Ritornare a sognare per cambiare cucina

I have a dream. L’espressione pronunciata il 28 agosto 1963 da Martin Luther King all’ombra della statua di Abraham Lincoln è diventata un’icona universale, una formula scolpita nella pietra della storia. “Vi dico oggi, fratelli miei, non perdiamoci nella valle della disperazione. E anche se affrontiamo le difficoltà di oggi e di domani, io ho ancora un sogno. Un sogno profondamente radicato nel Sogno Americano”. 

Chissà chi potrebbe pronunciare queste parole oggi in Italia, Paese un tempo patria di sognatori. Forse Papa Francesco, che non a caso è argentino. O magari Prandelli, in vista dei mondiali brasiliani. Non è forse vero che l’ultima volta che gli italiani hanno coltivato un sogno collettivo è stato ai mondiali di Spagna o di Germania? “Notti magiche, inseguendo un goal”: cosi Gianna Nannini ed Edoardo Bennato celebravano il sogno italiano nel 1990. Qualche anno dopo ci ha provato a farlo Silvio Berlusconi e sappiamo tutti com’è finita.
Del resto, da noi mancano le dimensioni e le opportunità per una riedizione, anche sbiadita, del sogno americano. Non abbiamo un West da conquistare e l’unica corsa all’oro che si ricordi è quella di Mussolini, che invitava a donare alla Patria l’anello nuziale. Il mito dell’uomo che si è fatto da sé si perde nella notte dei tempi e raramente uno sconosciuto diventa miliardario senza barare al gioco. Difficile confondere un Rockfeller o un Bill Gates con un Ricucci.
Il “quartierino” è lo spazio che più ci si addice. Forse non a caso ci accontentiamo di una cucina Scavolini, “il sogno di tutti gli italiani”. Abbiamo una Costituzione che sancisce l’eguaglianza e la pari opportunità senza distinzione di razza, di censo o di religione e la vogliamo mettere in naftalina.
Mentre a nessun americano verrebbe di cancellare ciò che è scritto nella Dichiarazione d’Indipendenza: “Noi riteniamo che (…) tutti gli uomini sono stati creati uguali, che essi sono dotati dal loro Creatore di alcuni Diritti inalienabili, che fra questi sono la Vita, la Libertà e la ricerca delle Felicità”. Ecco, si può dire che il sogno americano si condensa in una eterna ricerca della felicità. Seppur venata da tante contraddizioni, infatti, la storia degli Stati Uniti è profondamente segnata dalla ricerca di libertà e felicità e dalla certezza che attraverso il duro lavoro, il coraggio, la determinazione niente sia impossibile.
Non potrebbe essere altrimenti in una Nazione la cui popolazione è composta per oltre il 90% da non indigeni. Che è nata dalla rivolta di coloni che si sono ribellati all’Impero Britannico. Di popolazioni che, provenienti dagli altri continenti, sono andate a lavorare negli Stati Uniti per realizzare le più alte aspirazioni. Per inseguire il “sogno americano”, da colonie poco sviluppate, gli Stati Uniti sono diventati la più grande potenza industriale del mondo.
Sono oggi al primo posto nel mondo per la produzione industriale. Sono i più avanzati nel campo delle innovazioni tecnologiche. Sono i soli che sono riusciti a raggiungere la Luna con equipaggi umani e stanno preparando un viaggio per Marte. Come diceva Alberto Sordi in un celebre film: “so’ forti gli americani…”.
Noi, invece, cerchiamo sempre la scorciatoia. Del resto, non è un caso che si sia fatta prima l’Italia e poi gli italiani. La discriminazione razziale si è a lungo esercitata nei confronti dei meridionali mentre l’America, ancora cinquant’anni fa, era un Paese che discriminava i neri cui, però, non era impedito di sognare. Un Paese in cui, come diceva Walt Disney “se puoi sognarlo, puoi farlo”.
Ma di frasi celebri, che danno il senso del sogno americano, se ne possono citare tante. Robert Goddard, uno degli scienziati che ha costruito l’industria aerospaziale americana, ha detto: “è difficile definire ciò che è impossibile, i sogni di ieri sono la speranza di oggi e la realtà di domani”. E Jim Morrison: “tutti hanno un paio di ali ma solo chi sogna impara a volare”. Catturare i sogni e verificare, col tempo, se siano divenuti realtà, è l’ambizione di molti. I sogni son desideri: chi non ricorda la celebre canzone di Cenerentola. Magari oggi, invece del Principe azzurro, ci si accontenterebbe di un lavoro o di una casa dignitosa. Ma forse per gli adulti italiani non vi è più speranza di poter coltivare dei sogni. Non a caso, probabilmente, l’Autorità Garante per l’Infanzia e l’Adolescenza, sta raccogliendo i sogni dei ragazzi tra i 13 e i 18 anni. Lo si può fare scrivendo o mandando un video a [email protected].
L’obiettivo è ambizioso: “l’Italia ha bisogno di tornare a sognare: lo chiedono i bambini e gli adolescenti di oggi” è l’assunto da cui parte l’Autorità. Facendolo seguire dall’invito al Parlamento ed al Governo affinché facciano al più presto nuove leggi, investimenti, scelte etiche per consentire loro di crescere da persone civili in un Paese civile. In fondo, questa è la speranza di tutti gli italiani, che sono stufi di doversi accontentare di una cucina Scavolini e vorrebbero poter coltivare sogni più ambiziosi.

Giovanni Antonino