò il territorio a nordovest dell’istmo Taranto-Ostuni, abitato da Dauni e Peucetii; la subregione “Calabria” occupò il restante territorio a sudest dell’istmo, abitato da Messapii e Sallentini. Brindisi dunque, “ai tempi di Roma” appartenne alla Calabria, l’antica Messapia o l’odierno Salento, come preferir si voglia. Ebbene, in quanto al “quando” della migrazione di quella denominazione “Calabria”, si può anticipare che anche se il passaggio fu molto probabilmente lento e graduale, certamente si sviluppò nell’alto medio evo, poiché è indubbio che alla fine del secolo VIII, il toponimo Calabria avesse già definitivamente identificato il nuovo territorio, tanto nel linguaggio ufficiale, quanto nell’uso comune. Ma andiamo con ordine!

Dopo la caduta dell’impero romano d’occidente, dalla storia formalmente ascritta all’anno 476 dC, la successiva dominazione gotica sull’Italia culminò con il ventennale conflitto greco-gotico che, nel 553, vide vincitori i Bizantini i quali, aspirando a integrare l’Italia all’impero romano d’oriente, instaurarono l’Esarcato di Ravenna nella città già capitale del regno italiano dei Goti e misero sotto il suo controllo nominale il resto dei territori italiani conquistati. Però dopo solo pochi anni, a partire dal 568, i nordici Longobardi scesero in Italia e, giunti nel meridione, crearono a Benevento un potente ducato a loro caposaldo di tutto il sud della penisola, incorporandovi da subito quasi tutti i territori della Lucania e parte di quelli della Campania del Bruzio e dell’Apulia, dai quali, instancabilmente e sempre più incisivamente, continuarono per secoli a scorribandare sui territori limitrofi, occupandoli temporalmente o creandovi anche loro unità territoriali stabili, i gastaldati.

Affianco, nei territori situati ad est e a sud di Benevento, i Bizantini fondarono il Ducato di Calabria, integrando in tale entità amministrativa i territori della romana Calabria, l’odierno meridione pugliese, con quelli del romano Bruttium, l’odierna regione calabrese, inizialmente ben collegati da un’ampia fascia costiera, lungo la riva nordoccidentale del golfo di Taranto.

Nel 663, l’imperatore Costante II sbarcò a Taranto e liberò temporalmente quasi tutto il meridione dalla presenza longobarda, senza però poter espugnare Benevento difesa dal duca Romualdo e da dove, ad ogni occasione, i Longobardi ritornarono ripetutamente all’attacco.

Dopo l’omicidio dello stesso Costante II, avvenuto a Siracusa nel 668, infatti, i Longobardi recuperarono molti dei territori e delle città del meridione d’Italia, occupando anche gran parte dello strategico Ducato di Calabria, e in particolare Taranto e, nel 674, anche Brindisi.

Fu probabilmente a partire da allora, se non già da qualche anno prima, che il nome “Calabria” cominciò a essere utilizzato per designare indistintamente tutto il territorio storicamente appartenuto sia alla Calabria che al Bruzio, cominciando così a mandare quest’ultimo nome al dimenticatoio.

Nel 680, infatti, a Costantinopoli si tenne un Concilio e i vescovi che vi parteciparono, nel sottoscriversi, al nome proprio e a quello della diocesi aggiunsero anche quello della provincia o regione comprendente la diocesi. I vescovi di Tauriana, di Tropea, di Turii, di Locri, di Vibona, nonché quelli di Otranto e di Taranto, si dichiararono della “Calabria”. I vescovi di Cosenza, di Crotone, di Squillate e di Tempsa si dissero appartenenti al “Bruzio”. Evidenza che in quell’anno 680 dC si esitava ancora fra i due nomi e che, in conseguenza, il momento della sostituzione, o perlomeno dell’estensione della denominazione “Calabria” al “Bruzio”, va storicamente situato in una data seguente, e comunque prossima, a quell’anno.

