Oggi seguivo l´animata chiacchierata che tra gli amici di ‘Brindisini la mia gente’ girava su Facebook intorno all´infelice decisione di riposizionare sul lungomare i blocchi zebrati, una chiacchierata stimolata dall´articolo pubblicato su Senza Colonne News “Il lungomare sfregiato dai new-jersey zebrati: bravi a rovinare tutto”.
Non voglio peró qui riproporre quella chiacchierata, per certi aspetti polemica anche se sempre civile e perfino simpatica, né voglio commentare le mie tante ragioni per sostenere la negativitá ed inutilitá di quella che voglio ancora sperare sia solo una temporale risistemazione. Solo una riflessione: perché succede solo a Brindisi e non nelle centinaia di lungomare cittadini che esitono nel mondo senza transenne o blocchi stradali piú o meno zebrati? O sará che solamente a Brindisi abbiamo la fortuna di avere amministratori della cosa pubblica veramente cosí bravi da fare cose che non si fanno in nessun´altra cittá al mondo?
Sullo spunto di questa ennesima ed attuale polemica che investe il nostro porto, voglio invece raccontare di un´altra ben piú importante e trascendente polemica che sul porto di Brindisi si sviluppó qualche anno fa, per l´esattezza 180 anni fa, e lo faccio spinto dalla riflessione, sempre attualissima, di quanto possa essere pericolosa l´ignoranza specialmente se accompagnata o frammista alla manipolazione della realtá: pratica che purtroppo, sull´oggetto ‘nostro porto’, sembra essere ancora in vigore anche dopo questi 180 anni.
Dopo la pirrica, nonché costosa, opera di risanamento del porto completata nel 1778 dall´ingegnere Andrea Pigonati il quale, con buona dose di ignoranza ed arroganza, semplicemente sbaglió il suo progetto, in pochi anni la situazione del porto e quella dell´intera cittá tornarono alla loro totale criticitá, quella criticitá assoltua che era venuta maturando gradualmente ma inesorabilmente durante secoli e secoli:
Il porto di Brindisi aveva infatti subito un enorme disastro ambientale, inizialmente a causa dei residui delle palafitte fatte piantare all´entrata del porto interno nel 49 aC da Giulio Cesare durante la guerra civile per, vanamente, tentar di impedire la fuga di Pompeo, e successivamente, e con effetti ancor piú devastanti, a causa delle due tartane zavorrate che il principe di Taranto, Giovanni Antonio del Balzo Orsini, fece affondare nel 1450 nello stesso luogo, verosimilmente per impedire che la città cadesse preda della flotta veneziana, o forse di quella aragonese. Poi, negli anni seguenti, le sabbie e i limi provenienti dalle paludi circostanti con quelli che le maree portavano dal porto esterno all’interno, le alghe che si moltiplicavano nelle acque poco mobili, e finalmente i residui solidi d´ogni sorta che liberamente scolavano dalla città stessa, finirono per ostruire quasi del tutto quel passaggio, isolando il porto interno da quello esterno e trasformando il primo in una quasi-palude salmastra.
Lo svizzero Carl Ulysses von Salis nel 1789 visitó Brindisi: …A misura che ci avvicinavamo alla città si presentavano regioni di miseria e di desolazione, che fa pena vedere lì incolta una campagna benedetta dal suolo fertile e dal clima più propizio. Larghe strade con case rovinate, cortili ricoperti di erbe, miserabili tuguri appoggiati a vecchie mura e contenenti i più squallidi rappresentanti dell`umanità, e poche case abitabili dove 5000 persone sono giornalmente esposte ai lenti ma inevitabili effetti della febbre malarica. L`abbandono totale in cui è stato lasciato il porto, ha dato vita a paludi estesissime che circondano il paese, e riempiono l`aria di esalazioni pestilenziali, per cui non esiste più un volto roseo in Brindisi: la febbre malarica regna durante tutto l`anno, e sono pochi quelli che tirano innanzi la loro miserabile vita sino all`età di sessant`anni. E con quale giustizia si può rimproverare ai brindisini la loro indolenza, perchè lavorano solo quattro ore al giorno e passano il rimanente della giornata nelle taverne, cercando di affogare nel vino la loro miseria? I lavori di alcuni anni addietro vennero così mal eseguiti dall`ingegnere Pigonati, forse per ignoranza o altra ragione, che la città è tuttora così miserabile e insalubre com`era prima della sua venuta. Sebbene siano appena passati soli undici anni d`acchè l`opera di Pigonati è stata compiuta, già il canale è nuovamente bloccato dalle alghe e dalla rena…
Il francese Antoine Laurent Castellan nel 1797 visitó Brindisi: …La cittá é povera, non ci sono quasi affatto botteghe, e le poche non hanno che gli articoli di prima necessitá. Le malattie hanno spospolato intere strade, il popolo si nutre poco e male, e stuoli di mendicanti premono alle porte di chiese e conventi, dove si distribuisce minestra. La maggior parte dei bambini non raggiunge la pubertá; gli altri, pallidi e senza forza, trascinano un´esistenza triste e dolorosa che finisce spesso con spavenose malattie…
Lo svizzero Charles Didier nel 1829 visitó Brindisi: …Decimata dalla malaria, la popolazione di Brindisi è scesa, da centomila abitanti a seimila, nel 1828 sono nati 270 e sono morti 484. Brindisi é pochissimo civilizzata e poco industrializzata. Le campagne dei dintorni sono vere steppe deserte e spesso paludose, dove si può camminare un giorno intero senza incontrare un viso umano e senza trovare un albero, sotto cui ripararsi dal sole…
Ma per fortuna Brindisi, nonostante il quadro cosí tetro, annoverava anche, e non pochissimi, cittadini illustri ed amanti della propria cittá. E tra loro uno, Teodoro Monticelli, con la valorosa collaborazione di un altro illustre brindisino, Benedetto Marzola, si prodigó in quegli anni bui, a difesa del porto e della cittá di Brindisi.
