Anche per questo fine d`anno sono a Miami: sta già diventando una tradizione il riuscire a riunire per qualche giorno le famiglie di tre figli con consorti e nipotine qui, in una bella città dall`atmosfera sempre vacanziera, dal clima dicembrino ottimo, e sopratutto dall`ubicazione baricentrica rispetto ai quattro angoli della terra in cui ognuna delle nostre ormai quattro famiglie trascorre separatamente la maggior parte dell`anno.
Una tradizione familiare quindi, proprio come quella dei “cavalli” del mio amico newyorkino o come quella della “lirica” dei miei zii brindisini:
E oggi sabato 28 dicembre, l`ultimo di quest`anno, dove si va tutti assieme? Ma come dove? Ma all`ippodromo! Suggerisce decisamente un amico americano di New York, e ci racconta con emozione di quando con suo nonno, suo padre, sua madre e tutto il resto della numerosa famiglia con bambini di tutte le età, partiva di buon ora ogni ultimo sabato di agosto per recarsi a Saratoga, una cittadina a poco più di due ore a nord di New York, sede di un famoso ippodromo, il Saratoga Race Course, il più antico degli Stati Uniti, risalente al 1847. Ebbene ogni ultimo sabato di agosto lì vi si svolge, ininterrottamente da 144 anni, la famosa corsa Travers Stakes. Suo nonno era un appassionato di cavalli e lo erano stati anche il padre ed il nonno di lui, e probabilmente anche gli altri progenitori: una tradizione quindi solo familiare forse, ma una tradizione che, a giudicare dai commenti e dai ricordi del mio amico, doveva aver anche avuto un`alta dose di fascino e di romanticismo.
Una tradizione quella delle corse dei cavalli che non mi appartiene di certo, come non può appartenere a nessuno di noi Brindisini: l`ippodromo a Brindisi non ce lo abbiamo e non l`abbiamo mai avuto, ma il mio amico mi aveva convinto, e sopratutto mi aveva incuriosito e quindi… andiamoci tutti all`ippodromo, anche perchè ho scoperto di averne uno molto vicino a casa, subito a Nord di Miami Beach, si chiama Gulfstream e, costruito nel 1939, ha anche una importante tradizione.
Nella mia storia personale, quanto fino ad oggi avevo avuto di più vicino al mondo degli ippodromi e delle corse dei cavalli era quella bella canzone di Carlos Gardel, il cantore del tango argentino per antonomasia, che s`intitola “Por una cabeza” -per una testa- (di cavallo) poi anche magistralmente immortalata da Al Pacino nella bellissima scena del suo famoso film “Scent of a woman -Profumo di donna-“: http://www.youtube.com/watch?v=2ZtJTlaYf4c
Ecco qui alcune poche parole di quella canzone:
«Por una cabeza di un nobile puledro, che proprio sulla linea molla il traguardo -perdendo per la minima lunghezza di una sola testa di cavallo, appunto- e che poi, camminando verso la tribuna, sembra rivolgersi a me e dirmi: “Non dimenticarlo mai fratello mio, non si deve scommettere sui cavalli!”… Por una cabeza quante delusioni… L`ho giurato più di mille volte: “Non insisto più, basta con le corse, son finite le scommesse, un finecorsa così combattuto non lo rivedrò mai più!” Però…, se una qualche puledrina vince per un pò di domeniche di seguito…, io mi sa proprio che mi gioco tutto su di lei… E che ci posso fare!».
E così oggi all`ippodromo ci sono poi andato: bello, interessante, allegro, festivo, colorato, entusiasmante, eccitante, ma la cosa più bella di tutte… i personaggi, i tanti personaggi dalle più svariate e contrastanti tipologie: Il signore attempato ed elegante dal vestito bianco immacolato con cappello di paglia bianco che arriva in Bentley con autista; la coppia molto anziana, quasi centenaria, lei incipriata e con parrucca, lui con giacca cravatta cappello e bastone; un gruppo di ventenni giocatori di basket, rumorosi, metà di loro bianchi e l`altra metà neri, con coloratissime magliette e con ognuno in mano una busta con hamburger e patatine; padre, madre, nonno, nonna e quattro bambini, quasi proprio come noi; un signore non troppo vecchio ma neanche giovane, vestito grigio chiaro cravatta e paglietta, non elegante ma anzi, quasi trasandato, anche se con abbondante dignità; anche un homeless, dai segni facilmente identificabili; molte persone elegantemente vestite, molte altre vestite in modo casuale, ed alcune altre ancora d`appartenenza sociale probabilmente medio bassa ed anche decisamente bassa…
Tutti o quasi tutti hanno in mano, anzi consultano avidamente, lo stesso libricino, quello del programma: ma non è solo il programma delle corse, ci sono tantissime altre tante cose su quel giornalino, per ogni cavallo e per ogni fantino c`è tutta una storia, tutte le statistiche, tutte le probabilità e tutte le possibilità, una vera e propria enciclopedia di dati su ognuna delle corse in programma, su ogni cavallo e su ogni fantino partecipante.
