Camminavo l’altro ieri su un pezzetto del lungomare di Miami, nel modernissimo quartiere di Brickell, la city di Miami, quando intravedo una dozzina di ragazzi, una scolaresca delle medie, intorno ad un grande cartello bronzeo affisso in prossimità del molo, ascoltando le spiegazioni del loro professore. Pensai subito si trattasse di uno dei vari cartelli che su quel lungomare illustrano la fauna ittica del luogo, ci sono in quell’abitat numerosi lamantini, mammiferi marini enormi e pacifici… e invece no: dai commenti del maestro intuisco si tratti di un argomento di “storia”.
Incuriosito mi avvicino al cartello sotto il quale era rappresentato una specie di fortino edificato in pietra e legno. Quindi leggo la didascalia: Fort Brickell il titolo, con aldisopra uno scudo araldico della Historical Assotiation of Florida, e poi di seguito il testo particolareggiato che evocava un episodio della guerra tra Stati Uniti e Spagna, scoppiata il 15 febbraio 1898 a conseguenza dell’attentato che affondò nella baia dell’Havana in Cuba la nave militare americana Maine. Esattamente in quel posto strategico dove adesso c’è il cartello bronzeo, fu in quel 1898 eretto un fortino che, armato con “due” cannoni, avrebbe difeso la città di Miami: quei canoni non ebbero mai occasione di sparare perchè gli spagnoli mai giunsero fin lì, ed il forte fu smantellato alla fine di quello stesso anno, al termine di quella breve guerra.
Incredibile! Un cartello bronzeo per due cannoni che mai spararono un solo colpo in un fortino provvisorio di una guerra che durò in tutto qualche mese, ed una scolaresca che lo va a visitare con il proprio maestro che commenta quell’episodio di “storia cittadina”… Certo, l’ America ha solo poco più o poco meno di mezzo millennio di storia, e Miami in particolare è una città che annovera solo pochi decenni in più che un secolo dalla sua fondazione… ben pochi a confronto dei poco più o poco meno dei tre millenni della storia brindisina…
Io però non ricordo che a scuola, alle elementari, o alle medie, qualcuno dei miei pur bravi maestri e professori mi abbia raccontato della storia di Brindisi: non mi risulta che la materia sia inclusa in un qualche programma di una qualche materia di un qualche anno scolastico dei tredici che, più o meno tutti, trascorriamo tra i banchi delle scuole brindisine. E non ricordo nemmeno di essere mai andato in visita scolaresca al Castello Svevo, o a Forte a Mare, o al Tempietto di San Giovanni, o a Santa Maria del Casale, o ai Bastioni, o a Porta Lecce, o a Porta Mesagne…
Certo da ragazzo, anzi bambino come tanti miei altri coetanei, respiravo inconsciamente storia brindisina, arrampicandomi sulla torretta sobbr’alla difesa, o scavalcando le cinta di Forte a Mare, regolarmente chiuso al pubblico, durante le escursioni estive della controra, o attraversando il fossato del Castello Svevo per prendere la motobarca della spiaggia Fontanelle, o scorazzando nel chiosco di San Benedetto intento a schivare le picozze di don Antonio Fella… Ma non è la stessa cosa: a Brindisi e per i brindisini infatti “la memoria storica” è …diciamo labile, pericolosamente ed incredibilmente troppo labile.
Una labilità che comunque e per fortuna non è stata, come non lo è tutt’ora, propria della memoria di tutti i brindisini, ma anche e per sfortuna che lo è stata e continua ad esserlo propria di quei tantissimi di coloro che, preposti ad amministrare la cosa pubblica cittadina, della memoria storica di Brindisi non si sono occupati per niente: nel migliore dei casi, quando non hanno invece, imperdonabilmente irrimediabilmente e aggiungerei criminalmente, contribuito in primis alla sua soppressione. E per capire di cosa si stia parlando, non è certo necessario richiamare anche qui la ormai tristemente conosciuta lunghissima lista di abbandoni e di abbattimenti di monumenti, di strutture, di grandi e piccole cose millenarie centenarie e decennali, strappate a Brindisi, ai brindisini… alla “memoria della città”: dalla Porta Reale fatta cancellare dal Pigonati per estrarne blocchi lapidei utili alla sua pirrica opera di risanamento del porto, alla fontanella della palma dei giardinetti fatta abbattere da qualche grigio funzionario municipale di turno perchè vecchia e disfunzionante.
Eppure la trascendenza e l’indispensabilità della memoria storica di una comunità, come di una singola persona o di un’intera popolazione, dovrebbe essere un concetto assolutamente acquisito, un qualcosa di scontato, che infatti in tante altre latitudini e in tante altre città vicine e lontane, hanno da tempo fatto proprio e hanno da tempo virtuosamente e profondamente radicato nel loro sentire. A Brindisi invece, complice in molti casi l’ignoranza e in molti altri la malafede, lo sport preferito da chi ha esercitato il potere decisionale, durante anni, decenni e ormai secoli, è stato quello del trascurare, dell’abbandonare, e finalmente del cancellare o abbattere.