Monticelli, avuto sentore di manovre di palazzo tendenti a distogliere il re di Napoli Ferdinando II Borbone dal promuovere lavori di risanamento del porto di Brindisi, si mobilitó in prima persona, recandosi piú volte a Napoli e finalmente scrivendo per il re la sua famosa “Difesa della cittá e del porto di Brindisi” nell´agosto del 1831, e poi riscrivendola ampliata a 120 pagine con la collaborazione di Marzolla nel 1832.
Una potente lobby, che presso la corte di Napoli faceva capo all´ispettore generale delle acque e strade Giuliano De Fazio nonché socio ordinario della reale accademia di belle arti, si stava infatti adoperando alacremente ai danni di Brindisi per favore Gallipoli, altra capitale distrettale della provincia di Terra d´Otranto. L´obiettivo per nulla celato della lobby era quello di convincere il re ad abbandonare al suo destino Brindisi ed il suo porto per sostituirlo con un fantomatico porto nuovo da costruire a Gallipoli, utilizzando a tal fine tutti gli ingenti fondi che “inutilmente” si stava programmando destinare al risanamento del porto di Brindisi.
La tesi sulla quale la lobby fondava i propri argomenti, propugnava che il problema di Brindisi non fosse il porto in se e l´ostruzione del canale Pigonati, ma l´aria malsana ed insalubre della cittá, cosa che avrebbe reso assolutamente vani tutti i tentativi di risanamento del porto, giacché tal risanamento non avrebbe potuto cambiare in nulla il destino ormai segnato di Brindisi alla sua “inevitabile e definitiva scomparsa dalla faccia della terra”.
E De Fazio, per contrastare e sconfessare l´azione e lo scritto di Monticelli, ne scrisse anche lui uno di 20 paginette nel dicembre dello stesso 1833 “Osservazioni sul ristabilimento del porto e sulla bonificazione dell´area di Brindisi”: secondo me, da leggere quale esempio magistrale di ‘manipolazione ed ignoranza’ al servizio della politica ‘minuscola’.
L´insalubritá del clima di Brindisi, secondo la tesi di De Fazio, era solo in mínima parte dovuta al ristagnare delle acque del porto interno, conseguenza a sua volta dell´ostruzione, mentre era principalmente dovuta «alla gravezza della smodata instabilitá della incostante atmosfera della cittá, o sia il repentino passaggio dal caldo al freddo, cagione questa che, al contrario della prima, pare che non possa essere cessata mai; dappoiché se questa superstite porzione di aria malsana abbia tal forza da nuocere alla vita, per certo sará opera vana il ristabilimento del porto; né d´altra parte converrá fondare uno stabilimento commerciale a Brindisi proporzionato alla spesa ingente che occorre per bonificare detto porto…»
Ed abbondano nello scritto di De Fazio, sistematicamente ed impeccabilmente ribattuto in ogni suo punto da Monticelli, le notizie storiche non dette e quelle abilmente manipolate e tergiversate, cosí come abbondano le citazioni di supposti esperti, naturalmente anche stranieri, a sostegno di quella sua tesi scapigliata. E poi, quanta ipocrisia: «Per veritá chiunque miri alla naturale bellezza di questo porto é indotto a volerlo rinnovato ed in essere, ma se per poco rivolga in mente le accennate difficoltá, ei non saprá a qual partito appigliarsi, e forse muterá proposito e si rimarrá dall´impresa…»
Ma il re Ferdinando II di Borbone, per sua lungimiranza, per merito di Monticelli e Marzolla, e per nostra fortuna, non abboccó! E non solo: intuita la malafede ed il tentativo d´inganno, s´incavoló tanto che defenestró per sempre il De Fazio dal governo.
Purtroppo peró e nonostante quel successo trascendente, le vicissitudini del nostro porto erano destinate a perdurare tra “alti e bassi” fino a giungere ai nostri giorni e senza che si intraveda ancora una luce chiara alla fine del tunnel: é il destino di Brindisi, indissolubilmente legato a quello del suo celeberrimo porto.
La storia sempre insegna, ed é per questo che noi brindisini faremmo bene a conoscerla meglio, a partire da quella della nostra cittá. Probabilmente ci stimolerebbe a mantenere un atteggiamento critico e vigile verso chi di volta in volta amministra la cittá e l´intero paese, o si propone ad amministrarli. Un atteggiamento che probabilmente avrebbe potuto evitare per il nostro porto, alcuni o tanti di quei troppi “bassi” a favore di quei meno numerosi “alti” e sopratutto, avrebbe forse potuto evitare l´attuale lungo e profondo “basso”.
E ribadendo: Quando trattasi del nostro porto, dalle cose piú palesemente importanti a quelle in apparenza piú insignificanti, la vigilanza critica é d´obbligo! Bisogna conoscere la storia e non dimenticare, neanche per un istante, quello che essa e la quotidianitá ci hanno insegnato e continuano ad insegnarci: “tra manipolazione ed ignoranza ci va di mezzo il mare… di Brindisi”.