Altra evidenzia, è il fatto che il pontefice Gregorio Magno, nel 601 mandò a trarre legname per l’impalcatura della basilica di San Paolo, dai boschi «del Bruzio», mentre al termine del secolo, quando il pontefice Sergio I ebbe ancora bisogno di quel legname da costruzione per i lavori della stessa basilica, lo fece estrarre «dalla Calabria». I due nomi diversi, quindi, rappresentavano evidentemente lo stesso luogo e anche il Bruzio, pertanto, al termine di quel VII secolo, si chiamava Calabria.

Senza prove certe, tuttavia, che per quel momento l’antica Calabria avesse anch’essa già cambiato ufficialmente il proprio nome a quello di Terra d’Otranto, né tanto meno, che fosse stata incorporata con una qualche formalità, all’Apulia. E allora, quando fu che ciò avvenne? Proseguiamo con ordine!

I Longobardi dominarono l’Italia per ancora cent’anni, fino al 774, quando i Franchi, chiamati in Italia dal papa Adriano, li sconfissero a più riprese e consegnarono al papato gran parte del territorio centrale della penisola, dando così formale inizio al potere temporale dei papi e separando, anche fisicamente, la parte settentrionale dalla meridionale dello stivale.

Mentre il settentrione d’Italia passò sotto l’influenza del sacro romano impero, sorto con l’incoronazione di Carlo Magno in San Pietro nel Natale dell’800, il meridione ritornò sotto il controllo -anche se solo nominale- bizantino, tranne Benevento che rimase autonomamente longobarda assurgendo a principato, e tranne la Sicilia che nell’827 fu occupata dagli Arabi rendendo ancor più insicuri ed incerti tutti i domini bizantini nell’Italia meridionale.

Solo sul finire del secolo, nell’880, i Bizantini riconquistarono effettivamente varie città, tra cui Taranto e Brindisi, riuscendo inoltre a sottomettere i territori longobardi che avevano separato in due il Ducato di Calabria, separato cioè l’antico Bruttium dall’antica Calabria. Finanche, il 18 ottobre 891 dopo un assedio di due mesi, la stessa Benevento capitolò al generale bizantino Niceforo Foca. Quindi, si fondò il Thema di Langobardia con capitale Bari, che affiancò il Thema di Calabria con capitale Reggio.

Il Thema di Calabria però, non comprese l’antica Calabria romana, ossia l’odierno Salento, che invece fu parte del nuovo Thema di Langobardia. A quell’epoca quindi, la denominazione “Calabria”, già in precedenza estesa al Bruzio, aveva ormai finito con l’abbandonare del tutto il suo originale territorio salentino: la migrazione si era definitivamente consumata.

Nel corso del ‘900, il Thema di Calabria e quello di Langobardia furono integrati per formare il Catapanato d’Italia e durante tutto quel secolo X non cessarono le lotte per il dominio del territorio tra i Longobardi beneventani e i Bizantini, alle quali si furono alternamente sommando gli eserciti imperiali del nord -quelli del sacro romano impero- e le tante bande arabe e slave, in un perenne clima di tutti contro tutti e con sempre la regia, più o meno occulta, del papato. Con il nuovo millennio, finalmente, l’intricata e caotica situazione economica politica e militare del meridione italiano, prolungatasi per secoli, incontrò una radicale via d’uscita con l’arrivo dei Normanni, una stirpe di scaltri guerrieri provenienti dalla Normandia.

Nel 1041, Normanni e Longobardi alleati, batterono i Bizantini impossessandosi di gran parte del territorio del Catapanato d’Italia e, nel settembre del 1042, il normanno Guglielmo I d’Altavilla fondò la Contea di Puglia con capitale Melfi: un territorio non omogeneo suddiviso in baronie distribuite tra Capitanata, Gargano, Apulia e Campania, fino al Vulture.

