Il 12 gennaio 1902 il disastro ferroviario del Cillarese

Sembrava destinato alla disgrazia quel tratto ferroviario che passava sul canale Cillarese, una sciagura evitata per puro caso la notte tra il 21 ed il 22 dicembre del 1901 ma che purtroppo si verificò appena venti giorni dopo, la mattina del 12 gennaio del 1902.
Le forti ed abbondanti piogge cadute nelle ultime ore del 21 dicembre avevano ingrossato le acque del Cillarreyes, come era denominato all’epoca dei fatti il canale che sfocia nel seno di ponente del porto interno della città, una vera e propria alluvione che colpì duramente la vallata del corso d’acqua che scorre poco fuori la città, tanto da causare lo smottamento dell’intero rilevato della ferrovia, lasciando sospese le guide in ferro del binario per una lunghezza di circa centocinquanta metri a un’altezza dal suolo di almeno quindici metri. La sciagura fu evitata solo per caso, infatti poche ore prima da quel punto era transitato il treno diretto Bologna-Lecce, giunto regolarmente alla stazione di Brindisi alle ore 21.28 con a bordo molti studenti e lavoratori brindisini rientrati per le festività natalizie.

L’amministrazione ferroviaria con grande premura avviò i lavori per la realizzazione di un ponte provvisorio in legno necessario a ripristinare con urgenza la linea ferroviaria. La costruzione fu affidata alla rinomata ditta veneziana “Menegus e Pasqualin”, premiata con la medaglia d’oro per aver realizzato il Palazzo italiano all’Esposizione internazionale di Parigi e all’esposizione nazionale di Torino per i suoi lavori in legno, mentre la ricostruzione del rilevato fu affidata alla ditta Toma di Maglie.

I lavori vennero svolti con sollecitudine tanto che venti giorni dopo lo scampato pericolo era già tutto pronto per la prova di stabilità prima di aprire la linea ferroviaria, il giorno successivo, al traffico ferroviario ordinario.
Ma quella mattina del 12 gennaio del 1902, proprio all’ultimo viaggio – il settimo – del treno-cantiere partito alle 4 e 15 minuti dalla stazione di San Vito dei Normanni, accadde la tragedia: il convoglio ferroviario con in testa i cinque carri carichi di pietrame utile a ricostruire il rilevato, e da dodici carri vuoti, un bagagliaio e il locomotore, mentre procedeva a ritroso sfondò il paracarro e precipitò nell’avvallamento sottostante creato dall’inondazione. Nel vagone bagagliaio viaggiavano il capotreno e tredici operai, i quali insieme a diversi altri rimasti in prossimità del ponte, dovevano eseguire lo scarico del pietrisco. Subito dopo la tragedia vi fu un accorrere di tutti gli addetti ai lavori per prestare i primi soccorsi, fu telegrafato a Brindisi per richiedere l’intervento di altri mezzi, e in trenta minuti fu approntato un primo treno di soccorso completo, a cui ne seguirono altri con dottori, medicinali ed attrezzature per l’assistenza. Fu trasportata anche una pompa per estinguere l’incendio causato dalla motrice e che minacciava la vita dei feriti rimasti bloccati tra le lamiere dei vagoni. Fu determinante l’intervento dell’applicato Ferruccio Giordani e dell’assistente Antonio Priavudo che riuscirono a estinguere le fiamme sviluppate tra i rottami del treno, salvando la vita agli operai Carrozza e il brindisino Brugnola. Quest’ultimo fu poi liberato dai rottami grazie all’intervento del dott. Vito Fazzi di Lecce che dovette amputargli la gamba maciullata.
Oltre al medico leccese presero parte ai soccorsi anche i dottori Pedote di Squinzano, Urso di San Pietro Vernotico, Velardi (medico in servizio sulla Peninsulare) e Longhi di Brindisi, Padalino di Carovigno e Tanzarella di Ostuni.
Furono elogiati per il loro intervento l’assistente Vincenzo Venezia per aver procurato con la massima sollecitudine molti attrezzi utilizzati per il salvataggio dei feriti, e il capo deposito Eduardo Papa “che insieme ad altri mettendo a rischio la propria vita lavorò febbrilmente per liberare i feriti da sotto le macerie”.
Sul posto si recarono anche il sindaco cav. Federico Balsamo, il sottoprefetto, il pretore con le principali autorità militari e moltissimi cittadini.
Nell’incidente rimasero feriti il capotreno, il conduttore, il fuochista e sette operai. Furono necessari quasi due giorni di lavoro per estrarre dai rottami le cinque vittime della sciagura: Arcangelo Anzillotti, Luigi Anzillotti, Francesco Palma, Giuseppe Anglani tutti di Carovigno e il brindisino Andrea Gioia.