Non è voler fare allarmismo facile, nè purtroppo si tratta di un pessimismo ingiustificato, ma sono semplicemente i fatti concreti e quotidiani che obbligano allo sconforto ed all’allarme. Non si può e non si deve continuare a maltrattare disprezzare sconsiderare e finalmente cancellare ogni elemento, piccolo o grande trascendente o secondario, che rimanda al passato prossimo o remoto che sia, e solo perchè non rispondente all’utile misurato con il metro del rendiconto del tangibile immediato. E’ ormai giunto il momento di richiamare l’attenzione sul rischio che si possa finire con il perdere del tutto ed irrimediabilmente la memoria storica della nostra città.
E naturalmente neanche si vuol qui scoprire l’acqua calda. Infatti a Brindisi non sono di certo mancati tanti bravi ed autorevoli concittadini, come non citare Papa Pascalinu Camassa, che in più e ripetute occasioni hanno a questo proposito segnalato, hanno avvertito, hanno denunciato, hanno protestato, avantiieri come ieri e come oggi… Ma purtroppo non sono stati sufficientemente ascoltati… Speriamo che si finisca con l’ascoltarli, prima che sia troppo tardi:
“Io ti dico che se ne le tue vene non circola l’eredita’ dei milleni, che se nel tuo cuore non canta il poema de le lontane memorie, tu non sei un uomo, non rappresenti un popolo, ne’ puoi vantarti d’essere membro d’una nobile città” -Cesare Teofilato (1881-1961): l’irrequieto maestro elementare, intellettuale, scrittore e politico, che fu sindaco di Francavilla-
“Sentimentali a fior di pelle, come siamo, facili agli entusiasmi, per nulla freddi nel considerare le cose, abbiamo accolto, attraverso i secoli, le ventate di novità, come ci giungevano, e siamo incorsi, anche in materia di onomastica stradale, in errori, che si sarebbero potuti evitare. Ed è così che l’antico, degno di essere mantenuto e rispettato, semmai valorizzato, sia stato travolto dall’irruenza del nuovo, non sempre bello e valido. Intendiamo dire che spesso, senza giustificato motivo, si è tagliato corto con ciò che era anima del passato per far posto al presente, sotto l’etichetta di una maggiore rispondenza a discutibili esigenze culturali e spirituali e di cervellotici aggiornamenti, quando invece presente e passato potevano convivere, dal momento che il presente s’aggancia ineluttabilmente al passato” -Alberto Del Sordo, scrittore e storico: dall’introduzione al suo libro “Toponomastica brindisina del centro storico” del 1988-
“Generazioni di brindisini con l’avvento della modernizzazione hanno subito un doppio sradicamento. Da un lato quello prodotto dall’industrializzazione che ha mutato radicalmente i caratteri socioantropologici della popolazione disperdendo quel patrimonio di competenze che per secoli hanno retto l’economia locale come la pesca, l’agricoltura e il terziario delle botti. Dall’altro il cambiamento generato nel centro antico di Brindisi a cavallo degli anni ’50 e ’60 con la cancellazione dell’architettura del passato, inevitabilmente vissuta come cancellazione della storia e dunque della memoria della città. L’abbattimento fisico di questi luoghi ha generato una diffusa e potente amnesia culturale collettiva… Tutti questi profondi mutamenti intervenuti sulla base materiale della società brindisina incidono profondamente sull’identità e sulla memoria, mettendo in discussione la sopravvivenza stessa di una identità collettiva brindisina e dunque di una memoria collettiva brindisina… La rimozione del passato corrisponde alla rimozione del futuro” -Maria Romana Perrone, sociologa: dalle conclusioni della sua tesi di laurea “Brindisi e la sua memoria. Una ricerca empirica per framenti” del 2011-
“Il recupero della memoria storica deve rappresentare il momento fondamentale di ogni esperienza civica. La consapevolezza del nostro passato qualifica il rapporto con la città… Il corredo di testimonianze a noi vicine, alcune ritrovate e altre perdute o recuperate, sono tratti di una identità alla quale una comunità ha il dovere di conformarsi allorchè progetta il suo futuro” -Domenico Mennitti, politico e giornalista, già sindaco di Brindisi-
Dunque e per concludere un appello, anzi tre: Sarà mai possibile nelle scuole brindisine poter studiare un pochino di storia di Brindisi? E sarà mai possibile a Brindisi poter corredare luoghi e strutture storiche di adeguati ed opportunamente vistosi cartelli evocativi? Non sarebbe interessante originale ed utile poter affiggere sotto alcune delle nuove targhe stradali le corrispondenti originali denominazioni? Corso Garibaldi… già Strada Carolina, già Via della Mena… “I nomi antichi delle strade sono come tanti capitoli della storia della città e vanno mantenuti e rispettati, quali monumenti storici del passato” -Ferdinand Greogorovius, 1882-.