Poi c`è la fila, anzi le tantissime file per “scommettere”: i tempi tra una corsa e quella successiva sono relativamente stretti e la quantità di “giocatori” è grande. E già tra i presenti in queste file si comincia a notare una qualche interazione tra i circostanziali compagni di fila… ovviamente si parla di cavalli, di fantini, e sopratutto di pronostici per la corsa che sta per iniziare. Le interazioni sono naturalmente indistinte tra tutti i variegati personaggi di cui ho raccontato ed il solo parametro che controlla la scelta dell`interlocutore è il posto che si ha nella fila per vidimare il biglietto della scommessa, quindi… il signore in bianco immacolato parla con uno dei baschettisti, la signora imparruccata parla con il signore un pò trasandato, un altro giocatore di basket parla con l`homeless, e così via, con la stessa scena che si ripete poi, con uguali modalità e con nuovi strani ed improbabili interlocutori circostanziali, anche sulla tribuna, mentre si è tutti in impaziente attesa del fatidico momento.
Ma il più bello deve ancora venire, e viene naturalmente con la corsa, annunciata da uno squillo di tromba, dopo la rituale sfilata di cavalli e cavalieri davanti la tribuna. Il punto della partenza è abbastanza lontano, dall`altra parte della tribuna, mentre quello del traguardo lo sarà giusto di fronte a noi. Qualcuno ha inforcato il cannocchiale, qualcun altro opera la videocamera, il signore trasandato e contegnoso stringe il cappello con le due mani appoggiandolo sul petto, i baskettisti tutti si agitano gesticolando e gridando fin dalla prima curva ed a loro si è aggregato l`homeless, il vecchietto col bastone lo ha inalberato con il braccio destro ed è pronto per abbassarlo al traguardo per segnalarlo appunto, mentre la moglie incipriata è al suo fianco sinistro impassibile, il signore elegantissimo tutto in bianco è ancora tutto d`un pezzo e con il cappello bianco al suo posto.
Il gruppo dei dieci cavalli passa compatto davanti alla tribuna: ora manca un giro esatto al traguardo ed un brusio comincia ad ascoltarsi come venir da lontano ed avvicinarsi sempre più. Siamo adesso all`ultima curva prima del rettifilo del traguardo, il brusio, poi rumorio, è ormai divenuto un gran baccano e tutti si vanno scompostando, tutti, proprio tutti gridano cercando di coprire la voce del vicino ed anche quella del commentarista della corsa che al microfono adesso ripete ossessivamente non altro che il nome del cavallo, non certo quello del fantino, che è in testa affiancato da altri due.
Il signore elegantissimo ha a questo punto tolto il cappello bianco e lo sventola tenendolo ben in alto con la mano destra, la vecchietta incipriata gridando non so cosa saltella sui suoi piedini facendo sobbalzare la parrucca, il marito al suo fianco s`inclina pericolosamente in avanti allungando sempre più il braccio destro con in alto il bastone ormai prontissimo a segnalare l`avvenuto traguardo, l`homeless è ormai un grandissimo amico di sempre dei baskettisti, il signore trasandato in grigio non ha perso il contegno ma ha portato il cappello sempre stretto tra le due mani all`altezza della bocca e lo morde contegnosamente.
Ci siamo, i primi tre cavalli hanno decisamente staccato il gruppo degli inseguitori e sembra siano quasi perfettamente allineati…, ma no, ad ormai pochi metri dal traguardo uno dei tre forse è un pò più avanti, ma non è chiaro… l`eccitazione di tutti e di tutto è altissima…, ma non al massimo, che invece lo si raggiunge quando la testa -la cabeza- del cavallo di mezzo sembra spuntare tra quelle degli altri due come in una moviola, molto molto lentamente ma inesorabilmente, e sulla linea del traguardo la si vede -la cabeza- praticamente tutta avanti a quella del cavallo che prima la copriva: ha vinto della lunghezza di una testa ed il secondo arrivato, ha perso… “por una cabeza”.
Ma lo spettacolo non è ancora finito: c`è chi salta grida e ride con gioia, c`è chi si congratula con un vicino che anche sta gioendo, c`è chi s`infuria incavolatissimo, c`è chi manifesta una qualche grave inconformità sull`andamento della corsa, c`è chi è ammutolito, c`è chi strappa uno o più d`un bigliettino da scommessa… Ed i miei amici? non li vedo più, neanche uno di loro è ancora al suo posto. Chi di loro avrà vinto ed è corso a risquotere? E chi di loro avrà perso ed è ritornato in prima fila per la seguente puntata? E chi di loro ha invece questa volta perso “por una cabeza”? E chi di loro, indistintamente dalla propria età, dalla propria razza, dal proprio status economico, starà ancora una volta ripromettendosi: “Non insisto più, basta con le corse, son finite le scommesse, un finecorsa così combattuto non lo soffro mai più!”.
