Quando «Papa Pascalinu» salvò Porta Mesagne

La sorte dell’antica Porta Mesagne, deteriorata dall’incuria e dal tempo, sembrava ormai segnata. Il decreto di demolizione stava per essere eseguito la mattina del 31 ottobre del 1925, ma gli operai non riuscirono a dare inizio ai lavori poiché trovarono collocato sotto l’arcata del monumento il noto canonico Pasquale Camassa, irremovibile e determinato nel proposito di impedire l’abbattimento. Il clamoroso gesto del noto filantropo e storico brindisino, troppo spesso dimenticato nonostante i suoi numerosi e notevoli impegni a favore della cultura e la salvaguardia delle tradizioni e dei monumenti cittadini, procrastinò la scellerata decisione, tramutata poi – fortunatamente – nel consolidamento e restauro conservativo della più antica porta di accesso alla città.
L’opera duecentesca venne realizzata sulle fondamenta dell’antemurale risalente ad epoca romana, infatti nel 1236 risultava già edificata per volere dell’imperatore Federico II di Svevia quando, nel suo progetto di allargamento ed inclusione dell’area urbana nella nuova cinta muraria, volle anche l’elevazione di una porta trionfale come ingresso principale al centro urbano. Il vano è lungo 5,80 m ed è coperto da una “volta a botte spezzata”, con la sezione simile alle due arcate aventi profilo ogivale, queste sono larghe (4,60 m.) ma hanno altezze differenti: l’interna misura 9,50 m, l’esterna venne realizzata di 7 metri per l’applicazione del portone. Da qui prendeva origine la “Ruga Magistra”, coincidente con l’attuale via Carmine e via Filomeno Consiglio, un percorso rettilineo che conduceva al porto. In epoca aragonese (1484) venne impostato il bastione che vediamo a lato dell’antico ingresso, una fortificazione ristrutturata e modificata nel 1551.
Il monumento, per incuria e per le infiltrazioni di acqua, era stato ritenuto pericolante già nel giugno del 1923, l’ingegnere capo del comune Telesforo Tarchioni aveva constatato pericolose lesioni che ne pregiudicavano l’instabilità pertanto ne aveva chiesto l’abbattimento “perché resosi in condizioni statiche poco buone e perché ostacola il numeroso passaggio dei carri”. Inoltre, secondo il tecnico comunale “la demolizione sarebbe effettivamente necessaria […] ed il comune non sopporterebbe che una piccola spesa perché il materiale di recupero compensa in gran parte i lavori da farsi”. Nei due anni successivi però non si fece nulla, nessun lavoro di restauro o di ripristino “delle pessime condizioni” dell’opera architettonica venne eseguito, tanto che bastò la pioggia torrenziale caduta durante il forte temporale avvenuto la notte tra il 26 e 27 ottobre del 1925, a causare il crollo del timpano e l’apertura di uno squarcio sulla volta della storica porta. L’ing. Tarchioni, dopo il sopralluogo, produsse una dettagliata relazione tecnica contenente la richiesta di demolizione immediata del monumento pericolante al fine di garantire l’incolumità pubblica. L’ingegnere capo aveva già interessato la società elettrica brindisina e la società telefonica per la rimozione immediata delle mensole reggi fili presenti sul monumento. Il sindaco Serafino Giannelli lesse la relazione il stesso giorno, la approvò ed emise il decreto di demolizione delle parti pericolanti al fine di evitare rischi imminenti alla popolazione, in attesa dell’autorizzazione “da parte dell’Autorità competente per la completa demolizione di Porta Mesagne”. Il 31 ottobre la squadra degli operai incaricati del lavoro si recarono all’antico ingresso, ma non gli fu consentito di procedere poiché trovarono don Pasquale Camassa, “Papa Pascalinu” per tutti i brindisini, posizionato proprio sotto la fornice del monumento per impedirne la demolizione, infatti dopo qualche ora di inutile attesa, i lavoratori furono destinati ad altri interventi. Porta Mesagne era salva! L’iniziativa del Camassa suscitò grande scalpore in città, tanto da restare impressa nella memoria collettiva e divenire una importante fonte orale della storia locale.
Il sacerdote, in qualità di Presidente della Commissione Provinciale dei Monumenti e spinto dal suo grande senso civico, nei giorni precedenti aveva protestato energicamente cercando di evitare in ogni modo la sciagurata decisione. La sua opera persuasiva continuò con l’invio di lettere e di telegrammi a ministeri ed uffici preposti alla salvaguardia dei beni monumentali, tanto da indurre gli organi preposti a sospendere definitivamente la demolizione dell’antico ingresso nel centro abitato, in attesa delle perizie tecniche e delle relative decisioni degli enti preposti. L’anno successivo infatti, dopo un più attento riesame della questione, la Soprintendenza fu incaricata dal Ministero della Pubblica Istruzione a redigere un progetto di conservazione di Porta Mesagne poiché il ministro Pietro Fedele “non crede di permettere l’abbattimento, come ne era stato chiesto dal Comune, ma ritiene invece che il monumentale manufatto deve ricevere dal Comune stesso tutte quelle cure conservative che mai gli sarebbero dovute mancare”.
Un nuovo progetto per il consolidamento e restauro venne pertanto redatto dall’arch. Grazia ed il relativo preventivo di spesa, pari a 34.789 lire, era di gran lunga inferiore rispetto a quello computato dal nuovo ingegnere capo dell’ufficio tecnico del Comune di Brindisi Antonio Cafiero, questi infatti aveva stimato una spesa pari a 50mila lire. Le motivazioni non convinsero il sindaco Giannelli che perseverò con una nuova richiesta di abbattimento del manufatto, motivandolo anche da un punto di vista economico, in maniera da utilizzare i fondi destinati al recupero della porta per la conservazione di altri monumenti cittadini. Per fortuna ancora una volta il parere delle autorità fu negativo: “il Ministro risponde che ormai è inutile ritornare su argomenti già superati […] è suo fermo intendimento di ottenere il restauro della Porta, secondo il progetto fatto redigere dalla Soprintendenza di Taranto”, quindi il prefetto Ernesto Perez impose al Comune di iniziare i lavori “con la maggiore possibile sollecitudine […] anche per evitare responsabilità in caso che l’ulteriore abbandono della porta non la danneggi ulteriormente”, attenendosi scrupolosamente ai tempi previsti dal ministero, ovvero il completamento delle opere doveva avvenire entro tre mesi dal loro inizio. Fu però necessario attendere ancora un anno prima che i lavori di restauro venissero avviati, durante i quali venne aperta anche una seconda porta, più piccola e a lato dell’originale, utile al passaggio pedonale.
Grazie all’insistenza e alle sue indiscusse abilità politiche e diplomatiche, il sindaco Giannelli riuscì comunque ad ottenere l’esecuzione delle opere a spese del Ministero e a “concorrere con lire diecimila”, conseguì inoltre il restauro di altri monumenti antichi della città “che di tali lavori hanno bisogno urgente […] mettendo a disposizione del Ministero la somma di lire 25.000 quale concorso di spesa”.
Ancora oggi all’interno della fornice a sesto acuto di Porta Mesagne sono presenti gli attacchi per le travi che probabilmente dovevano sostenere una copertura in legno e gli anelloni in pietra dei cardini delle porte, inoltre sulla parte alta si possono osservare, ponendo particolare attenzione, i resti di affreschi medievali probabilmente riferiti a dei Santi.