Già dalla sera del 13 gennaio la sala di prima classe della stazione ferroviaria di Brindisi venne trasformata in camera ardente dall’impresa Avallone con corone di fiori e ceri.
I solenni funerali delle vittime furono resi a cura dell’Amministrazione Ferroviaria il 14 gennaio partendo dal piazzale della stazione, un imponente corteo aperto dalla banda e dalle compagnie di San Luigi, dai seminaristi e dai sacerdoti del Capitolo accompagnava i cinque carri funebri trainati da cavalli bardati a lutto attorniati dal personale ferroviario e seguiti dalle autorità civili e militari, dalle suore con le orfanelle, dagli studenti e insegnanti delle due scuole secondarie della città, da tutte le società cittadine degli operai e una folta presenza di cittadini invitati a partecipare dal sindaco con un apposito manifesto affisso in varie zone della città. Tutti i negozi rimasero chiusi e su ogni porta era apposto un cartello con la dicitura “lutto per i martiri del lavoro”.
La messa fu celebrata nella Basilica Cattedrale dall’Arcivescovo Salvatore Palmieri, qui – all’ingresso del Duomo – vi fu una “breve colluttazione” tra alcune persone e i carabinieri così commentata da un cronista dell’epoca: “tale sconcezza si sarebbe potuta evitare, se sin dal principio, la benemerita, avesse permesso alla folla il libero ingresso in chiesa, senza essere poi stata costretta a farlo a viva forza”.
Quindi il corteo funebre, percorrendo il lungomare e corso Garibaldi, si diresse al cimitero dove il rito si concluse con un intervento dell’avvocato Felice Assennato.

Nel pomeriggio di giovedì 16 gennaio 1902 vennero eseguite con esito positivo le prove di resistenza del nuovo ponte, pertanto subito dopo la linea venne riattivata ed il servizio dei treni riprese regolarmente.

La notizia del disastro fu riportata su molti giornali nazionali e raffigurata dal noto vignettista Achille Beltrame sulla copertina del famoso settimanale “La Tribuna Illustrata” del 22 gennaio 1902.

Nonostante l’incidente ebbe una rilevanza notevole anche sulla stampa britannica, secondo l’opinione di illustri storici locali il disastro del Cillarese non influì nella decisione della compagnia inglese della Peninsular and Oriental Steam Navigation Company di cancellare Brindisi, e quindi l’Italia, dai convogli della Valigia delle Indie, il noto transito di corrispondenza e viaggiatori dal Regno Unito a Bombay. Infatti già nel 1897 la P&O aveva spostato al porto di Marsiglia i grossi piroscafi, lasciando allo scalo brindisino solo due battelli, Isis e Osiris, più piccoli e più veloci, diretti con cadenza quindicinale – e successivamente mensile – a Port Said. L’incidente ferroviario avvenuto nell’ottobre del 1891 nei pressi di Carovigno, ovvero la collisione con un treno merci e il conseguente deragliamento del treno della P&O che trasportava i viaggiatori provenienti da Londra pronti ad imbarcarsi sulla nave Arcadia nel porto di Brindisi, aveva portato l’amministrazione britannica a presentare una formale protesta al governo italiano per l’inadeguatezza della rete ferroviaria, ma i convogli continuarono a viaggiare per altri ventitre anni, ovvero sino all’agosto del 1914, quando la Valigia delle Indie venne soppressa per lo scoppio del primo conflitto mondiale.

Giovanni Membola