Ma cosa c`èntra con tutto ciò la lirica? Naturalmente un bel nulla, tranne che essere, quella delle corse dei cavalli, una tradizione “sconosciuta” per noi Brindisini ed essere invece, quella delle opere liriche, una tradizione “perduta” per noi Brindisini.
Per lo meno tre o quattro dei miei zii brindisini, nati tutti nei primi anni del ‘900, erano infatti grandi appassionati ascoltatori e seguitori della lirica, una passione invece per nulla coltivata da nessuno dei tanti miei coetanei cugini ed amici brindisini. E come mai? Non certo per caso, e la spiegazione è una, semplice e triste: Il Verdi, la nascita, la vita e la morte di un teatro.
Quei miei zii sapevano a memoria le arie e le parole di quasi tutte le opere liriche più famose, perchè molte le avevano ascoltate dal vivo al Verdi e le altre le avevano imparate a canticchiare dai dischi dei più famosi cantanti della loro epoca, primo fra tutti il loro quasi concittadino Tito Schipa, che avevano colezionato sulla scia degli entusiasmi e delle emozioni in loro suscitate da quel teatro e da quegli spettacoli lirici. Per i miei zii e per tanti dei loro amici coetanei, il teatro Verdi con la lirica era, negli anni tra le due guerre, il principale e più ambito svago: di fatto una vera e propria tradizione brindisina, ed in merito ricordo con una certa nostalgia tanti dei loro racconti aneddotici.
Uno di quei racconti che mi piace ricordare, non legato direttamente al Verdi, però certamente sintomatico della tradizione lirica dei Brindisini e di una cultura cittadina che era evidentemente ben radicata in praticamente tutti gli strati sociali, è quello relativo ad un episodio accaduto appena finita la seconda guerra mondiale, in una Brindisi ancora occupata dalle truppe inglesi.
Correva il mese di settembre e come parte delle manifestazioni programmate in occasione dei festeggiamenti per San Teodoro, si tenne uno spettacolo lirico, allestito in Piazza Vittoria perchè il teatro Verdi non era agibile a causa di alcuni danni che aveva subito in uno dei tanti bombardamenti che avevano colpito Brindisi.
La piazza era gremita di persone e l`opera era iniziata da qualche minuto nel religioso silenzio di tutti gli appassionati assistenti all`evento, quando una pattuglia di soldati inglesi in servizio d`ordine pubblico a bordo di una jeep passò sul corso costeggiando la folla assiepata.
Ai quattro soldati inglesi in pattuglia venne evidentemente voglia di ascoltare l`opera, e decisero di parcheggiare la loro jeep sul marciapiede per così guadagnare qualche centimetro di visualità sullo spettacolo. Ma il marciapiede era un pò troppo alto, o forse l`autista era poco esperto ed il risultato fu quello di una serie di tentativi falliti di far salire la jeep sul marciapiede, ed ognuno di quei tentativi non poteva che essere accompagnato dallo stridente ruggito del motore in accellerazione.
Già il secondo tentativo fu seguito dal rumoreggiare dei presenti, ovviamente disturbati da quell`inopportuno quanto fastidioso rumore, ed il terzo tentativo sollevò un vero e proprio boato di imprecazioni all`idrizzo dei soldati inglesi, ai quali quel boato parve tanto minaccioso e finanche eventualmente “sovversivo dell`ordine pubblico contro i nemici occupanti”, che senza indugio e con una manovra precipitata dalla paura, rinunciarono a parcheggiare e corsero via a bordo della loro jeep.
Dopo qualche minuto la piazza venne rapidamente infiltrata da varie dozzine di soldati inglesi armati, che si distribuirono tra la folla “sediziosa” per dissuadere con la loro presenza l`eventuale tentativo di “ribellione” che i quattro soldati di pattuglia avevano concitatamente denunciato al loro comando, ignari del fatto che i Brindisini, enormemente incavolati lo erano sul serio, ma non contro l`occupazione inglese, semplicemente contro quel dannato rumore che stava impedendo loro di ascoltare in santa pace la loro amata opera… cosa che sornioni e ridendosela sotto i baffi continuarono a fare senza per nulla preoccuparsi della insolita presenza di quei tanti soldati armati.
Tornerà mai Brindisi a ricostruire quella sua tradizione di città amante del teatro e della lirica? Speriamolo, e speriamo anche che non risulti così difficile come lo sarebbe il costruire a Brindisi una tradizione basata sulle corse dei cavalli.