Facebook a Brindisi, social network sì e social network no

Non ho trovato un dato sufficientemente affidabile sul numero di quanti brindisini, tra residenti in città e residenti in “Via da Brindisi” siamo su Facebook, però so che noi italiani siamo tra i popoli più affezionati a questo ormai famoso social network, e l´intuito mi dice che Brindisi deve essere tra le città italiane a piú alta densità di facebook-seguitori. Per gli amanti delle statistiche: “sono ad oggi 24 milioni gli italiani che vi accedono almeno una volta al mese, e sono 17 milioni gli italiani connessi ogni giorno. In Puglia ce ne sono esattamente il 10% del totale, quindi 240000”. E a Brindisi? Direi tra 10000 e 20000: solamente iscritti al gruppo “Brindisini la mia gente” siamo ad oggi esattamente 2450, di cui un 200 in “Via da Brindisi”.

Certo, quello dei networks -di Facebook e Twitter per citare solo i due più importanti e più famosi- è ormai tutto un fenomeno sociale universale, per estensione geografica e per estensione numerica, siamo miliardi! Eppure le polemiche non si placano e ci guazzano felici anche i soliti intellettuali, non tutti per fortuna, sempre solerti nel giudicare “dall´alto” o anzi, meglio si dovrebbe dire, “dal chiuso” del loro pianeta. Sta girando in questi giorni sulla rete un´articolo scritto da Vittorio Zucconi, direttore di Repubblica.it, intitolato “No Social: gli intellettuali contro la rete”, che cita colleghi a bizzeffe, Morozov, Franzen, Pynchon, Wolfe, etc., che ne dicono di tutto e di tutti… “l`ineffabile banalità e la dispotica stupidità dell`intelligenza collettiva”, solo per riassumere al massimo il concetto. 

Zucconi in prima persona poi, racconta che non riesce a reprimere il sospetto che “l`apparente libertà espressiva della rete sia soltanto la manifestazione di una nuova forma di controllo, di divisione e di sfruttamento, nell`apparenza dell`universalizzazione”. E certo… chi più ne ha, più ne metta!

Ma, dico io, come fanno questi gurù dell`intelletto tecnofobico ad essere così sicuri nel diagnosticare e nel giudicare un qualcosa di così immenso senza avere esperienza in merito. E già… loro infatti non li usano e non li vivono i social networks, loro semplicemente li rifiutano a prescidere. E allora? Come si può pontificare sullo sconosciuto? Mah! Io personalmente da qualche tempo cerco di evitare di farlo.

E per concludere sui giudizi del “clan” potrei magari aggiungere che non c`è proprio nulla di nuovo sotto il sole… mi sembra che i giudizi sui social networks assomiglino un pò a quelli a suo tempo già sprecati a proposito della cultura di massa, del cinema e dei rotocalchi, o della cultura sportiva da stadio o da bar, o della cultura televisiva,… adesso è di quella digitale. Quel che succede è, io credo, che i tempi passano, le epoche cambiano, il futuro è già nel presente… piaccia o non piaccia!

E siccome io di Facebook qualcosa me ne intendo, quanto meno perchè già sufficientemente “navigato”, è proprio il caso di dirlo, colgo l´occasione per un paio di affermazioni in merito. Ah, tra parentesi, su Twitter ci sono anche, ma ad essere sincero ancora non me ne sono convinto del tutto.

Le due questioni sono queste, -primo: Cos`è Facebook? È un gioco? È una cosa seria? È utile? È pericoloso? A che serve?   -secondo: La privacy… Ah la privacy, la propria intimità!

Alla prima questione è abbastanza facile rispondere. Ebbene Facebook è semplicemente tutto ciò: è un gioco, ma è anche una cosa seria, è utile, ma è anche pericoloso, …e serve a tutto! Facebook è certo partito con un qualche obiettivo specifico, o con più obiettivi specifici, ma è altrettanto certo che è ormai così cresciuto che ha una vita propria e che in realtà può essere controllato solo in parte, forse in minima parte. Il suo potenziale è di fatto immenso.

Una definizione formale? Facebook è un servizio di rete, internet, fondato dallo studente Mark Zuckerberg negli Stati Uniti nel febbraio 2004, originariamente per gli studenti dell’Università di Harvard e poi aperto agli studenti di altre scuole universitarie e successivamente anche agli studenti delle scuole superiori e poi a chiunque nel mondo dichiarasse più di 13 anni di età. Oggi è disponibile in oltre 70 lingue e conta più di un miliardo di utenti.

Su Facebook c`è di tutto: albums fotografici, scolaresche, pagine commerciali, sette religiose, partiti e movimenti politici, giochi, clans, squadre, clubs, pagine e gruppi aperti o chiusi o segreti, associazioni, società, agenzie private e pubbliche, municipi, città, stati, ministeri, governi. Su Facebook puoi pubblicare quello che vuoi, documenti, commenti, musiche, video, eventi, foto, e puoi permettere che sulla tua pagina gli altri possano pubblicare o commentare, oppure no. Puoi scegliere i tuoi contatti ed accettare o rifiutare le richieste di contatto. Puoi iscriverti a, o creare, gruppi di interesse, scambiare messaggi, anche a voce viva. Di te puoi scrivere e pubblicare quello che vuoi o, se preferisci, praticamente puoi non pubblicare nulla.

Credo, in sintesi, che Facebook sia quello che ognuno vuole che esso sia, nel senso che Facebook lo si può utilizzare nel modo in cui si vuole: in modo giocoso, in modo serio, in modo ricreativo, in modo commerciale, in modo professionale, in modo utile, in modo pericoloso. Da qui l`enorme importanza di averla assolutamente chiara questa nozione, perchè Facebook infatti, non lo si può e non lo si deve prendere in forma passiva… per quello che è, ma invece lo si deve prendere in forma attiva, e quindi farne ciò che si vuole, e non invece subire quello che Facebook, o meglio chi per lui, vuol farne su di te! Chiaro? Forse non tanto, ma l`idea è provare a far riflettere.

Ed in quanto alla seconda questione, quella sulla privacy o intimità che dir si voglia, o meglio detto sulla sua mancanza in Facebook? Si che se ne è parlato, e se ne parla, e se ne dibatte in continuo, con insistenza e quasi con ossessione direi. Ebbene, io personalmente di risposta facile e semplice ne avrei una anche su questo, anzi più che una risposta una suggerenza:

«Ogni qual volta si esprime un pensiero, un`opinione, o si racconta un fatto, o si pubblica un´immagine su Facebook, bisognerebbe provare a immaginare di starlo facendo al microfono o sullo schermo di una qualsiesi piazza pubblica. Ebbene, se in tale cirostanza immaginaria lo si farebbe, allora avanti! Se invece non lo si farebbe, allora basta non “postare quel qualcosa” su Facebook. In questo modo tutto è più chiaro e più semplice. A me ha funzionato benissimo e non ho mai avuto problema alcuno di privacy violentata. Per il resto infatti, io non ci credo molto ai tanti meccanismi, più o meno espliciti o subdoli e sempre cambianti, della supposta protezione della privacy, che pur ci sono e che pur sistematicamente vengono denunciati come inefficienti: meglio non fidarsene troppo, e meglio scordarsene… della privacy!»

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