Nel 1047, il sacro romano imperatore Enrico III, legittimò i possessi dei Normanni e conferì a Drogone d’Altavilla, succeduto a Guglielmo I, l’investitura di conte di Puglia. Poi, nel Concilio di Melfi del 1059, la contea fu elevata a ducato dal pontefice Niccolò II e Roberto il Guiscardo fu nominato duca di Puglia e di Calabria. Finalmente, nel 1071, il dominio bizantino nel meridione italiano cessò, con la conquista e la fondazione della contea di Lecce e con la con la presa di Taranto e Brindisi e fondazione del poderoso principato di Taranto, al quale fu ascritta anche Brindisi.

Contemporaneamente, anche per i due rimanenti principati longobardi, di Benevento e di Salerno, l’arrivo dei Normanni venne a sancire la fine: nel 1053, il solito Roberto il Guiscardo conquistò Benevento e nel 1076 Salerno.

Nel luglio del 1127 Guglielmo II, duca di Puglia e di Calabria, morì senza figli e gli succedette il fratello Ruggero, già conte di Sicilia, il quale in pochi anni finì col riunire sotto di sé anche i restanti possedimenti del meridione italiano e, nella notte di Natale del 1131, fu incoronato re del novello Regno di Sicilia. Quel regno, nato unendo i territori della contea di Sicilia, dei ducati di Puglia e Calabria, del ducato di Napoli, del principato di Capua e dell’Abruzzo, fu amministrativamente suddiviso in quattro unità: Sicilia, Calabria, Apulia e Terra di Lavoro.

I confini delle tre unità continentali furono invero piuttosto labili e, anche se la loro struttura amministrativa non fu ben definita, nell’Apulia furono chiaramente compresi, la contea di Lecce, la contea di Nardò, la contea di Soleto e il principato di Taranto, al quale restò ascritta Brindisi, che da allora -quindi- appartiene “formalmente” alla Puglia.

Poi sotto gli Svevi, nel 1230 Federico II riformò tutta l’amministrazione del regno, sopprimendo le contee e istituendo nuove unità amministrative, ognuna affidata a un giustiziere. La Puglia fu allora suddivisa in quattro giustizierati: Basilicata, Capitanata, Terra di Bari e Terra d’Otranto in cui fu inclusa Brindisi.

Il giustizierato della Terra d’Otranto, la cui creazione certificò quindi “ufficialmente” per il suo territorio tale denominazione, invero già da tempo entrata nel gergo comune, comprese inizialmente tutta la penisola salentina e una parte della regione delle Murge, estendendosi a nordovest fino al Bradano e includendo quindi anche il territorio materano. Presso a poco con tali limiti, tutta questa circoscrizione amministrativa fu conservata anche sotto gli Angioini e gli Aragonesi. Verso la fine del vice regno spagnolo invece, nel 1663 sotto Filippo IV di Spagna, il giustizierato di Basilicata con il suo territorio di Matera fu sottratto alla Puglia e da quel momento in avanti passò ad integrarsi con il territorio di Potenza e di Melfi.

Quello status amministrativo del regno di Napoli perdurò, più o meno invariato, fino alla promulgazione della legge napoleonica del 1806 con cui il re Giuseppe Bonaparte riformò la ripartizione del territorio sulla base del modello francese, sopprimendo i giustizierati e introducendo le province.

Le province furono suddivise in successivi livelli amministrativi gerarchicamente dipendenti dal precedente: immediatamente sotto la provincia si crearono i distretti e questi, a loro volta, furono suddivisi in circondari. I circondari furono costituiti dai comuni, l’unità di base della struttura politico amministrativa dello stato moderno, ai quali fecero capo i villaggi, piccoli centri a carattere prevalentemente rurale. Le province del regno furono ventidue, di cui sette in Sicilia, con in totale settantasei distretti, di cui ventitré in Sicilia. La provincia di Terra d’Otranto comprese i quattro distretti di Lecce, Taranto, Gallipoli e Mesagne, sostituito nel 1814 con quello di Brindisi. Il numero totale dei circondari, cioè dei principali comuni della provincia, fu di quaranta quattro. Dal 1º gennaio 1817, l’organizzazione amministrativa postnapoleonica del regno delle Due Sicilie mantenne sostanzialmente lo stesso assetto napoleonico e dopo l’unità d’Italia del 1861, la provincia di Terra d’Otranto fu denominata provincia di Lecce, mentre il suo territorio permase diviso negli stessi quattro distretti di Lecce, Brindisi, Taranto e Gallipoli. Durante il ventennio fascista, si soppressero i distretti e nell’ordinamento amministrativo dello stato si conservarono solamente le province e i comuni. In Puglia, la provincia di Lecce fu suddivisa in tre con la creazione, nel 1923, della provincia di Taranto e, nel 1927, di quella di Brindisi, alla quale furono aggregati i comuni di Fasano e Cisternino, prima appartenuti alla provincia di Bari, portando con essi il numero totale di comuni a venti.

Ebbene, giunti a questo punto, si è data risposta al “quando” e anche al “come” l’originale denominazione Calabria sia migrata da una all’altra delle due penisole dell’estremo sud italiano, cominciando con l’essere assegnata anche alla seconda in sostituzione della propria denominazione originale e finendo con abbandonare la prima per la quale venne finalmente adottata una nuova denominazione e si procedette a incorporarla a una regione terza. Ed ha avuto anche risposta il “quando” Brindisi fu formalmente inclusa nella Puglia e “quando” il territorio in cui era Brindisi fu ufficialmente denominato Terra d’Otranto. Manca solo, quindi, rispondere al “perché” di tutto questo insolito processo. Insolito non per il cambio di un toponimo -cosa in effetti storicamente abbastanza comune e di fatto naturale- ma insolito per la migrazione di un toponimo da un luogo ad un altro. Perché mai spostare la denominazione “Calabria” dal suo storico territorio ad un altro territorio, che del resto un nome storico proprio già lo aveva?

Ebbene, purtroppo, finora non ci è ancora stato dato di giungere a un’unica spiegazione certa: lo storico Michele Schipa, che si occupò a lungo dell’argomento, nel 1895 scartò un’ipotesi ai sui tempi abbastanza accreditata e ne avanzò una seconda, sua. Raccontiamole brevemente!

«Quando i Longobardi occuparono Taranto e Brindisi, intorno al 670, del territorio della vecchia romana Calabria, che pur aveva dato il proprio nome all’intero ducato bizantino comprendente anche il Bruzio, restò ben poco, praticamente e a mala pena solo Otranto. E fu a quel punto che ai Bizantini non venne migliore idea che, per occultare quella grave perdita e salvare l’onore o l’apparenza, inventarsi traslare il nome del territorio perduto “Calabria” al territorio in buona conservato “Il Bruzio” per poter così ufficialmente affermare che la “Calabria” continuava ad essere saldamente bizantina».

Che ve ne sembra? Potrebbe reggere una così bizzarra e stravagante spiegazione? Ebbene, per Schipa, assolutamente no! E lui di ragioni per negarla ne apporta e ne dettaglia abbastanza. Poi, sconcertato, Schipa non trova di meglio che avanzare la possibilità che, invece, forse e più semplicemente e verosimilmente: «Una volta ridotto a un lembo il territorio bizantino resistente sulla punta estrema della romana Calabria e benché fisicamente separato dal meridionale Bruzio, pur si poteva ammettere di continuare a mantenere il nome “Calabria” per tutta quella parte dell’unità amministrativa ancora bizantina, nonostante fosse costituita da un territorio che nella quasi sua totalità era del Bruzio. E così fu che, per anni e anni, il territorio del Bruzio continuò a denominarsi ufficialmente ducato di Calabria e quindi… Calabria. Del resto, l’accettazione non dové incontrare molti ostacoli, giacché si trattava di un “bel nome dalla dolce fisionomia greca, per cui molti l’han ritenuto greco in carne ed ossa”».

L’antica romana Calabria, nel mentre, non tornò più ad essere stabilmente bizantina ed anzi, tutta fu, a momenti, perduta, incluso la stessa Otranto, che comunque più a lungo resistette col suo pur piccolissimo territorio. E fu così che dell’antica romana Calabria, dopo lunghissimi bui anni senza neanche un territorio proprio, si perse anche l’identità del nome.

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